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Il voto. Sulla Consulta la maggioranza è senza numeri. Scontro con le opposizioni

Roberta D'Angelo martedì 8 ottobre 2024

Il tabellone di Montecitorio durante la votazione

Ci riproveranno e sempre con lo stesso nome. Il prossimo giudice della Corte Costituzionale per il centrodestra sarà Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni. E non si aspetterà dicembre, quando scadranno altri tre mandati e si potrebbe procedere con un accordo, secondo la logica a “pacchetto”, che lascia spazio anche a nomi indicati dalle opposizioni. Secondo le indiscrezioni dai banchi della coalizione di governo, potrebbero esserci anche altre due votazioni da qui a fine anno. Se dovessero fallire ancora, del “pacchetto” dei quattro giudici mancanti, la maggioranza se ne sceglierà tre e lascerà alle opposizioni un solo nome da decidere, tanto per aprire una nuova falla tra gli avversari e mettere un contro l’altro i diversi partiti della minoranza.


Cala così il sipario, tra rabbia e rivendicazioni, accuse e delusioni soprattutto in FdI, sull’ottava votazione a vuoto per reintegrare il giudice mancante della Consulta. Furiosa, Meloni resta a Palazzo Chigi, quando dalla Camera arriva la conferma che non ci saranno i voti, si sfoga con il suo staff e getta accuse sulle opposizioni, colpevoli, dice, di venir meno a un adempimento costituzionale. Ma per il centrosinistra è il giorno della vittoria: «Dopo questo passaggio , con la nostra compattezza che li ha fermati, mi aspetto che il dialogo si apra. Poi vediamo come andrà», tira il fiato Elly Schlein, che in poche ore stoppa quello che definisce il «tentato blitz» della presidente del Consiglio, evita accordi sottobanco dalle forze di opposizione e offre una nuova prova a M5s, Avs, Iv, +Europa e Azione di quanto si può fare stando uniti.

Il Parlamento in seduta comune, dunque, fa registrare un nulla di fatto. Di prima mattina si riuniscono singolarmente i gruppi delle opposizioni, per decidere in che modo disertare il voto. Passa la linea dei 5 stelle (preferita anche da Azione), di entrare in Aula e non ritirare la scheda, che comunque consente di certificare la contrarietà al metodo, scelto dalla maggioranza, di procedere senza un confronto su quella che deve rappresentare una figura di garanzia. Tanto più che si tratta del consigliere di Palazzo Chigi che ha messo a punto la riforma sul premierato e che da giudice della Consulta dovrebbe decidere sulla costituzionalità dei ricorsi delle Regioni contro la legge per l’Autonomia differenziata e poi sull’ammissibilità del referendum. Alle 11 il quadro appare chiaro. Il centrodestra, che aveva sperato di raggiungere i 363 voti necessari per il quorum anche con qualche supporto dalle minoranze, si rende conto di non avere i numeri. E arriva l’indicazione di votare scheda bianca (saranno 323, 9 i voti dispersi e 10 le schede nulle). Gran parte dei deputati e senatori, precettati via social, sono già accorsi a Montecitorio. Qualcuno si rammarica di aver disdetto missioni o altri appuntamenti, qualcun altro non si prende la briga di raggiungere la Camera.

I capigruppo di centrodestra stilano una nota che diffondono immediatamente dopo la proclamazione del risultato. «È istituzionalmente imbarazzante l’atteggiamento delle forze di opposizione, che hanno trasformato in un ring di spartizione partitica un dovere così importante del Parlamento». L’accusa è di non avere rispetto per le istituzioni. Da più parti - soprattutto dentro FdI - si ricorda l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a colmare la lacuna e si scarica la responsabilità sul centrosinistra. Una posizione «ipocrita», replica la leader dem «perché non ci saremmo trovati qui oggi se rispettando la Costituzione e il proprio ruolo si fosse intavolato questo dialogo con le opposizioni prima». Da M5s, il leader Giuseppe Conte esulta: «Il blitz organizzato da Meloni in persona per consentire alla sola maggioranza di eleggersi il giudice costituzionale è fallito». E, assicura l’ex premier, mai il suo Movimento avrebbe fatto accordi sottobanco.