Attualità

Lo scontro. Autonomia, le 9 materie su cui litiga la maggioranza e il «rischio Babele»

Marco Iasevoli venerdì 26 luglio 2024

I ministri Tajani e Calderoli

Sull'autonomia differenziata resta alta la tensione nel governo. Ed è emerso anche nel Consiglio dei ministri in cui Roberto Calderoli ha tenuto un'informativa sull'attuazione della riforma, annunciando che già quattro Regioni si sono fatte avanti, Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia. «Vigilare affinché sia applicata bene» è l'imperativo espresso poco prima della riunione da Antonio Tajani, che ha spiegato di «comprendere le preoccupazioni in alcune regioni del Sud» e che dopo l'intervento del collega a Palazzo Chigi gli ha chiesto di avere tutta la documentazione necessaria. Il confronto, raccontano più fonti di governo, si è consumato in toni tranquilli, ma sullo sfondo è in corso un braccio di ferro strategico soprattutto fra Lega e Forza Italia, con Giorgia Meloni che in Consiglio dei ministri avrebbe chiesto precisazioni sui tempi delle procedure di negoziato con le regioni. Un tema che è stato aggiornato alla prossima riunione, attesa per il 7 agosto.

Il duro scontro dentro la maggioranza riguarda 9 delle 23 materie a legislazione concorrente per le quali, in base agli articoli 116 e 117 della Carta costituzionale, le Regioni possono chiedere «forme e condizioni particolari di autonomia». Si tratta delle materie cosiddette “non Lep”: vuol dire che il loro eventuale decentramento non deve avere come premessa la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Quando dunque si dice, fronte maggioranza, che ci saranno «prima i Lep e poi l’autonomia», ci si riferisce non a tutto il pacchetto trasferibile alle Regioni, ma alle altre 14 materie che non possono essere devolute senza aver fissato e finanziato gli standard minimi cui ha diritto ogni cittadino italiano a prescindere dal territorio in cui risiede. E infatti, le Regioni maggiormente interessate al progetto autonomista, non hanno esitato un istante a chiedere immediatamente intese con lo Stato riguardanti le 9 materie “non Lep” (e non solo). Si tratta di Veneto, Lombardia, Liguria e Piemonte, come confermato ieri in Consiglio dei ministri dal titolare del dossier, il leghista Roberto Calderoli.

La domanda è: le nove materie che potrebbero essere trasferite presto, senza attendere i Lep, sono rilevanti o meno dal punto di vista dell’unità sostanziale del Paese? I titoli suggeriscono che non si tratta affatto di materie di serie B. Parliamo di rapporti internazionali e con l’Unione europea, commercio con l’estero, professioni, protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, casse di risparmio (comprese casse rurali e aziende di credito a carattere regionale), enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale, organizzazione della giustizia di pace.

L’impatto sostanziale della devoluzione è più evidente se non si vanno a conteggiare le materie, ma le funzioni associate. Gli ambiti “non Lep” porterebbero dallo Stato alle Regioni secondo diverse stime - una delle quali prodotta in tempi non sospetti dalla Fondazione Mezzogiorno - 184 funzioni, con relativo spostamento di risorse umane e finanziarie. I rapporti internazionali si articolano in 16 funzioni, il commercio estero in 21, le professioni in 55, la protezione civile in 41. Anche la previdenza complementare si sviluppa in 18 funzioni, 8 riguardano il coordinamento della finanza pubblica, 18 per casse rurali ed enti di credito, 7 la giustizia di pace.

La vastità dell’operazione, applicata su “solo” 9 materie e per “sole” quattro Regioni, non sfugge. E non sono numeri che cadono sul dibattito politico all’improvviso. Erano noti anche a chi, in maggioranza, ha approvato la legge e ora fa emergere dubbi pesanti. Per capire quante “funzioni”, oltre che “materie”, erano in gioco, era sufficiente prendere atto della «ricognizione» ufficiale effettuata l’anno scorso dall’ufficio legislativo del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie.

Non solo: vi è anche il ragionevole dubbio - che nel caso il governo dovrà chiarire - circa la richiedibilità di “funzioni non Lep” che fanno parte di “materie Lep” (ad esempio contrattazione integrativa e retribuzione sono “funzioni non Lep” all’interno di due “materie Lep” come scuola e sanità). Nel dibattito politico il centrodestra ricorda costantemente che alla base della legge Calderoli c’è la riforma del titolo V della Costituzione fatta dal centrosinistra. Ma i numeri in gioco suggeriscono una riflessione: due errori non si annullano, si sommano.