Un ministro per la cooperazione. Una riforma della legge. E fondi adeguati e stabili, ottenuti tassando le speculazioni finanziarie, tipo Tobin tax, e tagliando le spese militari, come i caccia F35. Richieste chiare, per dare ossigeno alla cooperazione italiana - prossima al collasso - che il mondo delle organizzazioni non governative laiche e cattoliche mette nero su bianco in dieci punti. E molti candidati al nuovo Parlamento - oltre 40 - sottoscrivono: Partito democratico, Scelta civica con Monti per l’Italia, Sinistra ecologia e libertà, Partito socialista, Rivoluzione civile con Ingroia, Unione di centro, Lista liberali per l’Italia. Gettando così le basi per un gruppo interparlamentare trasversale per la cooperazione. L’appello alla politica - «La cooperazione internazionale allo sviluppo: tessuto connettivo della comunità globale» - è stato discusso ieri in un’affollata assemblea. «Crediamo che qualsiasi partito o coalizione sia chiamata a governare l’Italia – si legge nell’incipit dell’appello – debba attuare una migliore e più coerente politica globale di sviluppo». Le ong chiedono che la cooperazione allo sviluppo «diventi la componente qualificante delle relazioni internazionali dell’Italia, più che l’impiego delle forze militari all’estero». E sull’agenda di lavoro in dieci punti già si registrano forti convergenze. Il primo nodo da sciogliere sarà quello dell’«alto referente politico»: ministro o viceministro? Per Andrea Olivero, capolista al Senato con Monti, «serve un ministro stabilmente presente in Consiglio dei ministri, che possa intervenire sulle questioni strategiche del Paese». Anche per Sel la strada è quella di un ministro per la Cooperazione, «da collocare in un quadro di governo del sistema che preveda un Comitato interministeriale per la cooperazione, un Fondo unico, una Agenzia con forte presenza territoriale e una consulta delle realtà coinvolte». Per il Pd, invece, potrebbe essere un «vice ministro con poteri e strumenti previsti dalla riforma cui abbiamo lavorato al Senato». Sulla nuova legge, tutti d’accordo. Col Pd che si impegna: «È realizzabile nei primi 100 giorni». E le risorse? Quello dei finanziamenti, falcidiati da anni, è l’altro nodo. «Non possiamo pensare di avere soltanto leggi di scopo - dice Olivero - e siamo convinti, come le associazioni propongono, di reperire fondi tagliando gli armamenti, così come con tassazioni delle transazioni finanziarie. Ma ci vogliono capitoli di spesa stabili». Per Giulio Marcon, candidato indipendente per Sel alla Camera, «serve una nuova politica che attraverso la riforma della legge 49 dell’87 metta al centro società civile, partenariati territoriali, nuove modalità di reperimento delle risorse finanziarie. Anche - precisa – con la riduzione delle spese militari e la tassazione delle transazioni finanziarie». Sulle promesse, in tema di risorse, il Pd non è da meno. «Ci impegniamo ad aumentare le risorse, come abbiamo sempre fatto ogni volta che ne abbiamo avuto la possibilità». Tutti d’accordo sulla stabilizzazione del 5 per mille, sull’8 per mille per la lotta alla fame, sul tetto delle donazioni deducibili. Flavio Lotti, candidato di Rivoluzione civile, sottolinea l’importanza di «nuova visione»: la prima cosa che farà da deputato «è aprire le porte del Parlamento, del governo e del ministero degli Esteri alla società civile responsabile e agli enti locali impegnati per la pace e i diritti umani».