Il governo Monti sceglie la Tav e subito parte la riffa delle compensazioni. La prima conseguenza del vertice di venerdì sera, con cui il premier ha confermato la linea dei precedenti governi sulla Torino-Lione, è stato un minivertice tra Monti e Cota a palazzo Chigi, al termine del quale il governatore del Piemonte ha annunciato che venerdì il Cipe sbloccherà i "primi 20 milioni di euro" da destinare alle compensazioni. «Innanzi tutto -ha spiegato Cota- si tratterà di potenziare la linea storica Torino-Bussoleno: bisogna far capire che la Tav è importante per lo sviluppo ma che non si abbandonano i pendolari che prendono il treno per andare a lavorare tutte le mattine. Questo è un segnale importante da dare. E poi attenzione anche per gli amministratori locali che hanno sul territorio tante piccole opere da realizzare che sono importanti per lavori da portare avanti per migliorare la vivibilita’ della valle». L’annuncio dei finanziamenti nazionali ha già messo in moto la macchina della politica torinese. Mentre Cota vedeva Monti, in Provincia il presidente Saitta riuniva parlamentari e istituzioni locali per ricordare che ogni iniziativa dovrà essere "concordata" e che la pioggia di finanziamenti in arrivo sulla valle - venti oggi, ma il tesoretto ammonterebbe complessivamente a 135 milioni - è figlia di quel piano di sviluppo che la Provincia di Torino ha coordinato nel 2009 ma che finora è rimasto lettera morta. Tutto il resto, dalla zona franca (caldeggiata dai sindaci dell’alta valle) alla legge speciale per la Valle di Susa (idea del Pdl torinese), dai posti di lavoro all’indotto dei cantieri, passa in secondo piano. Quel che conta è, per dirla con Saitta, che la «decisa presa di posizione del presidente del consiglio Mario Monti ha spostato i termini del dibattito. Si è aperta una fase nuova: i media rincorrono un po’ meno le cronache delle contestazioni eclatanti e iniziano a occuparsi di analisi e dati concreti sulla necessità e sulla fattibilità del tunnel di base e della stazione internazionale di Susa». Ma soprattutto, quel che conta è il "tavolo" del piano di sviluppo. La Provincia chiede infatti di «recuperare un lavoro che era stato già fatto con tutti i sindaci, compresi quelli che oggi si definiscono "No Tav", e di aggiornare, partendo da quelle basi, il piano di sviluppo del territorio: quel lavoro - conclude Saitta - va ripreso, aggiornato, di nuovo discusso con le amministrazioni comunali». Nel momento in cui si consolida l’asse Comuni-Regione-Palazzo Chigi (oggi l’assessore piemontese Bonino incontrerà i sindaci Sì Tav) è l’Amministrazione provinciale a rivendicare il proprio ruolo e lo fa rilanciando uno strumento che è alternativo alle compensazioni. Il perché ce lo spiega Antonio Ferrentino, sindaco di Sant’Antonino, capogruppo di Sel in Provincia ma soprattutto ex presidente della Comunità montana bassa valle. L’ex leader No Tav, "bandito" dal movimento per aver accettato di "trattare" con l’Osservatorio, è impegnato in una mediazione che potrebbe rovinare i piani della Regione: «Venti milioni da soli sono bruscolini - attacca - perché il piano di sviluppo approvato da tutti i comuni della valle il 26 novembre 2009 prevede interventi per 1,4 miliardi, e perché quello strumento capovolge la logica stessa delle compensazioni che ha dimostrato di non funzionare anni fa, quando i Comuni furono, per l’ «appunto, "compensati" per i lavori dell’autostrada. Di quella fase resta qualche parco giochi che le amministrazioni valsusine non hanno i soldi per mantenere…». Al contrario, il piano di sviluppo è un programma di interventi articolati su area vasta e in una prospettiva di lungo periodo; per questo ottenne l’approvazione di tutte le amministrazioni della valle. «Con il piano non si promette un parco giochi o marciapiedi nuovi a chi dice sì all’opera - spiega Ferrentino - ma si riprogetta il territorio promuovendo l’insediamento di nuove imprese o realizzando la linea metropolitana con Torino, cioè grandi interventi che hanno ricadute sovracomunali e migliorano effettivamente la vita di tutti gli abitanti». Le compensazioni, al contrario, «portano a dividere i comuni valsusini in buoni e cattivi e a spartire i soldi secondo la logica elettorale». La proposta? «Seguire il piano di sviluppo, varare autentiche politiche dell’intermodalità e tornare all’accordo di Pracatinat del 2008: l’alta velocità non si realizzerà mai se non si approverà prima il progetto preliminare del nodo di Torino. Mandare avanti i lavori accantonando quel problema sarebbe una farsa».