Il primo giro d’orizzonte è stato completato da Luca Lotti, e parla chiaro: dal punto di vista dei numeri, nella partita del Colle Matteo Renzi deve ricompattare il Pd. Una scelta che vuol dire mettere nello zaino 416 voti, cui aggiungere almeno 20 fedelissimi rappresentanti regionali (su 58 totali). In totale fa 436, meno di 70 voti dal quorum dei 504 necessario dalla quarta votazione in poi. Non c’è alcuna altra strategia che avvicini così tanto all’obiettivo di eleggere senza convulsioni il nuovo capo dello Stato. È lì, nel Pd, che vanno scelti il «profilo» (un politico? un tecnico? una via di mezzo? società civile?) e i diversi piani operativi (da chi inizia il dialogo?).
Tre forni equivalenti, centrali i popolariCon un Pd coeso, Renzi può concedersi il lusso di accendere anche uno solo dei tre forni che il Parlamento ha a disposizione: Forza Italia, Ncd-Udc, M5S. Al momento il più affidabile è quello centrista della nuova Area popolare, con 80 grandi elettori cui si aggiungerebbe, in una logica di maggioranza, anche Scelta civica e gli altri sostenitori di Palazzo Chigi. Ma da Alfano è già arrivato un veto su Prodi, quindi se il nuovo capo dello Stato nasce in "quota maggioranza" il profilo alla Pier Carlo Padoan (e simili) potrebbe spuntarla. Berlusconi potrebbe anche aggregarsi, ma come "aggiunto" e non come perno.
Berlusconi da "risorsa" a "rischio"I freddi numeri di Lotti hanno consegnato a Renzi uno stato dei fatti preoccupante sul fronte di Forza Italia. Berlusconi controlla una forchetta tra i 60 e gli 80 voti sui 130 totali del suo partito. Con un di più di complicazione: l’accordo con l’ex Cav. può far perdere pezzi a sinistra. La domanda di questi giorni è se il gioco valga la candela.
La corte ad M5S per tenere caldo il piano BIeri Renzi, durante l’informativa in Aula sul Consiglio Ue, ha battibeccato con l’ala dura degli M5S (140 grandi elettori) corteggiando però indecisi e dissidenti, sino ad "applaudire" l’uscita dal gruppo grillino di Tommaso Currò. «Abbiamo bisogno anche di voi – ha detto il premier in Aula –, non si può costantemente veder buttata via con le liste di proscrizione l’occasione di una forza politica che rappresenta milioni di elettori, non vi hanno mandato qui per insultare». Parole che fanno breccia tra chi vorrebbe collaborare su riforme e Colle. Partendo dal nome di Prodi, Renzi potrebbe ricorrere in extremis al dialogo organico con M5S o con Sel ed ex pentastellati (il cui numero potrebbe crescere).
Il modello-Ciampi e i veti di SalviniSe il Pd è davvero unito, è più facile piegare gli altri minacciano un presidente a maggioranza e quindi "sognare" di chiudere la partita al primo colpo, come accadde con Ciampi. Ma basta un soffio di vento per fallire. E uno di quelli che dovrebbe collaborare a raggiungere i due-terzi (671 voti) richieste nelle prime tre chiame, ovvero Matteo Salvini, ieri ha gelato Renzi su Prodi: «Sarebbe uno scempio, lo impediremo fisicamente».