Esplorano una per una le pieghe del bilancio, vanno a caccia di avanzi d’amministrazione, cancellano mostre e concerti; insomma raschiano il fondo del barile i sindaci italiani che cercano di fronteggiare la crisi. Sono sindaci rabdomanti, alla disperata ricerca di spiccioli: «Ognuno di noi fa quel che può, per contribuire ai tirocini formativi, limare le rette degli asili nido, finanziare le imprese in difficoltà, ma restano interventi-tampone» ammette con franchezza Marco Filippeschi. Il primo cittadino di Pisa è uno dei protagonisti di questo welfare municipale, fatto di creatività amministrativa e, appunto, rabdomanzia finanziaria. «Ci si guarda intorno, cercando di capire dove è possibile tagliare e cosa chiedono le famiglie in difficoltà» ha spiegato ieri a Viareggio, dove Legautonomie ha presentato un dossier sui primi interventi anticrisi dei Comuni.Si va dal "fondo per la concessione di contributi in forma di garanzia per le piccole e medie imprese" alle risorse "allocate per il contributo affitto", dal "sostegno all’accesso ai servizi" alle "agevolazioni per servizi a domanda individuale". Se si valica la maginot del lessico amministrativo, dall’indagine emergono storie di nottate passate in Consiglio comunale a discutere di strategie anticicliche e pomeriggi spesi a convincere il ragioniere capo che ventimila euro saranno ben spesi se l’associazione dei produttori di uva partirà veramente, come crede il sindaco di Barletta, Nicola Maffei, che ha appena varato uno studio di fattibilità per quella cifra. Siamo di fronte, insomma, a un colossale sforzo di fantasia, assolutamente bipartisan: Bologna la rossa ha varato una serie di riduzioni per i lavoratori licenziati, agevolazioni tariffarie sui nidi, allargate ad autonomi e atipici, e un prestito di 5.000 euro per "spese mediche, nuovi affitti, ristrutturazioni…."; Bergamo a guida Pdl ha sommato i propri 500.000 euro ai quasi altrettanti messi a disposizione da Caritas, Fondazione Mia e Banca Popolare di Bergamo e finanzierà microcrediti e contributi una tantum per i servizi scolastici.Se questo welfare d’emergenza per molti cittadini è l’ultima spiaggia, è probabile che non sopravvivrà alle maree: se la crisi peggiorasse ulteriormente, queste misure non basterebbero; se invece la situazione nei prossimi mesi migliorerà potrebbero sparire in fretta dai bilanci. La loro attivazione dev’essere rapida quanto l’evoluzione del disagio - l’efficacia di queste misure passa attraverso una revisione dell’Isee che consideri anche le decurtazioni di reddito nell’anno corrente - e incisiva: centomila bolognesi saranno esentati dall’aliquota comunale sull’Irpef. Le agevolazioni riguardano prevalentemente i servizi alla persona e alla comunità, l’utilizzo del territorio e lo sviluppo economico perché è su quei terreni che la legge 267 permette di intervenire. Non mancano investimenti di una certa importanza nel sistema Confidi e intese con le banche per favorire l’accesso al credito delle imprese, come pure per salvare i mutui casa dei lavoratori in cassa integrazione: Reggio Emilia ha costituito un fondo di finanza sociale e solidale e Genova offre prestiti a tasso zero. A volta si incappa in una sorpresa: «Risparmiando sul personale, abbiamo tagliato le rette per gli asili nido e le tariffe dei trasporti pubblici, ma le richieste non sono numerose, perché qui da noi, finché ce la fai tiri avanti con orgoglio» spiega infatti Mauro Venturi, sindaco di Alfonsine, nel Ravennate. I sindaci dicono anche che potrebbero fare di più se non ci fosse quel patto di stabilità che ci tiene agganciati all’Unione europea e che ognuno di loro vorrebbe abolire perché impedisce di spendere persino i soldi che ci sono: «In questa fase critica, alcune amministrazioni lo violano deliberatamente, spendendo oltre quel che potrebbero e facendosi carico delle sanzioni, perché altrimenti non potrebbero pagare i fornitori e quelli fallirebbero» conferma Loreto Del Cimmuto, direttore generale di Legautonomie. Chi i soldi non ce li ha, taglia le spese voluttuarie. «Tra crisi e cultura indovinate chi ha la meglio…» conferma Daniela Gasparini, sindaco di Cinisello Balsamo che sta vivendo una sorta di moviola: «Sembra di essere tornati agli anni Novanta, quando chiudevano la Falck e la Breda e avevano più dell’11% dei disoccupati. Nacquero allora gli incubatori d’impresa, che resistono ancora oggi, e l’attuale Milanometropoli. Quegli strumenti d’emergenza sono diventati ordinari». Qualcosa è cambiato, purtroppo: «La chiusura delle fabbriche fordiste coincise con la crescita delle Pmi, ora – ammette la Gasparini – il travaso è impraticabile».