Attualità

Il caso. A Como c'è uno scontro sulla solidarietà: «Basta dare colazioni ai senzatetto»

Enrica Lattanzi giovedì 25 luglio 2024

Cibo per i poveri a una mensa

Una polemica inaspettata, divampata a margine del Consiglio comunale di Como nel quale si discuteva del Regolamento di Polizia locale per dotare alcuni agenti del taser, la pistola a impulsi elettrici. La consigliera di minoranza Patrizia Lissi (Pd), nel dibattito, ha portato in aula una riflessione condivisa con don Giusto Della Valle, parroco della comunità pastorale di Rebbio-Camerlata, da sempre impegnato nell’accoglienza di migranti e persone in difficoltà: «per rendere le città più sicure sarebbe utile intervenire sulle cause dell’insicurezza», a partire da povertà e marginalità. Da qui la replica del sindaco Alessandro Rapinese, che ha indicato in don Giusto l’esempio di un’accoglienza indiscriminata, che non si interroga su chi abbia i titoli per stare in Italia. A Como, ha osservato, «gli arresti da metà aprile a oggi» interessano persone che «nemmeno dovrebbero stare qui». E, tornando a don Giusto, il sindaco si è chiesto perché «distribuire le colazioni ai senza dimora», creando assembramenti che poi mettono in difficoltà i residenti. Immediata la reazione delle minoranze: accoglienza e colazioni sono due percorsi separati e la parrocchia di Rebbio è un rifugio per chi non ha dove andare. Senza dimenticare che le colazioni sono un servizio nato con don Roberto Malgesini, ucciso 4 anni fa proprio mentre stava per portare cibo ai senza dimora e al quale l’amministrazione Rapinese ha assegnato, alla memoria, la massima onorificenza cittadina, l’Abbondino d’Oro.

All’indomani delle polemiche i primi a voler spegnere ogni focolaio sono proprio coloro che, quotidianamente, stanno accanto alle marginalità di Como. Il gruppo delle colazioni, che ha raccolto il testimone dalle mani di don Malgesini, è composto da una quarantina di persone. I punti di distribuzione, in città, sono due: uno in piazza San Rocco, dove abitava don Roberto, l’altro a Porta Torre. In ogni ritrovo convergono una quarantina di persone: senza dimora, italiani e stranieri, ma anche chi una casa ce l’ha e fatica ad arrivare a fine mese (le colazioni e la mensa solidale di Casa Nazareth diventano l’unico modo per poter mangiare). Riusciamo a raggiungere telefonicamente don Giusto: è con un gruppo di giovani disoccupati. Li ha accompagnati nei boschi alla periferia di Como dove stanno tagliando legna per conto di una piccola realtà del territorio. «Ho solo letto qualche titolo», confida. Nel frattempo, è arrivata un’ordinanza urgente dal Comune che intima alla società proprietaria di un’area dismessa a ridosso del cimitero, dove una volta c’era un supermercato, di rendere inaccessibile l’area, visto che, nelle ultime ore, lì sono state sgomberate una dozzina di persone (9 stranieri, 3 italiani). «Como ha bisogno di strutture di bassa soglia – è la riflessione di Marta Pezzati, dell’associazione “Como Accoglie” –. Per cinque sere alla settimana usciamo e incontriamo i senza dimora che sono in città (si calcola almeno 350 – ndr), distribuiamo cibo, beni di prima necessità, ma soprattutto relazioni».

C’è la consapevolezza che il problema non è di immediata risoluzione. «Ci sono persone psicologicamente fragili o con dipendenze importanti – riconosce Pezzati – ma ci sono anche tanti giovani con ottime risorse. Incontriamo ragazzi con buoni contratti di lavoro che non hanno una casa, perché a Como è ormai difficile per chiunque affittare un appartamento, ancora di più se sei straniero». Nel frattempo, gli sgomberati del supermercato si sono spostati in piazza San Rocco e un sacerdote spiega: «noi continueremo ad aiutare le persone bisognose, perché la carità è il nostro primo compito».