Giornata per le donne. «La prostituzione è sempre violenza»: e oggi Chiara è libera
La prostituzione è sempre violenza
«Avevo 16 anni. Quando gli uomini mi compravano, piangevo e chiedevo aiuto. Nessuno mi ha aiutato. Continuavano a fare i loro comodi, si prendevano quello per cui avevano pagato». Chiara ha 38 anni e, dice, oggi «sono una donna libera». Da pochi giorni ha avuto la cittadinanza italiana, ma è stato un percorso lunghissimo, pieno di ostacoli, nonostante grazie alla sua denuncia la polizia abbia sgominato una banda di trafficanti di esseri umani.
Chiara ha deciso di raccontare la sua verità sulla prostituzione dopo aver conosciuto la storia di Adelina Sejdini, anche lei di origine albanese, rapita a 15 anni, che il 6 novembre si è gettata nel Tevere, esausta dalla malattia e dall’attesa di diventare italiana. Anche Adelina aveva denunciato, aveva ottenuto tutela e lottava perché si riconoscesse che la prostituzione è sempre violenza maschile sulla donna, è sempre sopraffazione, è sempre negazione della dignità femminile. Un tema affrontato ieri sera in un incontro online organizzato dalla senatrice Alessandra Maiorino (M5S) che in prossimità della Giornata contro la violenza sulle donne del 25 novembre ha messo a confronto rappresentanti di associazioni, giuriste, femministe e studiose. «Attenzione anche al linguaggio.
La prostituzione non è un lavoro: la Corte Costituzionale in una sentenza del 2019 stabilisce che si tratta di un’attività al di sotto della soglia di dignità. Riduce il corpo a merce e dunque svilisce e degrada l’individuo », dice Esohe Aghatise, dell’associazione Iroko. Come Adelina, come Chiara, sono 1.000 le ragazze che ogni anno ottengono la protezione dello Stato. «Ma le donne prostituite sono migliaia: arri-vano dall’Africa, dalla Cina, dall’Europa dell’Est, dall’Albania, la maggior parte hanno tra i 17 e i 24 anni – ha raccontato Irene Ciambezi dell’Associazione Papa Giovanni XXIII –. E durante il Covid i flussi non si sono fermati, anzi, è aumentata la prostituzione in casa. Sono donne invisibili».
Cosa offre lo Stato alle donne che vogliono uscire dalla prostituzione? «Nulla», ammette Maiorino. Se sono fortunate incontrano un’associazione, ma occorre agire sul fronte di chi alimenta la domanda, i cosiddetti 'clienti' più o meno consapevoli di stare commettendo uno 'stupro a pagamento' (dal titolo del libro spartiacque di Rachel Moran).
Esistono alcune associazioni di uomini che si battono per questa ipotesi, come 'Uomini contro la prostituzione' di Alessio Stalla: «È un fenomeno che ci riguarda tutti perché condiziona i rapporti tra sessi e perpetua le differenze di potere tra uomo e donna». Oppure come 'Sex industry is violence' ('L’industria del sesso è violenza'), una piattaforma su Instagram che rilancia le 'recensioni' dei 'clienti' e ne smaschera la disumanità e la riduzione della donna a cosa da adoperare. Il responsabile della piattaforma si nasconde nell’anonimato, perché ha ricevuto minacce. «Non si può più tollerare – conclude Maiorino –. Occorrono percorsi di sostegno e inserimento lavorativo per le donne che vogliono uscire». E occorre non lasciare impuniti i 'clienti'.