Attualità

WELFARE. Comuni senza soldi: pagano i poveri

Paolo Ferrario mercoledì 12 giugno 2013
«Nei piccoli comuni, il sindaco è, o forse sarebbe meglio dire era, anche una sorta di “sportello sociale”. Da qualche tempo, invece, noi amministratori avvertiamo una certa disaffezione della gente. I nostri concittadini hanno perso la speranza e non vengono nemmeno più a bussare alla nostra porta». Che cosa si nasconde dietro la voce “tagli alle prestazioni sociali”, lo spiega, con amarezza, il sindaco di Castel Sant’Angelo (Rieti), Paolo Anibaldi, responsabile Anci delle politiche per la disabilità. Dal 2005, ricorda, il Fondo nazionale politiche sociali è passato da una dotazione di un miliardo circa ai 300 milioni di quest’anno, con un taglio netto del 70%. E i sindaci hanno cominciato a ridurre i servizi alle fasce deboli. Negli ultimi quattro-cinque anni, si legge in un documento dell’ufficio di presidenza dell’Anci, i Comuni hanno “girato” allo Stato centrale per il risanamento della finanza pubblica, circa 15 miliardi di euro. Soldi che hanno dovuto prelevare anche dai capitoli di bilancio del welfare locale, voce che rappresenta il 17,1% della spesa corrente delle amministrazioni municipali.«Al Governo – aggiunge Anibaldi – chiediamo di concentrarsi sui veri problemi del Paese, cominciando da una riforma strutturale del welfare. Non possiamo scaricare la crisi solo sulle spalle dei più deboli».Un campanello d’allarme arriva anche dall’Alleanza delle cooperative, che chiedono all’esecutivo di non aumentare, dal 4 al 10%, l’Iva sulle prestazioni di servizi socio sanitari ed educativi forniti dalle cooperative sociali. L’unico effetto, è l’allarme delle cooperative, sarebbe «il taglio dei servizi ad almeno mezzo milione di persone».Grande preoccupazione è espressa anche dal presidente delle Acli, Gianni Bottalico, che denuncia il «collasso» dei Comuni. «I municipi non sono delle spa – sottolinea –. Il loro scopo non può essere sacrificare tutto al pareggio di bilancio e lasciare che anziani malati cronici, giovani svantaggiati, diversamente abili rimangano senza i necessari interventi. Chi lavora nel sociale – aggiunge, annunciando un Piano nazionale di lotta alla povertà, in collaborazione con la Caritas – vede di anno in anno assottigliarsi le risorse per il welfare municipale e la situazione nel Paese si differenzia solo in base al livello di gravità ed esistono pochissime eccezioni positive. E ciò contribuisce a trasferire la crisi anche su molte realtà del terzo settore».