Attualità

REPORTAGE IN ABRUZZO. Con gli Alpini nei paesi isolati da muri di neve

Alessia Guerrieri martedì 7 febbraio 2012

Braccia aperte e lacrime che solo una madre e una figlia possono capire. Simona non vede mamma Luciana da tre giorni, da quando la neve aveva isolato i suoi genitori in località Santa Barbara. La sua voce rotta dal pianto è arrivata di prima mattina nel quartier generale dei vigili del fuoco di Avezzano, la ba­se d’appoggio del nono reggimento alpini dell’Aquila. «I miei genitori so­no bloccati da giovedì in casa, ci so­no due metri di neve e non hanno ci­bo e nemmeno le medicine di papà, che è cardiopatico». C’è il sole, ma per strada si cammina solo attraver­sando coi mezzi militari veri e propri tunnel di ghiaccio. La luce è tornata più o meno dovunque, ma non in quella casa isolata nel comune di Ca­pistrello. «Una squadra si prepari per partire», è l’ordine del capo-macchina. L’uni­co mezzo che può arrivarci però è il BV 206, il cingolato che riesce a “galleg­giare” sulla neve così come fa in acqua. L’E­sercito ne ha 4 in pie­na attività nella Mar­sica da venerdì sera, per liberare la popo­lazione intrappolata dalla neve, portare medicine e ossigeno, generi alimentari, as­sistere e accompa­gnare in ospedale chi malori o necessità sa­nitarie. «Sono gli stessi mezzi blinda­ti utilizzati in Afghanistan, in fondo stiamo andando a aiutare persone come laggiù». Il tenente Marco Deon, come tutti, è qui da due giorni ma «la stanchezza non si sente in queste si­tuazioni, perché le persone che aiu­tiamo ci accolgono con gli occhi gon­fi di lacrime per un semplice tozzo di pane che portiamo». Ieri a Rendinara, nel comune di Mo­rino (L’Aquila) il BV è riuscito a far sa­lire un medico per un anziano colpi­to da ictus. «Prenda queste due fette di dolce, sono le uniche che ho, ma non so come ringraziarla per averci liberato». Il tenente non ha parole quando racconta ciò che ha provato quando i cento abitanti del piccolo centro della Marsica sono sbucati da dietro due metri di neve caduti in me­no di 36 ore. I racconti sono tanti mentre si “balla” in undici dentro il blindato che più volte si piega su un lato, seguendo le pieghe del terreno. Ha gli occhi sgranati come su una gio­stra il piccolo Marco, guarda con am­mirazione gli alpini mentre si prepa­rano per portare viveri ai coniugi Marco Aurelio. Insieme a mamma Si­mona cerca di trovare la strada per arrivare a Santa Barbara, ma ci si o­rienta solo con le baracche dei pa­stori rimaste in piedi e con le chiome degli alberi. Ogni segnale stradale è praticamente sepolto e, lasciato il centro abitato, ogni angolo è uguale all’altro. Non ci si aspettava una ne­vicata così, un inferno del genere qui non si vedeva dal 1956, «spero di con­vincerli a venir via di casa», dice Si­mona mentre tiene ferme le due sca­tole piene zeppe di scatolame che sobbalzano come sotto il terremoto.

Andare avanti è difficile, la neve è ol­tre altezza uomo e a fatica si distin­guono i cancelli delle case. «Dio vi benedica». Luciana piange quando vede aprirsi il cingolato davanti l’u­scio di casa. Ci si fa lar­go nella neve perché anche sull’ingresso i fiocchi raggiungono il bacino. Continuano a scorrere le lacrime sul suo viso mentre un mi­litare le porge le scorte di cibo, aprendo un varco con il corpo. «E­ravamo disperati, non vedevamo nessuno in­torno da giorni, non a­vevamo più molto in casa». La si­gnora però lascia subito le scatole per uscire, in pantofole, ad abbracciare la figlia. Solo a sera si ha tempo di parlare di numeri nella sala operativa della ca­serma dell’Aquila. «Sabato abbiamo anche soccorso una donna con le do­glie a Tagliacozzo riuscendo ad arri­vare in ospedale appena in tempo per il parto». Il colonnello Riccardo Cri­stoni indica le zone di maggior criti­cità sulla cartina che tappezza quasi un intera parete della sala operativa, il lavoro di sgombero dell’autostrada A24 bloccata, le 250 persone liberate dalle loro macchine e le quasi cin­quecento intrappolate in casa. Si pro­gramma la prossima uscita alzando il naso al cielo. Sperando che il tem­po domani sia clemente.