Crisi. Conte chiama Renzi: «Ce l'hai con me?». Le condizioni "dure" dell'ex premier
La delegazione di Italia viva con Matteo Renzi, Teresa Bellanova, Maria Elena Boschi e Davide Faraone.
Controvoglia e quasi fuori tempo massimo, spinto dal pressing incrociato e insistente dei pontieri pd e 5s, Giuseppe Conte cerca sul suo smartphone personale il numero di Matteo Renzi, gli manda un messaggino e, ricevuta una risposta incoraggiante, lo chiama.
Non manca molto alla salita di Italia Viva al Quirinale, il tempo per riscrivere una difficile relazione politica è oggettivamente poco, a fronte dei mesi passati - entrambi - a giocare a scacchi. «Matteo – è il passaggio più intenso di Conte –, mi dici cos’hai contro di me? Sembri mosso da motivazioni personali».
Dall’altra parte della cornetta Renzi sorride, sente aria di rivincita e gli dà la risposta che poi svela all’Italia al termine del suo colloquio con Mattarella: «L’ho detto al premier dimissionario quando ci siamo sentiti – dice l’ex premier ai cronisti –: Iv non ha problemi personali, non ci sono elementi caratteriali contro di lui».
Ci sono, invece, «enormi problemi politici». Non ultimo, il tentativo di costruire una maggioranza senza Iv. «Ti toccherà diventare vegano», scherza Renzi con riferimento alla dieta del senatore Ciampolillo, divenuto da alcuni giorni l’"icona" dell’operazione-responsabili. Ma prima ancora, contano le «mancate risposte» su numerosi dossier aperti: Mes, Recovery e giustizia in testa. In trenta minuti di colloquio, la polemica non manca ma nessuno dei due alza i toni sino alla rottura.
Mastica amaro, Conte. Le risposte di Renzi al suo tentativo estremo di conciliazione erano prevedibili. Quantomeno, il premier dimissionario sperava di poter strappare un «sì» all’incarico, di modo da dirimere poi le questioni in un faccia a faccia privato. Il «sì» Renzi non l’ha regalato, lasciando nelle mani di Mattarella l’opzione di un mandato esplorativo a una persona "terza" tra i due contendenti.
Comunque uno smacco all’avvocato, con M5s impossibilitato ad alzare la voce se l’"esploratore" fosse Roberto Fico.
È vero pure che Renzi non ha messo giù il telefono frettolosamente. I toni sono stati rispettosi, cordiali per quanto freddi perché i due difficilmente riusciranno a "prendersi". L’ex premier sa di avere ormai una golden share, ma sa pure che di strappi ne ha fatti tanti, nelle ultime settimane, chiedendo ai suoi gruppi parlamentari una lealtà e una fiducia ai limiti dell’impossibile.
Sa anche, Renzi, che M5s è un filo sottile e a tratti irrazionale che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. E poi, è l’altro ragionamento, il gruppo degli "europeisti" è una fisarmonica che può aprisi o chiudersi a seconda che venga percepito dai parlamentari il rischio di elezioni anticipate. Insomma l’azzardo sta riuscendo, ma forse è arrivato il momento di ritirare il piatto.
Forse. Perché Renzi è Renzi. Anche ieri in fondo ha spiazzato dando in pasto alla stampa la telefonata con Conte. Di certo, ora le sue condizioni per avallare un eventuale Conte-ter sono pesanti.
Il Mes «parziale», innanzitutto. Dieci, dodici miliardi del prestito sanitario per rompere il grande tabu del Conte-2. E un rimpasto non totale ma mirato su pezzi pesanti. Con un obiettivo grosso: il ministero dell’Economia, la poltrona ora occupata da Roberto Gualtieri e centro nevralgico del Recovery plan italiano.
La voce è che Renzi proporrebbe Mario Draghi al Tesoro scrivendo sin da ora un percorso che porterebbe l’ex governatore della Bce al Quirinale. Ma chi può escludere che l’ex premier non pensi se stesso al Mef? In ogni caso passerebbe soprattutto da lì – ma non solo, anche dall’Istruzione, dalla Giustizia e dal Lavoro – la «discontinuità» reclamata da Iv.
Mentre sarebbero al riparo da ogni scossone le caselle decisive della lotta alla pandemia: la Salute, gli Affari regionali e gli Affari Ue. Nessuno si sognerebbe in questa fase di toccare Roberto Speranza, Francesco Boccia ed Enzo Amendola. Meno al riparo, invece, il supercommissario Arcuri, anche se la situazione sconsiglierebbe cambi in corsa.
Il punto è che l’ex premier un piano B ce l’ha. Conte, invece, è aggrappato a una trattativa dura con Renzi negata sdegnosamente sino a pochi giorni fa. E di fatti in certi momenti Conte non esclude nemmeno un passo indietro da «statista» per favorire lo sblocco della crisi. È costretto a ripensarci quando gli fanno vedere gli indici di popolarità rimasti intatti nonostante la crisi e, soprattutto, gli mostrano il tormento dei gruppi 5s.