Governo. Conte vuol chiudere la verifica in dieci giorni
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza stampa di fine anno
Il primo giorno dell’anno, per la maggioranza che sostiene il governo di Giuseppe Conte, è solo una breve tregua. Il tempo di una fetta di panettone, prima di immergersi di nuovo nel mare agitato delle schermaglie fra Matteo Renzi e il premier, affatto contento di dover stare sulla graticola per via degli affondi del leader di Italia Viva. Se davvero quello di Renzi sia l’ultimo strappo, non è ancora possibile dirlo. Fra gli esponenti di governo, c’è chi ritiene che la strada sia ormai segnata e si aspetta a breve uno showdown renziano (che potrebbe tramutare la verifica di governo in una crisi politica tout court) e chi invece scommette su un’ulteriore ricomposizione.
Chi ipotizza la crisi, la descrive come incombente: archiviata la legge di Bilancio e messi in sicurezza i conti pubblici, il momento della verità potrebbe arrivare dopo l’Epifania, al massimo entro domenica 10. La frattura sul Recovery Plan è infatti ancora da sanare, visto che – secondo fonti renziane – «c’è un abisso» fra le proposte di Iv e la visione del governo. «Più costruttori di noi non c’è nessuno», rivendica il presidente di Iv Ettore Rosato, a chi lo pungola su possibili e velati accenni critici, nel discorso del capo dello Stato, rispetto al pressing del suo partito sul governo. «Nel discorso di Mattarella non c’è alcun passaggio che metta in discussione il nostro lavoro. Noi stiamo presentando le nostre proposte per il futuro dell’Italia – argomenta Rosato –, perché siamo preoccupati che non si perda tempo e non si disperdano energie. È il compito della politica». Inoltre, aggiunge, «strattonare il presidente della Repubblica in un senso o nell’altro non è mai un buon lavoro». I nodi, comunque restano. O meglio, i punti che Renzi ha definito «irrinunciabili»: dall’attivazione del Mes al piano per le infrastrutture fino alla delega ai Servizi di intelligence (che il premier continua a tenere per sé) e al no alla struttura sulla Cybersecurity.
Insomma, il clima rimane teso e i possibili sbocchi della crisi incerti: rimpasto (se dovesse bastare per ricomporre la frattura) o Conte-ter; governissimo; elezioni anticipate (ipotesi che tutti in realtà temono, in piena emergenza Covid). Dal Quirinale, il capo dello Stato segue l’evolversi della situazione. I 'pontieri' (fra loro il ministro dem Dario Franceschini) sarebbero all’opera, ma i margini per evitare una crisi al buio non appaiono ampi. Di fronte alle frecciate renziane, Conte non si è scomposto, avvertendo chiaramente come – qualora dovesse venire meno la fi- ducia di una delle forze che sostengono il suo governo – l’unica strada per lui resti quella di andare in Parlamento e sottoporsi al voto di fiducia. Solo allora si capirà se il premier può contare sul sostegno di altri parlamentari in grado di sopperire alla mancanza dei voti finora garantiti da Iv.
Dall’opposizione di centrodestra, il segretario leghista Matteo Salvini si limita a dire che «l’Italia merita di più di finire l’anno e iniziare quello nuovo con le beghe fra Conte e Renzi». Mentre la presidente di Fdi Giorgia Meloni incalza: «Il mio principale proposito per il 2021 è mandare a casa il governo Conte e andare a elezioni. Ho proposto al centrodestra di presentare una mozione di sfiducia in Parlamento. Vediamo chi vuole mandare a casa questo governo e chi no». L’unica finestra, conclude Meloni, «per poter votare è nei prossimi sei mesi. Poi c’è il semestre bianco».