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Coronavirus. Palù (Aifa): vaccino Pfizer sicuro. «Una task force sulle mutazioni»

Paolo Viana martedì 29 dicembre 2020

Giorgio Palù (Aifa)

Giorgio Palù pensa a Pasteur. Chissà cosa avrebbe fatto il fondatore della microbiologia se avesse potuto sintetizzare i vaccini. «Lui doveva isolare il germe, concentrarlo e inattivarlo, ora creiamo da zero l’Rna con biologia sintetica... Mimiamo l’evoluzione naturale e naturalmente accorciamo i tempi dei test e delle autorizzazioni» racconta il professore padovano, che oggi guida l’Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco, da cui dipende anche l’autorizzazione del vaccino in corso di somministrazione in Italia. Palù accetta di guardare oltre al Vaccino day e di parlare dei rischi che le mutazioni possano interferire con l’operazione da cui dipende la lotta al Covid-19.

La prima domanda è quella che tutti si fanno: il vaccino Pfizer è sicuro?

I dati li avete visti. Ci sono effetti avversi di lieve entità, quelli locali che provocano tutti i vaccini, tipo dolore e gonfiore nel sito di inoculo in una buona percentuale dei casi e qualche sintomo sistemico in più di una persona su dieci; sintomi gravi rarissimi e nessuno mortale. Tutto ciò su oltre 40mila soggetti trattati. Mi pare che si possa definire sicuro.

Inoculare un vaccino a Rna può modificare il Dna umano?

L’Rna messaggero utilizzato codifica la sintesi della proteina spike (S) di Sars-CoV-2 stimolando nella persona vaccinata la produzione di anticorpi neutralizzanti il virus. L’mRna virale viene modificato sostituendo alcuni nucleotidi, allo scopo di impedire reazioni infiammatorie e un’immediata degradazione, ma resta una molecola che non si integra nel genoma e che circola nel citoplasma e non nel nucleo cellulare; inoltre, pure essendo modificato per resistere alla degradazione, esso ha una vita limitata. In altre parole la possibilità che alteri il genoma umano non esiste, né per il vaccino Pfizer né per Moderna.

Non pensa che il Sars-CoV-2 sia ancora troppo sconosciuto per creare un vaccino e inocularlo sull’intera popolazione mondiale?

Non sono d’accordo. A una settimana dalla identificazione di Sars-CoV-2 e dalla pubblicazione del genoma era partita la ricerca sul vaccino, dopo circa un mese era già stata risolta a livello atomico la struttura degli enzimi virali, incluso quello che governa la replicazione dell’Rna. Sono stati pubblicati numerosi studi sulla patogenesi virale analizzando la funzione di quasi tutti i 26 geni del coronavirus, si è fatta luce sul meccanismo in base al quale la proteina spike si lega al recettore umano facendoci comprendere come e dove agiscano gli anticorpi neutralizzanti. Inoltre, il fatto che l’infezione naturale attivi una forte risposta immunitaria sia umorale (anticorpi) che cellulare (linfociti T) ci ha resi ottimisti sul controllo della malattia, il che significa che si può naturalmente guarire di Covid-19, diversamente da ciò che, purtroppo, avviene con l’infezione da Hiv. Studiando in dettaglio la risposta dell’ospite, si è visto che ci sono cellule memoria che permangono a lungo negli individui infettati e che alcuni soggetti nei quali le manifestazioni morbose sono più gravi hanno specifiche alterazioni della risposta immunitaria innata. Sono state saggiate alcuni milioni di molecole in screening di attività antivirale, individuando degli inibitori specifici, come il molnupiravir, un analogo della citidina che si affiancherà al remdesivir attualmente l’unico antivirale in uso clinico (analogo dell’adenosina).

Ma è stato possibile sperimentare queste informazioni in laboratorio?

Di più. All’inizio non avevamo un buon modello animale né per il vaccino né per i farmaci in quanto i macachi si infettano con Sars-CoV-2 ma l’infezione non evolve in malattia come nell’uomo, poi si è scoperto in Olanda che morivano i visoni e questo ha permesso di lavorare più celermente. Oggi sono disponibili due modelli animali: visoni e furetti.

Insomma, se ci salveremo dovremo ringraziare i visoni?

