Corridoi umanitari. Altri 100 profughi in arrivo a Fiumicino
Il 1° e il 2 dicembre, grazie ai "corridoi umanitari" realizzati dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant'Egidio, arriveranno all'aeroporto di Roma Fiumicino altri 100 profughi. Si tratta in massima parte di profughi siriani, provenienti dal Libano.
A meno di un anno dall'avvio del progetto si raggiunge così la prevista quota dei 500 arrivi in totale nel 2016.
"È un risultato di grande importanza - commenta Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope-Programma rifugiati e migranti della Fcei -. Lo abbiamo raggiunto grazie al convinto sostegno dei Ministeri interessati, dei nostri vari partner internazionali e della generosità con cui la Diaconia valdese, numerose chiese evangeliche e parrocchie cattoliche si sono impegnate in un eccezionale lavoro di accoglienza e di integrazione dei profughi. A meno di un anno dall'avvio del progetto, in un'Europa che tace o si barrica alzando muri e chiudendo le frontiere, l'Italia indica una strada diversa e alternativa che ha raccolto ampi consensi nella società civile di altri paesi dell'Unione europea ai quali chiediamo di adottare il modello dei corridoi umanitari, trasformando così una buona pratica nazionale in uno strumento condiviso di gestione dei flussi di profughi in condizioni di vulnerabilità".
Nei giorni scorsi anche la Conferenza episcopale italiana, d'intesa con Caritas, Fondazione Migrantes e Sant'Egidio, ha annunciato l'impegno a sostenere nuovi corridoi umanitari per 500 profughi. "È un risultato importante - aggiunge Naso - che valutiamo con soddisfazione per almeno due ragioni: la prima è che altri seguono la strada che abbiamo individuato e battuto;la seconda è che una coraggiosa esperienza ecumenica è stata in grado di attivare l'impegno diretto della Chiesa cattolica".Come previsto dal Protocollo d'intesa con i ministeri interessati, nei prossimi mesi si potranno aprire altri corridoi da paesi come il Marocco e l'Etiopia: "Entriamo così in una nuova fase del progetto - conclude Naso - che ci metterà in contatto con situazioni diverse da quella dei profughi siriani concentrati in Libano".