Il Consiglio di Stato ha bocciato
il modello scelto dalla Lombardia sulla fecondazione eterologa, che in
regione è a pagamento. È stato infatti accolto il ricorso di Sos
Infertilità che aveva chiesto di sospendere gli atti regionali in
materia, che prevedono il pagamento della sola eterologa, mentre la
fecondazione omologa viene garantita."L'esecuzione dei provvedimenti
impugnati è suscettibile di produrre l'effetto della perdita, da parte
di coloro che non sono in grado di sostenere l'onere economico ivi
previsto, della possibilità di accedere alle tecniche in parola dovuta
al superamento dell'età potenzialmente fertile durante il tempo
occorrente per la definizione del giudizio nel merito". È quanto
evidenzia il Consiglio di Stato, nell'ordinanza in cui ha bocciato la
decisione della Regione Lombardia di far pagare ai pazienti con
problemi di sterilità e infertilità il ricorso alla fecondazione
eterologa, mentre quella omologa è gratuita.
Secondo il Consiglio di Stato "il pregiudizio lamentato, il quale non
può essere ragionevolmente limitato ad aspetti puramente patrimoniali
in sé risarcibili, deve ritenersi dotato dei prescritti caratteri di
gravità e irreparabilità" e per questo "ricorrono i presupposti per
l'accoglimento" del ricorso presentato dall'associazione Sos
Infertilità onlus contro la Regione
Lombardia, per la riforma dell'ordinanza cautelare del Tar Lombardia.Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dalle consigliere di opposizione Lucia Castellano (Patto civico) e Sara Valmaggi (Pd). "La Lombardia è l'unica Regione a far pagare la fecondazioneeterologa ai cittadini con costi tra i 1.500 e i 4mila euro", hanno ricordato Valmaggi e Castellano, sottolineando che "dopo l'ordinanza del Consiglio di Stato per la giunta Maroni sarà sempre più difficile difendere la scelta dettata da mere ragioni ideologiche e non di salvaguardia della salute dei cittadini, di far pagare l'eterologa discriminando le coppie sul piano economico".
Movimento per la vita: no del governo a difesa della legge 40. "Sorprende e addolora la decisione della Presidenza del Consiglio di non intervenire martedì 14 davanti alla Consulta per difendere la legge 40/2004 nel ricorso promosso contro il divieto di accesso per coppie fertili che desiderano sottoporre preventivamente l’embrione a screening per escludere eventuali malattie genetiche" afferma Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita. "Sorprende, perché il governo smentisce in tal modo il dato politico di una legge approvata nel 2004 a larga maggioranza dal Parlamento e sottoposta anche alla prova referendaria.
"La politica lascia trasparire così una pericolosa subordinazione al potere giudiziario e lascia la legge indifesa di fronte ad un progressivo smantellamento a colpi di sentenze. Il primato della politica vorrebbe che, se si vuol cambiare una legge, lo si faccia nelle aule parlamentari ed alla luce del sole.
Addolora, perché prelude all’introduzione nel nostro ordinamento di un pericoloso principio di tipo eugenetico che neppure la stessa legge 194 sull’aborto aveva mai osato invocare. La possibilità di una selezione eugenetica rischia di contribuire al diffondersi di un’idea di società capace di accoglie i sani e i forti e non già i fragili e i malati. Tanto più quando nel nostro Paese diviene ogni giorno più difficile adottare bambini.
"Non esiste il diritto ad avere un figlio, ancor meno il diritto ad avere un figlio sano" conclude Gigli. "Non esiste un diritto all’autodeterminazione senza bilanciamento con la tutela dei soggetti fragili coinvolti nelle scelte, a meno che non si pretenda di non considerare più l’embrione umano come un essere umano".