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Politica. Conte licenzia Beppe Grillo. Per il Movimento 5 Stelle è la fine di un'era

Matteo Marcelli giovedì 24 ottobre 2024

La decisione è di quelle che non consentono la retromarcia, le implicazioni politiche ancora tutte da decifrare, ma alla fine Giuseppe Conte l’ha presa. L’ex premier non rinnoverà il contratto di consulenza da 300mila euro che lega Beppe Grillo al Movimento. La notizia è arrivata nel modo più inaspettato, le anticipazioni del nuovo libro di Bruno Vespa, da dove però è rimbalzata in modo un po’ fuorviante. Si è parlato di rescissione, ma non è così.

«La consulenza è ancora in vigore», ha fatto sapere lo staff del fondatore, e in effetti è vero. L'entourage del presidente pentastellato, non a caso, conferma, ma spiega anche che Conte non la rinnoverà, pur non essendo in grado di dire quando scadrà per via delle clausole di riservatezza del contratto. Nella sostanza cambia poco, la fuga in avanti del presidente è un dato di fatto e al di là della possibile battaglia legale che seguirà, suggella una rottura che più definitiva di così è difficile immaginare. Le motivazioni le ha date lo stesso Conte nell'intervista nel volume di Vespa: «Qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile. Umanamente Conte sono molto colpito da come si comporta. Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità».

Lo scontro ha radici lontane: «Già in passato Grillo ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti - ricorda l'ex premier - ai quali non ho dato peso perché su tutto prevalevano gli interessi della comunità». La pazienza di Conte si è però esaurita quando gli attacchi del fondatore hanno colpito il progetto di rilancio del Movimento e l'assemblea costituente (tutt'ora in corso) ed è proprio il ruolo di consulente della comunicazione del garante ad aver dato a Conte il pretesto per lo strappo finale: «Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale. Ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto. Ma io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione». Il contratto, insomma, era «un compromesso», che sfruttava «la nota abilità comunicativa» dell'ex comico «per rafforzare l'immagine del movimento». Ma ora, «di fronte a un processo costituente che ha coinvolto l'intero movimento, Grillo sta portando avanti atti di sabotaggio compromettendo l'obiettivo di liberare energie nuove».

Fin qui i fatti, resta da capire cosa accadrà adesso. Sul piano politico vanno presi in considerazioni due aspetti, quello parlamentare e quello legato alla base. Deputati e Senatori dovrebbero essere tutti o quasi con Conte. In fondo lo hanno già dimostrato con le numerose dichiarazioni seguite alla lite epistolare iniziata con il lancio della rifondazione del Movimento da parte del presidente. E poi parliamo di parlamentari che si tagliano lo stipendio, che non accettano grandi donazioni, solo microfinanziamenti, e il cui capo politico è stato al vertice senza prendere una lira per diverso tempo. La fine di un contratto da 300mila euro per una singola persona, per quanto importante come Grillo, non gli farà stracciare le vesti.

E la base? Qui le cose si complicano. Grillo resta l’uomo capace di infiammare gli animi e dietro al quale continua a muoversi una nutrita serie di ex che hanno fatto la storia dei 5 stelle. Difficile capire quanto la nuova linea di Conte potrà sostituire quel carico di pathos rendendo ininfluente l’uscita di scena del fondatore. Molto si capirà il 23-24 novembre, quando si voterà per la nuova costituente e quindi sulla fine di elementi finora costitutivi del Movimento, come la regola dei due mandati, le alleanze, lo stesso simbolo, forse anche il nome.

Certo è che il cammino verso una struttura-partito sembra ormai irreversibile. L'organizzazione territoriale è uno dei primi obiettivi del nuovo corso immaginato da Conte e anche la possibilità di non imporre lo stop dopo due mandati a individualità riconoscibili e di comprovato appeal elettorale si avvicina a un'idea più tradizionale di fare politica. Persino la decisione di affidare l'annuncio della rottura alle anticipazioni del libro di Vespa è un segnale in questa direzione. In fondo il giornalista Rai è tra i più iconici rappresentanti di quell'establishment mediatico così inviso ai grillini della prima ora. Lasciare alla sua cassa di risonanza, più o meno involontariamente, il compito di comunicare un passo del genere non è irrilevante.