Sant'Egidio e associazione Giovanni XXIII. «Corridoi umanitari per 2.000 profughi»
Due 'corridoi umanitari' per portare in salvo con voli aerei duemila profughi nei prossimi mesi rispettivamente dal Libano e dal Marocco, permettendo loro di fuggire dalla guerra senza rischiare di morire sui barconi. È l’iniziativa storica, per la prima volta divenuta realtà in Europa, che ieri a Rimini l’associazione Papa Giovanni XXIII fondata da don Benzi e la comunità di Sant’Egidio hanno annunciato durante il convegno 'Il coraggio di essere umani'.
«Abbiamo lavorato insieme per creare i due canali umanitari – ha spiegato Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio – e per arrivare a questo abbiamo dovuto negoziare duramente con il governo italiano. In questo modo otterremo dall’Italia visti umanitari per le situazioni drammatiche accertate. Perché queste persone, già così provate, devono anche sopportare l’esame della morte sulla via dei Balcani e nel Mediterraneo? Allestendo desk in Libano e in Marocco, stiamo creando le liste delle persone che saranno accolte e pensiamo che questo diventerà un modello: in Europa non lo aveva ancora realizzato nessuno». Non si tratta di andare a rastrellare nuovi migranti, ma di evitare stragi praticamente annunciate, portando in sicurezza profughi che altrimenti si metterebbero comunque in viaggio e con un’altissima probabilità di morire. «I profughi devono arrivare in Italia con un volo regolare, non è più pensabile che rischino di finire sul fondo del mare come migliaia e migliaia di migranti – ha aggiunto Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –. Verranno accolti nelle nostre famiglie e nelle parrocchie», come ha chiesto a gran voce papa Francesco. «Da due anni viviamo con i rifugiati siriani in un campo di 250 persone – è il racconto di una volontaria –, ma da lì devono assolutamente andarsene, ormai ridotti al passo che precede solo la morte. Così dietro nostra richiesta Riccardi ha spostato parte dei visti italiani sui nostri profughi. Abbiamo scelto dodici famiglie secondo criteri ben precisi »: nuclei di 4/8 membri, con bambini ormai gravemente ammalati, o ancora famiglie che, vivendo sotto una tenda da 3 o 4 anni, «pur di sopravvivere avrebbero affrontato il mare, morendo quasi di certo». Nulla lasciato al caso, tutto altamente professionale, perché questa è gente che il bene lo sa fare bene: «Per ognuno di loro abbiamo già chi li accoglierà, è tutto già organizzato'. Sono le reti di famiglie italiane che realizzano il sogno di don Benzi («dare una famiglia a chi non l’ha»), ma anche tante parrocchie («le diocesi di Trento e Reggio Emilia hanno aderito per prime»). E c’è l’apporto economico della chiesa Valdese. 'Forse a Natale saranno già qui'. L’adesione di Focsiv, federazione di 72 associazioni cristiane di volontariato internazionale in 80 Paesi, è giunta durante il convegno per bocca del presidente, Gianfranco Cattai: «Come il Papa ha detto a noi di Focsiv, le guerre si prevengono disarmando le menti, ovvero rimuovendo le ingiustizie». Quello dei siriani è il più grande esodo in tutta la storia dell’umanità di gente che fugga da un unico conflitto. Ben 2 milioni hanno trovato accoglienza in un Libano grande quanto l’Abruzzo e abitato da 4 milioni di libanesi, mentre l’intera Europa ne ha accolti solo 200mila. Eppure - ha notato il giornalista Rai, Enzo Romeo - l’errata percezione è quella di un’invasione. Perché? «La nostra è una generazione straordinariamente fortunata, cui la guerra non è toccata in sorte – ha risposto Marco Tarquinio, direttore di Avvenire –, ma dopo 70 anni di pace si è così appagata da ritenere che questa pace sia un diritto e che non si debba fare anche noi qualcosa per mantenerla. Chiusi così nella nostra 'perfezione', vediamo negli altri un problema e in chi bussa alla nostra porta un invasore». Eppure - ha ricordato - a cavallo tra fine ’800 e inizi del ’900 «15 milioni di italiani emigrarono ed erano tutti 'migranti economici', come si dice adesso ». Non l’'invasione', dovrebbe inquietarci - ha concluso Tarquinio - ma che i migranti vogliano tutti proseguire verso il nord Europa, «che l’Italia cioè non sia una patria desiderabile per i loro figli, come per tanti dei nostri. L’Europa è l’unico posto al mondo in cui si integrano le popolazioni in tempo di pace, non con la guerra. Non perdiamo questa straordinaria opportunità».