Cei. Corridoi umanitari, arrivati a Fiumicino 152 profughi afghani
Malik (66 anni) mentre attraversava il confine con il Pakistan alle volte non ce la faceva a camminare. Così Ahmid (17 anni) lo prendeva sotto braccio e lo sorreggeva. I due non si conoscevano prima, se non per il fatto di essere entrambi membri di due famiglie alfghane già arrivate nel nostro Paese a luglio. Così si sono cercati e trovati nella via che li conduceva a Islamabad e per molto tempo, in attesa dei documenti per poter venire nel nostro Paese, sono diventati l'uno la famiglia dell'altro. Ora, dice Ahmid, «Malik è e resterà la mia famiglia, è come se fosse mio nonno». Lo si vede dalla premura con cui gli ricorda di prendere le medicine o lo aiuta a muoversi quando le sue gambe fanno i capricci. Ma, all'aeroporto di Fiumicino, è nell'abbraccio di Ahmid e la sua mamma che non vede da mesi a far stringere il cuore a tutti. Ahmid e Malik sono arrivati stamattina nello scalo romano con un volo proveniente da Islamabad, insieme ad altri 150 profughi afghani grazie ai corridoi umanitari promossi da Conferenza Episcopale Italiana (attraverso Caritas Italiana), Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci, IOM, INMP e UNHCR d'intesa con i ministeri dell'Interno e degli Esteri.
Due profughi che hanno attraversato insieme il Pakistan e pur non conoscendosi si considerano ormai nonno e nipote - Fcei
Ad accoglierli nello scalo romano, il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi; il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo; il responsabile nazionale immigrazione di Arci, Filippo Miraglia; il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello e Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. «Il corridoio è ciò che unisce le stanze, è ciò che permette alle persone di incontrarsi - ha esordito monsignor Baturi accogliendo i profughi - Siamo umani affidati gli uni agli altri, guardiamoci in faccia e prendiamoci cura gli uni degli altri». Poi ha salutato con un "benvenuti" i nuovi arrivati, aggiungendo che «questo corridoio che mette insieme tante realtà, dimostra che siamo tutti coinvolti quando un uomo soffre e spera. E soprattutto che è possibile trovare vie di accoglienza legali e in sicurezza».
Un profugo che oggi ha riabbracciato la madre, arrivata in Italia a luglio - Alessia Guerrieri
I cittadini afghani, rifugiati in Pakistan, verranno ora accolti in diverse regioni da nord a sud di tutta Italia e avviati subito verso l'integrazione, a partire dall'apprendimento della lingua e dall'inserimento lavorativo grazie a questo progetto totalmente a carico degli organismi proponenti e sostenuto dalla generosità e dall'impegno di tanti cittadini italiani che hanno offerto le loro case per ospitare, ma anche comunità religiose, Ong e diversi soggetti ecclesiali e civili.
Fcei
«L''Italia oggi fa festa con noi per il vostro arrivo. È un'Italia accogliente - ha sottolineato il responsabile della Comunità di Sant'Egidio Marco Impagliazzo - che ha preparato per voi una strada perché qui possiate studiare, lavorare e avere una casa. Quando i talebani hanno chiuso le frontiere vi abbiamo promesso che non vi avremmo abbandonato. Oggi questa promessa è stata mantenuta».