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Crisi. Conte: «Ora si volta pagina». E alla Camera fiducia al governo con 321 sì

Eugenio Fatigante lunedì 18 gennaio 2021

Alle 20.45 si è conclusa la votazione di fiducia al governo Conte, dopo una interminabile giornata che si è aperta poco dopo mezzogiorno con il discorso del premier alla Camera. 321 deputati hanno votato a favore, 259 contrari e 27 astenuti. Il margine dunque è abbastanza ampio. Più delicato il passaggio di domattina al Senato, dove i numeri sono ben diversi.

Il governo Conte II, dunque, ha ottenuto la maggioranza assoluta, fissata a 315, superandola per 6 voti. Il 'soccorso' è arrivato dagli ex M5s del gruppo Misto non iscritti ad alcuna componente: sono in tutto 8 gli ex pentastellati che votano a favore dell'esecutivo. In aiuto del governo è arrivato anche il sì della deputata di Forza Italia Renata Polverini, che ha annunciato l'addio al partito, e il voto (annunciato) favorevole della renziana Rostan. In tutto, i voti extra maggioranza, sono 10: 8 ex M5s, 1 Forza Italia, 1 Italia viva.

Martedì alle 9.30 si replica nell'aula del Senato, con le comunicazioni di Conte sulla crisi politica in atto che come oggi dovrebbero durare circa un'ora. Dopo due ore di discussione generale ci sarà alle 12.30 uno stop dei lavori per la sanificazione dell'aula, per poi riprendere alle 13.30 e fermarsi nuovamente alle 16.30. Alle 17.30, dopo un'ulteriore ora di pausa, è prevista la replica del premier cui seguiranno le dichiarazioni di voto che andranno avanti per circa un'ora e mezza. Alle 19.30 dovrebbe iniziare il voto che dovrebbe durare circa 45 minuti e concludersi entro le 20.30.

Il discorso alla Camera del premier Conte

La rivendicazione di un governo nato su «una solida vocazione europeista». È partito da qui Giuseppe Conte alle 12 e 13, quando ha cominciato nell'aula della Camera il discorso, durato 55 minuti e interrotto da una dozzina di applausi (uno dei più forti quando ha ricordato il prossimo avvio dell'assegno unico per i figli) che ha avviato i due giorni più affannosi del suo secondo governo e che lo condurranno alla resa dei conti attesa domani in Senato, dove i numeri sono più traballanti.

QUI IL TESTO DELL'INTERVENTO

Conte ha detto di potere «parlare a testa alta» e «non per arroganza di chi ritiene di non aver commesso errori», ma «per la consapevolezza di chi ha operato con tutte le energie fisiche e psichiche per la comunità nazionale». Il premier ha sottolineato l’importanza che ha avuto la maggioranza in questi mesi difficili, «anche nei passaggi critici». Ha poi rivendicato di avere improntato tutta l’azione dell’esecutivo all’esigenza di affrontare l’emergenza sanitaria e di avere, con «una scelta politica», stanziato più di 100 miliardi di euro per dare assistenza ai cittadini e alle categorie professionali. Quanto ai provvedimenti restrittivi, ha sottolineato, è «solo tutelando la salute dei cittadini è possibile preservare il tessuto produttivo».

Dopo questa premessa, tuttavia, Conte non ha eluso i nodi politici. E, smentendo le previsioni della vigilia, ha riservato toni duri per il processo avviato da Italia Viva di Matteo Renzi. Ha affermato che questa crisi di governo «avviene in una fase cruciale del Paese. Confesso di avvertire un certo disagio - ha proseguito -, sono qui oggi non per annunciare nuovi aiuti, ma per provare a spiegare una crisi di cui immagino i cittadini - ma, debbo confessare, io stesso - non ravvisano alcun plausibile fondamento. Le nostre energie dovrebbero essere sempre tutte concentrate sulle risposte alla crisi, mentre così appaiono dissipate in contrappunti polemici, spesso sterili. Rischiamo così tutti di perdere contatto con la realtà. C'era davvero bisogno di aprire una crisi politica in questa fase? No».

Il presidente del Consiglio ha quindi aggiunto che nelle ultime settimane «abbiamo compiuto ogni sforzo per evitare che questa crisi, ormai latente, potesse esplodere». Ma non è stato possibile per i «continui rilanci concentrati sui temi più divisivi tra le forze di maggioranza». Si tratta di una situazione che crea «profondo sgomento nel Paese e rischia di provocare danni notevoli, non solo perché ha fatto salire lo spread, ma per gli effetti sulle cancellerie europee. Non si può cancellare quel che è accaduto», ha proseguito ancora, ma «non si può pensare di recuperare il clima di fiducia per poter lavorare tutti insieme. Adesso si volta pagina».

L'unica apertura il premier l'ha fatta sulla delega ai servizi segreti, punto fortemente contestato da Iv (e anche dal Pd), annunciando la sua rinuncia assieme a quella (scontata) al ministero delle Politiche agricole di cui ha preso l'interim e la scelta di nominare un delegato all'intelligence, «persona di mia fiducia». Conte ha poi rilanciato le riforme istituzionali, altro tema attualmente fermo, promettendo «una riforma elettorale di impianto proporzionale». E ha fatto un appello ai "responsabili", da lui ribattezzati «volenterosi»: «Chiedo un sostegno trasparente alle forze parlamentari volenterose, che si collocano nel solco delle tradizione europeista: liberale, popolare, socialista». Un appello ripreso nelle parole finali: «Aiutateci a ripartire con la massima celerita', aiutateci a rimarginare al più presto la ferita che la crisi in atto ha prodotto nel patto di fiducia instaurato con i cittadini», rimediando a un atto «di grave irresponsabilità».