L'ora della verità si avvicina. Napolitano e Bersani saranno faccia a faccia domani alle 18. Il segretario Pd sarà l’ultimo nella lista delle consultazioni. E salirà al Colle molte ore dopo Grillo (e forse Casaleggio) e il ticket Berlusconi-Maroni, intenzionato a mostrarsi unito e compatto dopo le voci che davano la Lega disposta a sostenere un esecutivo di centrosinistra. Anche nel calendario fissato da Napolitano, dunque, si restituisce plasticamente l’idea che molto si deciderà nell’ultimo colloquio di giornata.Il nodo è ormai chiaro. Bersani è deciso: «Voglio un mandato pieno. Voglio presentarmi davanti al Parlamento perché l’Italia veda chi dice "si" e chi dice "no" ad un piano di riforme radicali, a partire dai costi della politica». Il punto di partenza, dunque, sono gli otto punti votati dalla direzione Pd tenutasi subito dopo il voto, in cui si concordò che ci si presentava alle Aula «senza reti di protezione», e dopo «chi ci sta ci sta». Ma Napolitano è dubbioso. Alla luce della crisi cipriota e della nuova impennata degli spread, vorrebbe tenere fermi tre paletti: «no» ad avventure pericolose, «sì» a numeri certi e tempi brevi. I primi due punti richiedono che le formazioni politiche che vogliano sostenere il tentativo di Bersani debbano formalizzarlo attraverso un atto politico chiaro. Il terzo punto consiste in un timing entro cui chiudere le consultazioni con le forze politiche e restituire una risposta certa: sette giorni, non di più.Il Colle comprende le conseguenze di un «no» preventivo a Bersani (l’immediata spaccatura del Pd), e dunque sarebbe disposto a concedere un primo via libera per sondare le forze parlamentari. Ma non sembra disponibile a mandare il segretario Pd a sbattere contro le Aule, non vuole rinunciare ad un secondo tentativo, la formazione di un governo del presidente. I tempi - dicono dal Colle - ci sono tutti. Le vere procedure di elezione del nuovo capo dello Stato, infatti, inizieranno intorno al 22-23 aprile (e non il 15), perché prima sono da eleggere i rappresentanti delle regioni. Un messaggio mandato a chi pensava di poter perdere tempo e aspettare il nuovo presidente.Intanto Bersani lavora senza tregua. Nel suo schema bisogna prima provare di tutto con M5S. Domani il capogruppo al Senato Zanda cercherà di intavolare un’ultima trattativa a partire dagli incarichi istituzionali a Camera e Senato, ma i grillini prima hanno preteso la diretta streaming, poi sono rimasti nel vago. Segnale che arriveranno nuovi «no» ad una fiducia al governo-Bersani. E non ce n’era bisogno. Ieri bastava ascoltare il controllore inviato da Grillo a Roma, Messora, per capire che aria tira. L’unica pallida apertura è all’ipotesi che Bersani si faccia da parte come premier e lasci spazio ad «alte personalità». Ma il segretario è disposto ad un passo indietro? Ad esempio lasciando che a provare a formare l’esecutivo sia il presidente del Senato Grasso, l’unico ad aver sminato il campo grillino?In ogni caso, consumato il tentativo con M5S, la seconda possibilità per raggiungere (fragilissimi) numeri al Senato è stringere un accordo con Monti e la Lega, i più sensibili, in questo momento, al rinvio della data del voto. Ma anche questa è un’incognita.Da oggi qualche idea si schiarirà. Stamattina sono attesi al Colle i presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, poi arriveranno i leader e i capigruppo delle minoranze, dei gruppi misti, di Sel e Scelta civica. Domani alle 9.30 l’anomala ascesa al Colle di Grillo (atteso anche il guru Casaleggio), poi tocca a Pdl-Lega. Penultimo passaggio, alle 12.15, con il presidente emerito della Repubblica Ciampi, di cui Napolitano ha grande fiducia. Dopo quasi sei ore, alle 18, il faccia a faccia decisivo con Bersani.