Coronavirus. Violenze in Kenya per contenere il contagio. Appello dei vescovi
Dopo avere dichiarato il primo caso di contagio da Coronaviorus intere aree del Kenya sono precipitate nel caos. A oggi i casi ufficialmente riconosciuti dalle autorità sono 46, ma nel Paese, pur tra i più avanzati in Africa, il sistema sanitario e i metodi di controllo non garantiscono che le politiche di prevenzione possano avere effetti su larga scala. Così la polizia in molte province è accusata di seminare il terrore per costringere i residenti a non uscire di casa e a non stare in strada.
“Le azioni degli agenti delle forze dell'ordine in tutto il Paese, specialmente a Mombasa, sono inaccettabili. Questi atti brutali aggiungono solo più sofferenze alle persone, che sono già vulnerabili, mentre accrescono ulteriormente il rischio di diffondere e contrarre il virus nella maggioranza della popolazione, comprese le forze di sicurezza”. Lo denuncia la Commissione Episcopale “Giustizia e Pace” del Kenya in una dichiarazione alla stampa sui provvedimenti del governo per contrastare la diffusione del Coronavirus. Sempre a Mombasa la polizia keniota ha sparato lacrimogeni nel tentativo di disperdere la folla di pendolari che si erano ammassati sul molo nel tentativo di salire sul traghetto e fuggire dalla città. Centinaia di pendolari, riferisce il "Daily Nation", hanno lanciato sassi contro gli agenti che tentavano di disperdere le persone sulla base delle indicazioni sanitarie in vigore. Diverse persone sono state portate in ospedale. Le immagini del resto non lasciano spazi a interpretazioni. Fughe di massa del tutto fuori controllo in varie zone del Paese, mentre agenti e militari picchiano i civili. In altre foto si vedono agenti circondare un uomo, afferrato per un piede da un rottweiler tenuto al guinzaglio da un poliziotto, mentre un altro gente tiene il malcapitato a terra, con la testa schiacciata da uno scarpone dell’agente mentre viene malmenato con un bastone. L’uomo, quanto pare, non avrebbe rispettato il divieto di uscire da casa e una volta sorpreso dai militari è stato aggredito.
Se per un verso i presuli ringraziano le autorità “per i provvedimenti adottati per la buona salute e la sicurezza di tutti, comprese informazioni tempestive al pubblico sulle misure preventive”, dall’altro si apprendono con in incredulità notizie “sulla brutalità e sulle molestie commesse dagli agenti di sicurezza nei confronti dei cittadini nell'applicazione delle direttive presidenziali”, informa l’agenzia Fides. In particolare “siamo scioccati, dalle molestie nei confronti dei membri più vulnerabili della società - insiste la Commissione episcopale - come donne e bambini e anche nei confronti di alcuni operatori importanti come i giornalisti e i fornitori di generi alimentari”.
Una situazione tutt’altro che gestibile in un Paese dove milioni di persone vivono dentro a baracche di lamiera, che nelle ore del giorno sono veri forni, e decine di migliaia non hanno un tetto dove vivere.
“Ribadiamo che la dignità umana e la santità della vita sono valori che devono essere sostenuti in ogni momento. Cerchiamo di essere i custodi dei nostri Fratelli e Sorelle e di essere solidali con l'umanità mentre ci sforziamo di contenere la diffusione di Covid 19” continua la dichiarazione giunta a Fides.
Il timore, inoltre, è che scatti una caccia all’untore. Evitiamo di incolparci gli uni con gli altri e concentriamoci maggiormente su ciò che può consentirci di tornare alla nostra routine quotidiana nel più breve tempo possibile. Continuiamo a pregare che Dio possa aiutarci a uscire dalla pandemia” conclude Giustizia e Pace.