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La sentenza. Corte d'appello, sì a genitore 1 e genitore 2 nella carta di identità

Alessia Guerrieri giovedì 15 febbraio 2024
La Corte d’appello di Roma ha confermato una sentenza del 2022 con cui una coppia di donne aveva vinto un ricorso contro un decreto approvato nel 2019 da Matteo Salvini, che all’epoca era ministro dell’Interno. Il decreto, tuttora in vigore, prevede la dicitura “madre” e “padre” per la carta di identità dei figli e delle figlie minorenni al posto di “genitori”. Nel 2020 le due donne avevano chiesto l’inapplicabilità del decreto nel loro singolo caso, ossia per la carta d’identità della figlia. La sezione civile del tribunale di Roma aveva dato loro ragione e ora la Corte d’appello ha confermato la sentenza: per la carta d’identità potranno essere usate le diciture “genitore 1” e “genitore 2”.

Le associazioni

«La Corte d'appello di Roma smentisce» il decreto del ministero dell'Interno del 2019, guidato all'epoca da Matteo Salvini,«e lo condanna ad applicare la dicitura 'genitori' o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d'identità elettroniche rilasciate a persone minorenni», sottolinea l'associazione Famiglie Arcobaleno, ribadendo «un concetto molto semplice: sulla carta d'identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile».

Ma c’è anche chi definisce pericoloso questo pronunciamento. «Una decisione pericolosa perché si legittimano due donne o due uomini ad essere entrambi 'genitori' dello stesso bambino – sottoliena Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus - Tutto ciò mette in luce un problema che sta a monte, ovvero quello dei registri dello Stato sivile dove l'omogenitorialità viene talvolta legittimata. Chiediamo quindi al Parlamento una legge che ribadisca che ogni bambino nasce da una mamma e un papà e che 'due madri' o 'due padri' non esistono in natura né dovrebbero esistere nell'ordinamento giuridico».

Le reazioni politiche

Una sentenza, quella della Corte d’appello, che per primo non piace proprio al ministro Salvini che di quel decreto fu promotore quando era responsabile del Viminale. «Decisione sbagliata. Ognuno deve sempre essere libero di fare quello che vuole con la propria vita sentimentale, - sottolinea l’attuale vicepremier Salvini - ma certificare l'idea che le parole 'mamma' e 'papà' vengano cancellate per legge è assurdo e riprovevole. Questo non è progresso».

Ma sono anche i parlamentari che nel 2020 avevano seguito la coppia di donne insieme alle associazioni che tutelano i diritti delle famiglie arcobaleno ora ad essere soddisfatte. «Avevamo ragione noi: la dicitura Genitore 1 e Genitore 2 sui documenti dei minori è legittima e corretta – sottolinea il segretario di +Europa Riccardo Magi - In sostanza è stato bocciato il decreto omofobo e discriminatorio di Salvini del 2019, con cui la Lega ha tentato di annullare e nascondere per via legislativa la pluralità dei tanti tipi di famiglia che per fortuna esistono nella società e che vanno tutelati, che piaccia o meno a Salvini».

«La Corte d'appello di Roma ha ribadito una cosa semplice ma importante, che in un paese civile dovrebbe essere ovvia – ricorda la deputata dem Laura Boldrini - Il decreto voluto da Salvini quando era ministro dell'Interno non può cambiare la realtà delle famiglie italiane, non può cambiare il genere delle persone e non può discriminare i bambini perché figli di coppie dello stesso sesso. Questa è "politica della discriminazione"».