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Camera. Abbraccio tra Meloni e Salvini (che poi se ne va). «Ucraina, contano le scelte»

Redazione romana mercoledì 20 marzo 2024

Questa volta Matteo Salvini si fa vedere, prende posto accanto a Giorgia Meloni e l'abbraccia. Ma la sforzo dura appena dieci minuti e lo schema andato in scena ieri al Senato per le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo si ripete anche alla Camera. Il leader del Carroccio lascia i banchi del governo e nessun ministro leghista resta a presidiare l'intervento della premier. L'unità della maggioranza dunque, almeno alla vista, non c'è. Ma le rassicurazioni sulla sintonia interna a Palazzo Chigi sono affidate alle replica della presidente del Consiglio: «Mi si dice di parlare con Orban e con Salvini per chiarire il sostegno all'Ucraina. In entrambi i casi contano le decisioni e i voti - scandisce con tono perentorio -. Il governo italiano ha una posizione chiara e in Ue» e «siamo riusciti a garantire la revisione del bilancio pluriennale che consente di sostenere l'Ucraina per i prossimi 4 anni. Quando io parlo con le persone con cui ho buoni rapporti porto a casa dei risultati».

​La replica agli avversari

Il contrattacco nei confronti delle opposizioni sul conflitto ucraino è serrato e il capo dell'esecutivo lo porta avanti con decisione: «Penso che non sia oggettivamente sostenibile la tesi per la quale la posizione del Governo italiano al cospetto del mondo che ci guarda non sia chiara in tema di Ucraina - spiega -. Penso che sia chiaro a tutti che oggi grazie al fatto che c'è una maggioranza di centrodestra l'Italia è una nazione che rispetta i suoi impegni e non possiamo dire se sarebbe la stessa cosa nel caso in cui al Governo ci fosse l'attuale opposizione».

Il clima in aula è teso, reso ancor più rovente dalla polemica sull'appellativo della premier nei confronti dei deputati presenti: «Ragazzi, vi vedo particolarmente nervosi», esclama rivolgendosi agli avversari, ma le sue parole generano ancor più irritazione. «Non posso chiamarvi ragazzi? Vabbè, giovani onorevoli - aggiusta poi ironicamente il tiro -. Nemmeno questo? Evidente che non vi sono particolarmente simpatica». A quel punto interviene il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che cerca di placare gli animi invitando il capo dell'esecutivo a terminare le comunicazioni, ma Meloni insiste: «Noi romani ogni tanto lo diciamo “ragazzi”.
Vi chiedo scusa comunque. I romani sono meglio di questo? Vabbé, mi scuso anche con i romani».

Dure anche le risposte sul tema migranti a cominciare dall'accordo con l'Egitto: «Sono d'accordo che si debba parlare con tutti, sfugge una piccola differenza tra Al Sisi e Putin: Putin ha invaso una nazione vicina. Questo elemento non sfugge, è la ragione del perché cerchiamo di dare una mano all'Ucraina», spiega Meloni replicando all'intervento dei dem. In ogni caso, incalza, «i cittadini con il voto ci hanno chiesto non di redistribuire i migranti ma di impedire le partenze, e siccome credo nella democrazia è quello che lavoro per fare». Insomma, aggiunge ,«sono molto fiera per il lavoro che stiamo facendo, questa è diventata la posizione europea e piaccia o non piaccia è quella che porteremo avanti. L'Italia è riuscita a convincere sulla sua posizione i propri partner: la vostra posizione - ha detto rivolta alle opposizioni - era redistribuiamo e non ci siete riusciti, la nostra è lavorare sulla dimensione esterna, e ci stiamo riuscendo. Questo fa la differenza su quanto conta l'Italia in Europa».

​Le dichiarazioni dei leader di opposizione

Sempre sul conflitto ucraino e poi sui migranti si concentra anche l'intervento della segretaria del Pd Elly Schlein, che rispedisce al mittente le accuse della premier e le rinfaccia le precedenti posizioni su Putin: «Voglio iniziare questo intervento leggendo il testo di un post sui social: “Complimenti a Vladimir Putin per la sua quarta elezione a presidente della Federazione russa”. È stata lei, presidente, a scriverlo nel 2018. Ce ne ha messo di tempo ma mi pare che abbia capito che Putin non è un fiero difensore delle libere elezioni». La realtà, attacca la leader dem, è che «di quello che era Giorgia Meloni resta ben poco: parlava di il blocco navale, si scagliava contro i grigi burocrati e diceva di uscire dall'euro e siamo felici anche di questo cambiamento di faccia. Ora si vanta dei successi dell'agenzia delle entrare - prosegue -, solo che i miliardi recuperati nel 2023 sono frutti di un'azione prolungata che viene da lontano, da misure che lei contrastava quando era all'opposizione. Ma non va biasimata per la sua mancanza di coerenza: ogni volta che cambia opinione fa fare un passo avanti al suo partito e al Paese. E allora cambi anche idea sul salario minimo e sul premierato perchè non è democrazia scegliere il capo».

Sulla postura italiana rispetto alle guerre corso interviene anche Giuseppe Conte, accusando la presidente del Consiglio di «non avere soluzioni». «Lei ha messo l'Italia in un vicolo cieco - ha accusato - perché non ha voluto riconoscere che negoziare le condizioni per l'Ucraina è l'unico modo per sfuggire alla terza guerra mondiale. Tiri fuori il coraggio». «Lei ci porterà lì non appena Washington deciderà in quella direzione - insiste il presidente M5s parlando di un possibile coinvolgimento militare in Ucraina - e se lei non acconsentirà a mandare le nostre truppe perderà anche il paterno appoggio di Washington per il quale tanto si è raccomandata». «In vista di questo Consiglio europeo la invito a fare un bagno di realtà e di umiltà, per il bene dell'Italia», continua il leader pentastellato, «ci racconta di un'Italia che vince e che ha riacquistato credibilità in Ue e nel mondo, invece come tutti gli italiani vediamo che l'Italia arriva sempre ultima». «Nei giorni scorso si è riunito un tavolo, hanno partecipato Francia, Germania e Polonia per decidere anche delle nostre sorti - ha poi ricordato -, lei non è stata invitata e come una comune cittadina ha conosciuto l'esito del vertice dalla conferenza stampa finale. Ma lei non è una comune cittadina, lei a quei tavoli si deve sedere, l'Italia non può rimanere afona».