Ricerca. Controlli, diagnosi, test: come si combatte il cancro al seno
La platea di “IEO per le Donne”, unico incontro in Italia interamente dedicato all'ascolto in diretta delle donne che stanno vivendo l'esperienza di un tumore del seno
Controlli, diagnosi sempre più precoci, test genetici per conoscere la predisposizione ad avere un tumore, strumenti diagnostici avveniristici e farmaci appena scoperti, con i quali «il 100% dei pazienti ha avuto benefici clinici». Sono i missili potenti con cui oggi combattiamo la guerra contro il cancro, a patto di una stretta alleanza tra mondo medico e pazienti. Questa la sintesi di “IEO per le donne”, l'unico incontro in Italia interamente dedicato all'ascolto in diretta delle donne che vivono l'esperienza di un tumore al seno (e non solo), svoltosi il 7 ottobre al Teatro Manzoni di Milano di fronte a una vastissima platea al femminile.
La frontiera dei nuovi farmaci
«I farmaci sono sempre più mirati e arrivano oggi a un tale livello di precisione nella cura dei tumori che il 100% dei pazienti ha un beneficio clinico, chi più e chi meno», spiega Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione sviluppo Nuovi farmaci per Terapie innovative allo IEO. «Sul fronte delle terapie c'è un fermento senza precedenti a livello mondiale. Due settimane fa a Parigi abbiamo presentato alla ESMO, la Società Europea di Oncologia, uno studio che dimostra come nei tumori metastatici al seno sensibili agli ormoni, che sono ben il 70% del totale, combinando questi nuovi farmaci raggiungiamo una sopravvivenza mai vista prima». Nomi difficili, che non dicono nulla alle persone sane, ma che folle di donne colpite dal cancro al seno in età sempre più giovane conoscono fin troppo bene. Il già “miracoloso” anticorpo monoclonale Trastuzumab da abbinare alla chemioterapia, fino a oggi una delle frontiere più efficaci per i temibili tumori “Her-2 positivi”, sta per essere superato: «Il nuovo Trastuzumab Deruxtecan è così potente che quasi tutte hanno una risposta - continua Curigliano -. Al Trastuzumab infatti abbiamo attaccato bombe di chemioterapico che entrano con lui nelle cellule maligne e lasciano indenne il resto». Significa una rivoluzione copernicana, cure che “portano” la chemio solo dove deve andare a colpire, usando l'anticorpo come un cavallo di Troia. Novità rivoluzionarie anche per i tumori “triplo negativi”, i più temibili, con un aumento notevole di persone guarite grazie all'immunoterapia…
L'intervento di Jovanotti, che ha raccontato l'esperienza del tumore di sua figlia Teresa. La ragazza è guarita dal cancro ed è stata seguita proprio allo IEO - Fotogramma
Discorsi lontani, per chi sta bene, conquiste di cui si spera di non dover usufruire mai, ma che purtroppo interessano un numero sempre maggiore di donne, e sempre più giovani. A dimostrarlo la platea stessa del Teatro Manzoni con tante testimoni under 30, un'età a rischio perché gli screening di prevenzione non sono ancora previsti. Per una di loro, Teresa, 20 anni, ha parlato (e cantato) Jovanotti, raccontando la paura che investe l'intera famiglia di fronte alla diagnosi inaspettata, ma anche l'importanza di avere subito accanto medici che accompagnano e danno risposte: «Quando senti rivolgere a tua figlia di 20 anni quelle parole che avevi già sentito per altri, ti tremano le gambe. Allo IEO ci siamo sentiti contemporaneamente molto normali e molto speciali, come tutti gli altri. Ho imparato da padre che queste cose si affrontano con strumenti sempre più evoluti, ma anche con l'amore. La vulnerabilità non ci rende più deboli, ma più umani, e il fatto di vivere ogni giorno come un giorno in più non ha a che fare solo con la malattia, ma anche con l'essere sani», ha concluso il cantante.
La sfida (ancora da vincere) della prevenzione
Se dunque la strada verso le cure “chemio free” è aperta, come ha annunciato Paolo Veronesi, direttore del Programma senologia IEO, il grande obiettivo resta quello di non correre dietro al tumore ma di prevenirlo, e per questo «l'ideale sarebbe poter fare tutti un test genetico e sapere prima se c'è una predisposizione alla malattia. La ventenne non va certo a fare mammografia ed ecografia, il tumore se lo trova quando è già presente e solo allora è indirizzata al test genetico: in futuro bisognerà ribaltare le cose». E dato che il tumore alla mammella è il più diffuso al mondo e solo in Italia colpisce 55mila donne (e uomini) l'anno, vorrebbe dire salvare un numero enorme di vite. «Il problema sono i costi, il servizio sanitario nazionale passa il test solo alle donne che presentano caratteristiche di familiarità, ad esempio una madre o una sorella già malate - spiega Viviana Galimberti, direttrice della Chirurgia senologica (in teatro tante pazienti operate da lei) -. Attualmente solo il 10% dei tumori femminili sono di origine genetica, quasi 6.000 donne l'anno, ma via via scopriamo altri geni magari patogenici, ovvero responsabili del cancro: abbiamo reclutato 600 donne malate e offerto loro un pannello di 94 geni, il risultato sarà importantissimo in un futuro molto vicino per prevenire il tumore alla donna ma anche al resto della sua famiglia».
