La Corte costituzionale ha finalmente i tre giudici che mancavano al suo plenum: il Parlamento ha infatti eletto mercoledì sera i tre candidati frutto dell'accordo tra Pd, M5s e centristi su una terna di giuristi, Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, indicati rispettivamente da Pd, pentastellati e centristi. I tre giuristi hanno ottenuto rispettivamente 581 voti, 609 e 585, superando così il quorum
richiesto. Un passaggio salutato con "profonda soddisfazione"
dai presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini. Esultano i 5
Stelle: "Vince metodo M5s". Sollevati i Dem che augurano buon
lavoro ai tre giuristi.
L'intesa è stata raggiunta grazie alla tessitura del
capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, di Danilo Toninelli di
M5s, e dei capigruppo di Ap, Pi e Sc. La situazione è stata
sbloccata in mattinata da Matteo Renzi che ha reciso forse
definitivamente il Patto del Nazareno. Una decisione che esclude
Fi, incapace per le sue divisioni di sostenere un proprio
candidato. Cosa che ha provocato ulteriori malumori tra gli
azzurri e l'ira di Silvio Berlusconi contro la maggioranza.
Il Pd, che ha il maggior numero di grandi elettori (413), già
venerdì aveva abbandonato Fi per cercare una intesa con M5s,
visto che il capogruppo azzurro Renato Brunetta insisteva sulla
candidatura di Francesco Paolo Sisto, sgradita alla minoranza
del Pd e non sostenuta da tutta Fi. La mozione di sfiducia
contro il ministro Maria Elena Boschi annunciata domenica da M5s
ha rallentato la trattativa, ma lunedì le pressioni del
Quirinale su tutti i gruppi a chiudere in tempi stretti, hanno
convinto Renzi: l'accordo con M5s andava fatto nonostante la
mozione, separando concettualmente l'intesa istituzionale dallo
scontro politico. Ragionamento questo su cui M5s ha esitato,
accettandolo poi martedì sera. La quadratura si è ottenuta grazie al nome di un giurista di alto livello espresso dai centristi (Ncd, Ucd, Sc, Pi) e accettato da M5s. Martedì sera il nome in pole è sembrato Pietro
Rescigno, ma la sua età avanzata (classe 1928) ha spinto a
orientare la scelta su Giulio Prosperetti, allievo di Leopoldo
Elia e Gino Giugni.
Fi rimane dunque tagliata fuori dagli accordi istituzionali
sulle elezioni degli organi costituzionali per la prima volta
dal 1994. "È molto grave - ha tuonato Silvio Berlusconi - che
la Consulta non abbia al suo interno nemmeno un giudice che sia
del centrodestra". Ma l'accusa può anche ritorcersi su
Fi. Infatti dal giugno 2014 il partito di Berlusconi non è
riuscito ad esprimere un candidato che sostituisse Luigi
Mazzella. A causa delle divisioni
interne gli azzurri hanno "bruciato" vari candidati anche quando il Patto
del Nazzareno era vivo e vegeto.
Per M5s, i cui gruppi parlamentari hanno approvato a
maggioranza, e non all'unanimità, l'accordo, è un passo
ulteriore verso l'ingresso nell'"arco costituzionale". Il suo
essere un movimento "antisistema" riguarda sempre più gli altri
partiti e meno le istituzioni. I parlamentari pentastellati
possono a ragione rivendicare la vittoria "del metodo M5S",
anche se questo passaggio non è stato apprezzato da tutti i
sostenitori, a giudicare dai social.