Coronavirus. Ecco dove sono le Ong che salvano vite in mare: nelle corsie d'emergenza
E ora, al tempo del Covid-19, dove sono le Ong che si occupano di salvare vite in mare?
Open Arms, la Ong spagnola, ha risposto con una serie di foto e tweet non dal mare, bensì dalle corsie d’emergenza degli ospedali italiani e spagnoli. Raffigurano alcuni dei volontari dell’équipe sanitaria della Ong spagnola, che hanno partecipato a una o più missioni nei mesi scorsi, e oggi sono in prima linea in ospedale. C’è Paola, medico impegnato nel reparto di terapia intensiva a Milano, ma anche Filippo da Torino distaccato al pronto soccorso di Bergamo e Giorgio, medico di emergenza al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, per citarne solo alcuni: tutti quanti stanno lottando incessantemente contro il Coronavirus.
Le facce sono stravolte dalle fatiche esattamente come quando in mare ci si ritrova davanti gommoni strapieni di uomini donne e bambini che chiedono aiuto e cercano disperatamente di essere afferrati, naufraghi, riportati alla vita. Il concetto è semplice: “Salviamo le vite ovunque”.
Perché? Perché non esistono vite che valgono meno di altre. Il Laboratorio di salute popolare, di Làbas, Mediterranea Saving Humans e Approdi, a Bologna è sorto con questo intento di ''venire incontro alle esigenze di chi è privo di reti sociali, conosce poco la lingua ed è disorientato o spaesato dalla situazione, in modo da creare comunità e supporto reciproco per non lasciare indietro nessuno''.
E anche nell’emergenza Coronavirus, con le domande e le ansie lasciate senza risposta di chi ha meno strumenti per tutelarsi, al Laboratorio di salute popolare si prova comunque a esserci: “Le persone hanno paura del coronavirus e noi cerchiamo di dare delle indicazioni o li indirizziamo a una équipe di psicologi”: “la stragrande maggioranza soffre di stato ansioso. Chi chiama viene subito rimandato dai nostri due psicologi, che a loro volta hanno altri volontari che possono dare ascolto a queste persone", spiega in un’intervista all’Adnkronos Stefano Caselli, responsabile sanitario di Mediterranea Saving Humans che ha partecipato a diverse missioni di salvataggio in mare, ma che essendo infermiere “continua a fare la sua parte”, come minimizza lui stesso. Anziché nell’infermeria sul ponte della nave Mare Jonio, all’ospedale di Bologna; una scelta analoga a quella di Fabrizio Gatti, altro storico volontario di Mediterranea, tornato in trincea nella sua Brescia, dove in questi giorni senza fine, da operatore sanitario è impegnato nella guida delle ambulanze.
Per onor di cronaca, il primo a porre l’interrogativo fallace, che tende a trarre in inganno, sul ruolo delle Ong era stato il giornalista Bruno Vespa in post su Facebook: "Ricordate medici senza frontiere? Quando dovevano soccorrere i migranti (e facevano bene), lo facevano con le loro navi e la scritta “Medici senza frontiere” era molto ben visibile sulle loro tute, adesso sono scomparsi. Forse sono nascosti nelle corsie di Bergamo, di Brescia, di Cremona e forse non vogliono far sapere che sono lì e stanno lavorando alacremente. Ma se per caso non ci fossero, se per caso davvero se ne fossero dimenticati, forse è il caso di ricordarglielo. C’è bisogno di loro stavolta, anche se non c’è politica, anche se non c’è propaganda, anche se non ci sono le televisioni internazionali a propagandarne il lavoro. Che corrano, che corrano e tornino davvero a bordo. A bordo dell’emergenza".
Peraltro, guadagnandosi proprio con queste sue affermazioni tendenziose un doppio esposto al Comitato per il Codice etico della Rai e al Consiglio di disciplina dell'Ordine dei Giornalisti del Lazio.
E subito l’associazione Medici Senza Frontiere aveva replicato, chiarendo di essere attiva sul territorio nazionale e soprattutto nel Nord Italia: “Gentile Bruno Vespa, siamo in azione da più di una settimana sul territorio italiano per supportare la risposta del governo, in particolare nel lodigiano. Oltre l’Italia i nostri team stanno intervenendo anche in Francia, Spagna, Belgio, Grecia Cina e Hong Kong e siamo in contatto con le autorità sanitarie in altri paesi. Tutti gli aggiornamenti sono disponibili sul nostro sito www.msf.it/covid19 e sui nostri canali social media”.
Nello specifico in italia Medici Senza Frontiere sta offrendo supporto all’ospedale di Codogno, dove è stato effettuato il primo tampone positivo di un caso di Covid-19 in Italia: ogni giorno medici e infermieri di MSF lavorano con le équipe della struttura, dal personale sanitario allo staff dedicato alle pulizie, per condividere la propria esperienza nella gestione di un’epidemia. “Quando abbiamo registrato il primo caso, il virus era già in circolazione. Adesso per noi è importante gestire questa epidemia ed evitare nuovi contagi. L’affiancamento di Msf è molto importante, stiamo già imparando molto” aveva spiegato Andrea Filippin, direttore medico del Presidio ospedaliero di Codogno rispetto al supporto che Medici senza frontiere sta mettendo in campo. Infine, non ultimo MSF sta supportando diverse strutture per anziani nelle Marche, nell’area della regione che comprende le città di Fabriano, Jesi, Senigallia e Ancona.
Tornando, quindi, alla domanda iniziale su dove siano oggi le Ong che salvano in mare. Le navi umanitarie, per motivi legati alla sicurezza e ai limiti imposti dalla pandemia di Covid-19, sono costrette al momento a rimanere in porto, dopo la quarantena obbligatoria a cui sono state sottoposte in seguito all’ultimo approdo in Italia imbarcazioni come la Ocean Viking e la Sea Watch 3.