Coronavirus. Il premier Conte: «Si riparte, rischio calcolato»
Il premier Conte
L’ennesima giornata infinita di Giuseppe Conte si conclude davanti a cronisti in carne e ossa, e non collegati in modo virtuale, convocati nel cortile di Palazzo Chigi per presentare l’ultimo Dpcm, quello che regola la vita del Paese, delle persone e delle imprese, da domani al 2 giugno. E che lì si ferma sostanzialmente, perché il passaggio ulteriore, la ripresa della mobilità tra le Regioni a partire dal 3 giugno, sebbene auspicata, al momento è ancora sub iudice.
Le parole del presidente del Consiglio arrivano a fare sintesi tra un decreto legge appena varato, l’analisi epidemiologica giunta sul filo del rasoio da parte del ministero della Sanità e, appunto, un Dpcm atteso subito in Gazzetta per consentire alle Regioni, oggi, di varare le loro ordinanze. Tutto di corsa, nella consapevolezza che bar e ristoranti, negozi, parrucchieri e balneari, riceveranno le regole ufficiali poche ore prima di rialzare le serrande domani mattina. E con la consapevolezza, soprattutto, espressa anche dal premier Conte, che né le riaperture né i ristori del dl rilancio (possibile oggi la pubblicazione in Gazzetta) elimineranno il «forte disagio sociale ed economico che non finirà».
Tuttavia, il primo concetto che Conte vuole comunicare al Paese è che quello di domani è un «rischio calcolato». Nonostante, come lui stesso ammette, la Regione–chiave, la Lombardia, sia considerata dal report Salute–Iss «a rischio moderato». Ripartiranno lo stesso, i lombardi e tutti gli italiani, ma con una chiara «responsabilità» dei governatori e dei sindaci, e con la clausola, definita nel decreto, che assegna al governo la facoltà di chiudere singole aree in qualsiasi momento.
Le prospettive, nelle parole di Conte, si allargano anche oltre domani. Il 25, annuncia il premier, ripartono piscine, palestre e impianti sportivi. Il 15 giugno, ultimi della filiera, riapriranno teatri e cinema e inizieranno i centri estivi per i bambini. Un “passo dopo passo” dovuto a «dati incoraggianti» che consentono di «cominciare ma con prudenza». Sarà nel caso la clausola di supremazia statale la chiave per arginare sul nascere possibili aumenti della curva epidemiologica.
Quando però i giornalisti incalzano su alcuni nodi della fase 2, come le mascherine e il ruolo del commissario Domenico Arcuri, Conte si innervosisce: «La prossima volta chiamo lei…», dice il premier al cronista difendendo il manager chiamato a gestire gli approvigionamenti. Ha fatto un lavoro «incredibile», dice Conte, considerando che all’inizio «non si trovava un ventilatore». L’altra difesa significativa dell’avvocato–premier è quella a favore di Fca e della richiesta del management di 6,3 miliardi di prestiti garantiti, nonostante la sede legale sia nella più conveniente Olanda. «Il lavoro è in Italia», spiega Conte. Il premier rassicura anche sulla sperimentazione a giorni di Immuni e sull’avvio dei primi 150mila test seriologici. E dribbla i «chiacchiericci politici», chi prova a «dare spallate» al governo.
Lo fa indicando il nuovo obiettivo: un decreto semplificazioni in 15 giorni, in realtà un decreto sblocca cantieri che è già oggetto di una guerra sotterranea tra le diverse ricette di M5s, Pd e Italia Viva. In sostanza, il punto è stabilire procedure veloci e in deroga al Codice degli appalti per un gruppo di opere strategiche in grado di muovere Pil. Conte annuncia che il nuovo dl conterrà anche norme di diritto societario per convincere i “campioni nazionali” a tenere la sede in Italia, anche contrastando il “dumping fiscale” operato da Paesi, appunto, come l’Olanda. E fa capire che se qualcuno di questi “campioni” avrà difficoltà lo Stato interverrà per tenerle in piedi. Cosa che potrebbe accadere, anche perché lo strumento adottato per salvare le imprese, il dl–liquidità, è diventato, dice Conte, «un cruccio». Ma queste saranno anche battaglie europee, da condurre di pari passo con quella per vedere su carta intestata il “Recovery fund.