Strasburgo. Il premier Conte sotto attacco al Parlamento Europeo
Per la sua "prima" al Parlamento Europeo Giuseppe Conte non si aspettava certo un cadeau di benvenuto né un’accoglienza particolarmente calorosa. Del resto, le attese del premier sul trattamento in serbo per lui e sul clima che avrebbe trovato alla plenaria di Strasburgo non erano delle migliori. Mai, tuttavia, il presidente del Consiglio avrebbe immaginato di ricevere, in un emiciclo semideserto, un attacco politico trasversale tanto fragoroso da fargli rimpiangere le forti divisioni dentro il governo tra M5s e Lega.
Altro che «operazione disgelo» di cui si vociferava alla vigilia, insomma. Per quasi tre ore in Aula è andato in scena un "tutti contro uno". Conte assomiglia a un pugile messo all’angolo del ring, provato da ganci ripetuti e qualche colpo basso a cui non ha replicato prontamente, alla prima occasione utile, ma a fine dibattito e dopo una "sollecitazione" del suo staff a non lasciare senza risposta alcune accuse, in particolare quelle personali. A "processare" il capo dell’esecutivo gialloverde sono i capigruppo delle principali forze politiche europee: dal Ppe ai Socialisti e Democratici passando per l’Alde. I "capi di imputazione" sono i più svariati: dalla crisi diplomatica sull’asse Roma-Parigi al mancato riconoscimento di Juan Guaidó, dalla "vicinanza" a Vladimir Putin alla gestione della crisi migratoria.
Il tiro a bersaglio bipartisan parte dopo un corposo intervento in cui Conte sprona l’Europa perché sia vicina ai popoli e punti su occupazione e crescita. L’affondo più violento è quello del leader dei liberali dell’Alde, Guy Verhofstadt: «Per quanto tempo ancora sarà il burattino mosso da Di Maio e Salvini? Io amo l’Italia ma oggi mi fa male vedere la degenerazione politica di questo Paese». Una stoccata a cui, dopo una lunga fase di riflessione, il premier ribatte in modo secco in chiusura di dibattito: «Non sono e non sarò un burattino, forse lo è chi risponde a lobby e comitati d’affari».
Ma il fronte critico nei sui confronti è molto più ampio. Non ci va leggero sul piano dei contenuti neanche il leader dei Socialisti al Parlamento Ue, Udo Bullmann, riferendo del suo recente viaggio a Catania durante lo stallo sulla Sea Watch: «Non è questa l’Italia che conosciamo, l’Italia che conosciamo è quella di Spinelli». Sull’immigrazione anche il presidente dell’Eurocamera Antonio Tajani, ha chiesto al capo del governo «un ulteriore impegno nelle prossime riunioni del Consiglio affinché vengano accettate le proposte del Parlamento Ue, magari trovando qualche compromesso sulla riforma di Dublino».
Conte, tuttavia, ha difeso la linea dura dei gialloverdi: «Il mio governo ha deciso una linea di maggiore rigore, lo diciamo a testa alta perché abbiamo ritenuto che questa fosse l’unica strada efficace». Forse meno effervescenti, ma comunque severe anche le parole del presidente del gruppo Ppe, Manfred Weber: «La mancanza della crescita è una vostra responsabilità», dice dopo aver definito «buono» il bilaterale con Conte. Durante la giornata diversi esponenti del Ppe, attraverso il premier, hanno mandato messaggi a Salvini: «Mai un accordo con lui dopo le Europee».
Non si ricorda un trattamento così duro riservato a un primo ministro italiano. Salvini dall’Italia tuona: «Che alcuni burocrati europei si permettano di insultare il presidente del Consiglio, il governo ed il popolo italiano è davvero vergognoso. Preparate gli scatoloni, il 26 maggio vi manderanno a casa». In aula Tajani è costretto in più occasioni a richiamare a un linguaggio consono gli eletti. A chi definisce «vergognoso» il fuorionda con Angel Merkel durante il vertice di Davos, Conte risponde ricordando gli "apprezzamenti" di Silvio Berlusconi nei confronti della cancelliera tedesca. «Vorrei ricordare - si difende il premier nella replica -, a chi ha osato vergognarsi pubblicamente per mio conto che forse c’è stato in passato un esponente di un partito che ha ben altri record rispetto alla cancelliera Merkel in termini di apprezzamenti».
E pensare che la visita di Conte a Strasburgo sembrava partita col piede giusto grazie a un bilaterale con Jean Claude Juncker definito da entrambe le parti «buono e costruttivo» con un appuntamento fissato in agenda per il primo aprile a Roma. A sera, però, Conte è convinto di non aver ricevuto una "cura" simile a quella riservata a qualche suo predecessore: «No, non mi hanno trattato come Berlusconi».