Governo. Corsa Pnrr, mancano 15 obiettivi. E col nuovo Codice appalti più facili
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, con il sottosegretario Alfredo Mantovano
Sarà una corsa a ritmi serrati per rispettare gli obiettivi 2022 del Pnrr. Sui 55 concordati con l’Ue per avere accesso a fine anno alla terza rata di fondi da Bruxelles (per 19 miliardi di euro) ne mancano ancora 15: praticamente è uno al giorno, Natale e feste comprese. Il punto è stato fatto nella cabina di regia convocata ieri mattina dal ministro degli Affari europea, Raffaele Fitto, in una giornata densa per il governo che, nel Consiglio dei ministri, ha agito su un piano affine varando le modifiche al Codice degli appalti.La giornata è cominciata sul Piano nazionale di ripresa e resilienza: finora sono stati «pienamente raggiunti 40» obiettivi, mentre altri 15 sono «in via di finalizzazione».
Ritardi ci sono, insomma, ma non sarebbero preoccupanti e lo stato di attuazione del Piano al momento sembrerebbe “non spingere” l’esecutivo Meloni a intervenire subito con un decreto-legge, come si era detto nei giorni scorsi, per accelerare il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Nella seconda riunione della cabina di regia i ministri e i rappresentanti di tutti i dicasteri coinvolti hanno illustrato ciascuno l’avanzamento dei lavori di propria competenza. Fitto, che ha ringraziato tutti i partecipanti per il «grande lavoro» svolto, come «metodo» per il futuro ha suggerito di concentrarsi su «valutazioni complessive che abbraccino una visione di tutto l’arco del Piano al 2026».
La riunione dell’organismo è servita in vista anche di un «nuovo confronto» con la Commissione Europea, in programma per la prossima settimana, ha spiegato Palazzo Chigi. Dai 15 obiettivi non ancora completati vanno espunti però i due provvedimenti approvati in via definitiva nel Consiglio dei ministri che si è riunito dopo la cabina di regia, ossia i decreti legislativi sui servizi pubblici locali e sul riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Sul primo punto, la bozza del decreto prevede una spinta alle gare e alla concorrenzata: nel caso di affidamenti “in house” (cioè interni all’aziendfa) di importo superiore alle “soglie di rilevanza europea” servirà “una motivazione qualificata” da parte dell’ente locale, che “dia conto”, anche sulla base dei modelli standard predisposti dalle autorità competenti, “dei benefici per la collettività”.
Sempre in merito al Pnrr, il Cdm ha dato inoltre il via libera preliminare alla riforma del Codice degli appalti, che sarà inviato in Parlamento per i relativi pareri. Una drastica semplificazione, che passa anche attraverso la cancellazione del 30% delle parole rispetto al testo originario. Ma che incide sostanzialmente sulle norme. Vince il principio del risultato e quello della fiducia nella legittimità delle scelte fatte. «È un volano per la crescita», dice la premier Giorgia Meloni che parla di «provvedimento organico, equilibrato e di visione, frutto di un lavoro qualificato e approfondito, che garantirà tempi più veloci». Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che l’ha illustrato in conferenza stampa, aggiunge: «Dovrà tagliare burocrazia, sprechi, dovrà offrire più lavoro, viene incontro alle Pmi».
Ora bisognerà attendere il testo finale per valutare bene tutti gli aspetti. Certo ci sono minori vincoli sui subappalti che possono diventare “a cascata”, scatta l’obbligo di prevedere adeguamenti se i rincari dei materiali superano il 5% (con clausole indicate già nelle gare e con il riconoscimento in favore dell'impresa dell'80% del maggior costo) e arriva l’appalto integrato, prima vietato, che consente di attribuire con una stessa gara il progetto e l’esecuzione dei lavori. L’ultima bozza prevedeva pure un aumento del margine di manovra dei soggetti appaltanti per “contrastare il fenomeno della cosiddetta burocrazia difensiva”, mentre gli attuali tre livelli di progettazione sono ridotti a due soli livelli. Novità, infine, sulle concessioni scadute, con riferimento a quelle autostradali, dove si pone fine alla proroga automatica.
La riforma entrerà in vigore il prossimo aprile. Ma le polemiche non mancano. I sindacati temono l’impatto del subappalto “a cascata”: «Una nefandezza», commenta la Fillea-Cgil che teme «infortuni, fruttamento e infiltrazioni». Il testo poi lima anche i poteri dell’autorità anticorruzione, l’Anac. «Erano previste delle prerogative per l’Anac che poi sono state eliminate nel testo varato», ammette il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano che apre tuttavia a modifiche del Parlamento. Tanto che il presidente Anac, Giuseppe Busia, auspica che «le giuste esigenze di semplificazione e velocità siano coniugate con le garanzie perché senza di esse non si spendono bene i soldi pubblici e si sfavoriscono le imprese migliori».
Di certo molti sono i cambiamenti. Ad esempio si alza la soglia per gli affidamenti sotto la quale gli enti locali possono procedere in maniera diretta. Si stabilisce il principio di rotazione secondo cui, in caso di “procedura negoziata”, è vietato procedere direttamente all'assegnazione di un appalto nei confronti del contraente uscente. Con la riforma, che si intreccia con quella relativa ai servizi pubblici, è prevista infine l’indicazione di un elenco di opere strategiche, quasi come la vecchia “Legge Obiettivo”.