In vista della stagione autunnale,
torna a scaldarsi la partita del
rinnovo contrattuale per i
circa
3,2 milioni di dipendenti pubblici, bloccato da sette
anni. Pur tra la tagliola dell'equilibrio dei conti pubblici e
la scure della "non crescita", per un rinnovo triennale
servono
a regime 7 miliardi di euro: "questa è la cifra che il Governo
deve mettere sul piatto della bilancia, diversamente sarebbe
ragionare sul nulla" avverte Nicola Turco, segretario generale
Uilpa. D'altra parte i dipendenti pubblici scontano un
arretramento salariale che non ha uguali, osserva Maurizio
Bernava, segretario confederale della Cisl, "pur con forti
differenze tra i vari comparti,
ogni lavoratore pubblico ha
perso dal 2008 una media di 2.500 euro lordi l'anno, pari a
150
euro netti al mese, circa 220-230 euro lordi.
"Che le risorse, a legislazione vigente, ci siano non è un
mistero - prosegue Turco - lo ribadiamo: agire sulla politica
dei bonus, sulle consulenze esterne nella P.A., sulla
reinternalizzazione dei servizi, sul sistema degli appalti e
degli acquisti e restituire anche ai lavoratori il frutto del
lavoro compiuto con la lotta all'evasione fiscale". E le notizie
sulla frenata del Pil non "possono fare da apripista -
sottolinea Uilpa - a nuove fumate nere sulla disponibilità delle
risorse necessarie alla ripresa della contrattazione, perché ciò
genererebbe una frattura insanabile, rendendo inevitabile
l'apertura di un grave conflitto, che nessuno vuole in quanto
dannoso per tutti, a iniziare dalla funzionalità del servizio
pubblico e dalle esigenze della collettività".
"Il pubblico impiego è l'unico settore che ha subito dal
2008 un arretramento salariale, pari a una media del 13-15% in
busta paga. È la prima volta che accade" afferma Bernava,
responsabile Cisl del pubblico impiego, convinto che "sarebbe
un grave errore bloccare i contratti a vita. Al contrario, il
governo deve fare uno sforzo sulle risorse, i 300 milioni messi
sul piatto sono pochissimi, a fronte dell'introduzione di tutti
gli elementi di innovazione contrattuale. Nessuno qui vuole
aumenti a pioggia".
In vista della ripresa del confronto con l'Aran, previsto per
la prima decade di settembre, dopo le 'aperturè da parte del
governo, "un segnale diverso sarebbe importantissimo - conclude
Bernava - anche sul piano della spinta ai consumi".
Intanto, l'associazione dei consumatori Codacons annuncia una
class action per compensare il mancato adeguamento economico
subito dai 3,2 milioni di dipendenti pubblici: 10.400 euro a
testa, per il periodo tra il 1 gennaio 2010 e il 30 luglio 2015,
"oltre 33 miliardi da restituire a 3,2 milioni di lavoratori"
dice annunciando il ricorso collettivo al Tar del Lazio, e
ricordando la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015 della Corte
Costituzionale sull'illegittimità del regime di blocco del
rinnovo della contrattazione collettiva per il personale
pubblico dipendente (Legge n. 122/2010). Illegittimità limitata
però al periodo successivo alla pubblicazione della sentenza
stessa, ossia dal 30 luglio 2015.
"A distanza di oltre un anno dall'esecutività della sentenza,
nulla è stato fatto - dice il Codacons - e milioni di pubblici
dipendenti attendono ancora il rinnovo del contratto".