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AGGUATO A FIRENZE. Don Paolo Brogi: sono salvo solo grazie alla fede

Andrea Fagioli lunedì 7 novembre 2011
«Non mi sarei mai immaginato una cosa del genere. Immediatamente non ho percepito di essere stato colpito, ma mi sono bastati pochi secondi per rendermi conto dell’accaduto. Ho avuto paura ma ho mantenuto abbastanza il sangue freddo. Penso che sia stata la fede a permettermi di stare sereno e tranquillo anche nel momento peggiore quando ho preso lo sparo addosso». Sono le prime parole ufficiali di don Paolo Brogi, il segretario dell’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, rimasto ferito da un colpo di pistola nell’agguato di venerdì scorso. Dal suo letto dell’ospedale di Santa Maria Nuova, nel centro storico del capoluogo toscano, don Paolo racconta del lento miglioramento, «anche se - ammette - ho ancora qualche problema a dormire e quando tossisco mi fa male la ferita, ma sento che faccio progressi».Il quarantaduenne sacerdote di Castelfiorentino si dice colpito dal tanto affetto della gente nei suoi confronti e profondamente «commosso per l’interessamento del Santo Padre».  «Mi arrivano continuamente – aggiunge – manifestazioni di solidarietà e stima da vescovi, sacerdoti e da tanta gente che neppure conosco, ma che mi aiutano a vivere questo momento. È proprio vero che anche dal male può nascere il bene. Sono davvero contento che non sia accaduto niente all’arcivescovo e spero di poter tornare presto alla vita normale».Sul fronte delle indagini, nel tentativo di dare un volto all’aggressore, don Paolo è stato sentito dal pm e dagli uomini della squadra mobile. Sentito nuovamente anche Betori. Entrambi, in maniera definita «puntuale e collaborativa», hanno raccontato di nuovo la dinamica precisando alcune circostanze, pur non apportando novità sostanziali rispetto a quanto già emerso. Confermata, in questo senso, la ricostruzione dei fatti sostanzialmente anticipata domenica da “Avvenire”. L’aggressore è entrato nel cortile dell’arcivescovado dopo l’arrivo dell’auto di Betori guidata dal segretario, il quale è sceso e si è diretto verso lo sconosciuto, che chiedeva di parlare con l’arcivescovo, e che, al rifiuto di don Paolo, ha estratto la pistola e ha sparato. Don Paolo non ha visto l’arma, ma solo il movimento del braccio, e ha sentito il rumore dello sparo, senza accorgersi di essere stato colpito. A quel punto, d’istinto, si è allontanato per chiamare la polizia («Il 118 lo hanno chiamato le suore, io mi sono preoccupato di chiamare subito la polizia»). In quei frangenti l’aggressore avrebbe gridato di voler sparare al vescovo, lo ha afferrato per un braccio e gli ha puntato la pistola alla testa. Betori ha sentito un rumore metallico (forse lo scarrellamento dell’arma) e ha risposto all’aggressore, che, con voce ferma, in un italiano senza accenti, gli diceva «Tu non devi dire... tu non devi fare…», rimanendo muto quando l’arcivescovo gli ha detto: «Parla, dimmi». A quel punto il portone automatico ha cominciato a chiudersi e, probabilmente, temendo di rimanere chiuso dentro, l’uomo è fuggito.