Intervista. Coronavirus, Di Maio: «Stretta dura, salviamo il Natale»
Il ministro Di Maio
«Dobbiamo intervenire ora. Non domani, non tra una settimana. E dobbiamo farlo con decisione e con coraggio...». Pensiamo a quell’ultima parola usata da Luigi Di Maio. Al significato di coraggio. Sono solo secondi. Secondi in cui ci passano davanti i numeri dei contagi che si impennano. Secondi in cui ci interroga il crescente disagio sociale. «Stiamo lottando per garantire il diritto alla salute e quello al lavoro. Per farli camminare insieme. Per difenderli con la stessa determinazione. Ma senza la salute non esiste il lavoro e oggi l’Italia è chiamata a difendere prima di tutto la vita. E a fare qualsiasi cosa per riuscirci».
Una pausa quasi impercettibile. Poi il ministro degli Esteri riprende da dove aveva cominciato. «Sono ore cruciali. Servono misure dure, misure drastiche. Nettamente più drastiche. E soprattutto servono subito. È un obbligo anche morale adottarle senza perdere nemmeno un’ora. Per salvare le vite e per lasciare intatto il sistema produttivo». Parliamo quaranta minuti di questa Italia che fa da otto mesi i conti con il Covid. Una stagione dolorosa. Faticosa. «C’è paura, c’è incertezza, c’è anche rabbia. Sì, è un momento difficile...», ammette Di Maio. Ma non è una resa al pessimismo. «...Il governo c’è e io ho fiducia. Abbiamo resistito alla prima ondata, siamo rimasti in piedi davanti a un primo terribile attacco. Non avevamo nemmeno le mascherine... Ora abbiamo preso le misure e fronteggeremo meglio questo seconda fase». Una pausa precede una riflessione più personale. «Anche io ho sofferto in questi mesi. Meno emozioni, meno empatia, tutto più distanziato. Non è stato e non è facile. Ma stringere ora è la sola strada possibile per salvare il Natale. Questo è l’obiettivo che va centrato con ogni sforzo e ogni sacrificio».
Ha ragione: c’è rabbia. Ieri è andata in scena nella sua Napoli.
La violenza però mai. Non c’è nessuna giustificazione. Nessuna voglia di capire. Lo Stato è a fianco di chi rispetta le regole, di chi accetta le misure anche più dure, di chi fa sacrifici. Non di chi parla con la violenza. Ho visto scene brutte. Ho visto aggredire la nostra polizia, i nostri carabinieri che durante questa pandemia non si sono mai risparmiati. È stata una ignobile vigliaccheria. Il governo non ha nessuna intenzione di transigere e nuove proteste nelle ore del coprifuoco saranno fermate con la massima decisione.
È vero, ma il disagio cresce, le aziende chiudono...
Serve un’azione di ristoro immediata e soprattutto giusta. E serve una cassa integrazione puntuale. Lo faremo.
E le cartelle esattoriali? Non era giusto sospenderle fino a fine emergenza?
La sfida è una vera riforma fiscale che segni una fine e un nuovo inizio. È cambiare il rapporto fisco-cittadino. È capire che la riscossione non può essere un algoritmo. Che serve coscienza anche quando si chiede. Che ci sono famiglie che hanno dovuto scegliere tra una cartella e l’università dei figli o aziende che non hanno pagato il fisco per pagare uno stipendio. Finita la guerra al Covid bisognerà fare i conti con situazioni così e magari chiudere i conti con il passato.
Ministro in queste ore tutti si chiedono cosa succederà. Cercano anticipazioni.
La linea è chiara: si stringe subito per evitare un lockdown più doloroso di quello di marzo. E si stringe sul serio perché c’è la vita e c’è il lavoro. Il nostro sistema industriale un altro lockdown non lo regge. Ecco la strada maestra. Solo questo. Tutto il resto viene dopo. Ma mi faccia dire una cosa: ho sentito nelle ultime ore i miei colleghi europei, tutti abbiamo una comune strategia. Tutti abbiamo due grandi priorità. Anzi tre.
La scuola?
Già, la scuola. La ministra Azzolina ha lavorato bene, ma ancora una volta le polemiche hanno prevalso sulla volontà di costruire. Mi piacerebbe parlare di unità. Immaginare un tavolo con le opposizioni. Ma come è possibile soffiare così sulla sofferenza degli italiani? Questa non è merce elettorale. Vogliamo fare squadra? Noi siamo pronti, ma basta strumentalizzare sofferenza e disagio.
Sospenderete gli Stati generali del Movimento 5 stelle?
Si va avanti, ma tutto da remoto. Tutto in rete. Perché serve rispetto per chi oggi soffre. Per i sacrifici del Paese. E rispetto vuol dire anche non alzare i toni all’interno del Movimento.
Il Covid ha fatto male anche a Montecitorio e a Palazzo Madama. Che pensa dell’ipotesi di sospendere i lavori parlamentari.
Penso che sia sbagliato e che non sia possibile. Il lavoro delle Camere va avanti. Individuando le vere priorità e puntando sul voto a distanza. È un momento eccezionale e vanno prese decisioni eccezionali.
Ministro se la sente di promuovere Conte?
La seconda ondata ci ha colto più preparati. Guardi la fotografia dell’Europa: eravamo quelli che soffrivano di più e oggi siamo quelli che hanno resistito meglio. Certo c’è tanto che ancora non va. Penso alle file per i tamponi, ai tempi di attesa per una risposta, penso a quello che ancora non va nei trasporti pubblici... Ma ripeto: il governo c’è e ci sarà.
Qualcuno vede avanzare la sagoma di Mario Draghi...
Non è questo il momento di speculazioni politiche: è l’ultima cosa che gli italiani vogliono in questo momento.
Una curiosità: il calcio va avanti?
Il calcio è una grande industria, ma in questa fase sono altre le priorità. Chiudere il campionato? Ascolteremo con attenzione le valutazioni del Comitato tecnico scientifico.
A proposito di Europa: possiamo dire una parola definitiva su Mes e fare un punto sul Recovery Fund?
Sul Mes decide Conte, ma mi pare che la parola definitiva l’abbia detta il ministro Gualtieri. Quando ha spiegato che tutta la forza del Mes è in 300 milioni di potenziale risparmio. La vera sfida sono invece i soldi del Recovery Fund. Ora c’è un’Europa piegata, ci sono Paesi che stanno pagando prezzi ancora più alti del nostro e se chiedessero più risorse l’Italia direbbe sì. Se davanti a un Covid che non molla e che anzi fa più male si decidesse di far crescere lo stanziamento, l’Italia è pronta.