Bisognerà ringraziare la scienza e i virologi veri, quelli che studiano la struttura, la biologia e l’evoluzione dei virus e la loro interazione con il nostro organismo e che hanno fondato una nuova disciplina, la vaccinologia, che si è rapidamente evoluta soprattutto grazie a nuove piattaforme tecnologiche come la genomica e la biologia sintetica. Ci sono colleghi che hanno dedicato la vita a studiare i virus dei pipistrelli, dei roditori... Grazie a loro sapremo quali nuovi virus potranno colpirci in futuro, essendo i virus gli elementi vitali più diffusi nella biosfera, e avendo l’uomo alterato l’habitat del pianeta sconvolgendo intere nicchie ecologiche.

Torniamo al vaccino. Se qualcosa va storto, esiste una rete di sicurezza?

L’Aifa ha un settore specifico per la farmacosorveglianza e ha costituito una commissione di esperti che curerà la sorveglianza attiva e passiva per la vaccinazione anti Covid-19 in collaborazione col Ssn e le reti informatiche regionali. Si occuperà inoltre di monitoraggio immunologico dei soggetti vaccinati e dell’analisi dell’evoluzione di Sars-CoV-2 mediante sequenziamento del genoma virale, in quanto il virus, sotto pressione selettiva degli anticorpi indotti dal vaccino, potrebbe mutare.

Quindi, il virus muta?

Anche se meno di altri virus, Sars-CoV-2 muta. Pur avendo un enzima capace di correggere le mutazioni, nondimeno ha subito migliaia di mutazioni da Wuhan a oggi. Questo avviene perché come tutti i virus replica molto velocemente (alcune ore) e quindi il suo enzima replicativo (Rna polimerasi) commette degli errori nell’incorporazione dei nucleotidi; quanto più un’infezione è persistente, evento frequente nei soggetti immunodepressi, tanto più le mutazioni si accumulano.

Un mutante può mettere fuori gioco il vaccino?

Non si può escludere, anche se finora non c’è prova di tale evento nè rispetto a Pfizer né rispetto a Moderna. Resta la possibilità che la pressione degli anticorpi nei soggetti vaccinati selezioni un mutante "escape" con sostituzione di uno o più amminoacidi nella proteina spike che sfugga al controllo della risposta immunitaria. Una di queste mutazioni potrebbe comportare anche l’acquisizione di un nuovo sito di glicosilazione, con rivestimento della proteina stessa da parte di una molecola di zucchero che nasconde il virus al riconoscimento degli anticorpi.

Lei ha citato il vaccino Moderna. Quando arriverà in Italia?

Autorizzato negli Usa, è all’esame dell’Ema che potrebbe autorizzarlo entro il 6 gennaio. L’Aifa seguirà a ruota l’ok europeo.

Cosa è urgente fare, mentre vacciniamo tutti?

Oltre al monitoraggio sarebbe oltremodo opportuno, come hanno fatto i britannici col consorzio Artic, creare una task force che sequenzi il genoma virale e si scambi rapidamente le informazioni sulla base di un’anagrafe vaccinale corredata da dati clinici e immunologici. I britannici hanno già depositato in banca dati le sequenze di oltre 60mila genomi virali mentre noi solamente un migliaio.

Basteranno le dosi acquistate dall’Italia per vaccinare tutti?

Il ministro Speranza si è accaparrato oltre 200 milioni di dosi di tutti i vaccini oggi al vaglio degli enti regolatori, quindi ampiamente sufficienti per proteggere l’intera popolazione garantendo un’immunità di gregge; il percorso per l’approvvigionamento, distribuzione e somministrazione dei vaccini durerà almeno fino a settembre 2021; è lungo, ma possiamo abbreviarlo anche rivedendo, come suggerito dall’Fda e segnalato dalla commissione vaccini dell’Aifa, le dosi utilizzabili del vaccino Pfizer. Ora una fiala viene utilizzata per somministrare 5 dosi ma se ne potrebbero ottenere almeno 6 implementando significativamente i numeri di soggetti vaccinati e riducendo i costi.

Vaccino a parte, perché è così difficile trovare antivirali specifici?

Per tante ragioni ma anche perché testare un vaccino prodotto con la tecnologia dell’mRna è stato molto rapido e risolutivo.