François Hollande mette la pietra tombale sull’idea della Commissione Europea di quote obbligatorie per ridistribuire i richiedenti asilo in tutta l’Ue ieri? Molti hanno letto così le parole del presidente francese, in visita a Berlino dal cancelliere Angela Merkel, che invece è a favore delle quote. «È fuori questione – ha dichiarato ieri Hollande – che vi siano quote di immigrati perché abbiamo regole» che riguardano «il controllo delle frontiere e delle politiche di gestione dell’immigrazione». Attenzione però: la parola chiave usata da Hollande è «immigrati». E la Commissione non ha mai proposto di ridistribuire «migranti», ma, appunto, esclusivamente i profughi particolarmente bisognosi di tutela internazionale. In merito, Hollande è stato molto più disponibile: «Quando vi sono rifugiati - ha detto - che vanno sempre negli stessi paesi, la Germania, in Francia, in Svezia, dobbiamo far sì che altri paesi possano ugualmente esser coinvolti, è quello che si chiama ripartizione». «Non ho visto un no di Hollande - ha commentato, non a caso, il primo vicepresidente della Commissione Frans Timmermans - ho visto domande sulle quote. Proveremo a trovare delle soluzioni. La strategia non è a rischio». E una portavoce della Commissione ieri ha insistito che l’esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker, «può contare sul sostegno della Francia alla proposta di un sistema obbligatorio di distribuzione ma limitato nel tempo e in condizioni di emergenza e solo per i richiedenti asilo».«"Nella sostanza - hanno spiegato poi fonti comunitarie - Parigi ha solo dei problemi con la parola "quota"». Qualche aggiustamento, insomma, ci sarà. «Lavoriamo assieme agli Stati membri - ha detto la portavoce - ci saranno dei dettagli da definire rispetto alla prima proposta della scorsa settimana». Non sarà un negoziato semplice, ma le linee per il compromesso forse si intravedono: una smussatura dell’obbligatorietà della ripartizione, con maggiore insistenza sui rimpatri dei migranti irregolari senza diritto all’asilo. Un punto evidenziato dallo stesso presidente del Consiglio Ue (che rappresenta gli Stati) Donald Tusk in un’intervista. «Sono realista - ha detto al quotidiano polacco Polska-The Times - e penso che prima di tutto dobbiamo lavorare su una nuova politica di rimpatri».