Ne sa qualcosa Alessandra Giordani, 34 anni, una delle 600 pazienti reclutate per lo studio sperimentale: «Aspettavo il cancro al varco, lo aveva avuto mia nonna e mia mamma era morta nel 2013, lo stesso anno in cui Angelina Jolie, l'attrice che si era fatta togliere entrambi i seni perché risultata geneticamente predisposta a un tumore pressoché sicuro. Eppure mia mamma era risultata negativa a quel test e questo era un problema... Solo grazie alla prevenzione, a 25 anni mi sono scoperta una forma molto aggressiva, ma perché io ero positiva al test se mia madre no? Alla fine ho scoperto che il portatore della mutazione genetica era mio padre. Comunque sono qui e sono felicissima, grazie alla prevenzione e alle nuove frontiere della genetica. Non vi dico che è facile, è stata pesantissima, ma noi non siamo la nostra malattia, ora vivo con una forza in più». Vivere, appunto, non sopravvivere, che è la tentazione di ogni malato. Ormai il tumore è sempre più spesso cronicizzato, “sopravvivere” per anni o decenni sarebbe una contraddizione in termini. «Per farlo capire meglio alle mie pazienti ho ideato anche un torneo di tennis nel quale ho coinvolto anche le colleghe IEO - racconta ancora la chirurga Viviana Galimberti -, è stato emozionante anche per noi. L'attività fisica è tra le cose più importanti per evitare recidive e ricadute».
Paolo Veronesi, direttore del Programma senologia IEO - Fotogramma
Strategie valide per tutte, anche per le donne che al test genetico risultassero positive: «Quando Angelina Jolie nel 2013 ha fatto conoscere mediaticamente la mutazione del gene correlato con il rischio di tumore a seno e ovaie, tutte le pazienti ci chiedevano di fare il test, in realtà si procede solo se un algoritmo ci dice che è il caso. Ma poi, una volta risultate positive al test, cosa possono fare? Il tumore non lo hanno ancora sviluppato, dunque devono prevenirlo: con un'alimentazione corretta, stili di vita giusti, controlli periodici e oggi stiamo anche studiando farmaci. La speranza è di trovare farmaci preventivi, al posto dell'attuale chirurgia profilattica», vissuta dai chirurghi della scuola Veronesi come una sconfitta: «Abbiamo studiato anni per salvare il seno alle malate, ci costa molto ora dover togliere il seno a donne sane».
Rivolto proprio a tutte è il messaggio fondamentale che arriva dalla Radiologia senologica di Maria Pizzamiglio: «Banalmente, fate prevenzione, mammografia e ecografia ogni anno». È tutt'altro che scontato, anche a causa di disinformazione e fake news: «Vi diranno di alternare un anno l'una e un anno l'altra, niente di più sbagliato, vanno fatte entrambe e insieme, sono complementari e vedono cose diverse». Non solo: il sistema attuale prevede lo screening gratuito solo dai 50 ai 69 anni, e «il medico di base fatica a prescrivere ogni anno questi esami a donne che non hanno sintomi e devono fare prevenzione - denuncia Pizzamiglio -, ma così le diagnosi precoci si perdono per strada». La risposta, forse impopolare ma condivisibile, arriva da Paolo Veronesi: «Sono esami che costano, il Servizio sanitario non ce la farebbe, conviene rinunciare a una cena fuori e pagare i 100 euro l'anno che ti salvano la vita, questo è un messaggio che deve assolutamente passare». Comunque l'intero sistema della prevenzione va rivisto, sia nelle fasce d'età che nell'ambito genetico: «Le tante giovanissime qui presenti lo dimostrano».
Ricostruzione e comunicazione
Passi da gigante sono stati fatti anche nella chirurgia ricostruttiva, grazie alla quale oggi le pazienti operate sono lontane anni luce dalla prostrazione di anni fa, quando erano sfigurate. «Io ho scelto la parte bella - sorride Francesca de Lorenzi, che dirige l'Unità innovazione della Chirurgia ricostruttiva -, quella che oggi consente di continuare a essere donne anche dopo l'operazione. Non c'è niente di frivolo, è un diritto passato dal Sistema sanitario nazionale, oggi eseguito nel giorno stesso della mastectomia, con materiali e tecniche sempre più evolute».
Infine l'empatia, la comunicazione medico-paziente, la confidenza reciproca. Un tema attualissimo caro a Manuelita Mazza, oncologa IEO: «Noi medici dobbiamo imparare a essere meno snob e migliorare la comunicazione. Ad esempio ho constatato quanto sia utile frequentare i social delle mie pazienti, è lì che esprimono bisogni inespressi quando sono nel nostro ambulatorio, è lì che parlano dei disagi, dei sintomi o dei loro dubbi. Il social media listening è un vero e proprio monitoraggio dei dati, utile anche per la farmacovigilanza».
Un altro particolare del palco allestito al Teatro Manzoni di Milano - Fotogramma
Dell'importanza vitale di una comunicazione chiara e umana hanno parlato anche molte pazienti, tra le quali Erminia Ascari, dal 2009 in cura senologica con metastasi epatiche, sfoderando una serenità, un benessere e un equilibrio che tanti sani le invidierebbero: «Di fronte a una diagnosi allora così devastante, incontrare senologo e oncologa che ti prendono per mano e con chiarezza ti propongono un protocollo sperimentale di cura significa tutto. Non ho mai guardato su Internet, mi è bastato il disegnino che i dottori mi hanno fatto. Riporre completa fiducia nei medici e sentire intorno a te una tifoseria di squadra da parte di chi ti cura, oltre che della tua famiglia, è parte integrante della cura, non meno dei farmaci».