Difesa. Nel 2019 nel mondo 1.917 mld di dollari per armi. Le ong: il 10% alla Sanità
È pari a circa 150 milioni il costo di un F-35 e 400 mila euro solo il casco del pilota
Nel 2019 gli stati hanno speso quasi duemila miliardi di dollari in strumenti per uccidere. In piena pandemia globale di Covid-19 ci scopriamo armati fino ai denti, ma senza gli strumenti necessari - nel comparto sanitario e sociale - per la difesa contro un nemico reale che sta facendo stragi. I dati del Sipri fotografano un panorama di scelte politiche totalmente sbilanciate verso la guerra. E la società civile, al culmine delle Giornate globali di azione sulle spese militari, chiede di dirottare il 10% dei bilanci per gli eserciti in spese sanitarie e sociali. In Italia le ong lanciano al governo una proposta concreta e fattibile: una moratoria nel 2020 per sospendere le spese per nuovi armamenti, 6 miliardi di euro, senza toccare la spesa corrente.
Proprio oggi culminano le iniziative in tutto il mondo (Seoul, Sydney, Berlino, Roma, Barcellona, Washington, Buenos Aires, Rosario, Montevideo) delle Giornate globali di azione sulle spese militari, coordinate dalla Global Campaign on Military Spending (Gcoms), Campagna promossa dall'International Peace Bureau (Ipb), Nobel per la pace nel 1910, e rilanciata nel nostro paese da Rete Italiana per il Disarmo con Rete della Pace e Sbilanciamoci. Il rapporto reso pubblico dal Sipri, il prestigioso Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Stoccolma registra nel 2019 un aumento del 3,6% delle spese militari rispetto al 2018, con una cifra record di 1.917 miliardi di dollari, pari a 259 dollari per ogni abitante del pianeta. È il più cospicuo aumento di fondi per la difesa dell'intero decennio. La spesa maggiore è stata degli Stati Uniti, più 5,3%, 732 miliardi di dollari, il 38% della spesa mondiale. Dietro c'è la Cina, con 261 miliardi, più 5,1%, seguita dall'India. Subito dopo Russia e Arabia Saudita. Cinque paesi che rappresentano oltre il 60% del totale. L'Italia è comunque tra i primi 15 e al nono posto tra i Paesi esportatori.
«È un aumento che mostra che il mondo è travolto da una corsa agli armamenti a beneficio di pochi - affermano le ong italiane aderenti alla Campagna - che rischia di condurci alla catastrofe globale. Ed è indice - affermano - dell’enorme potere delle industrie del settore difesa, in particolare in Europa, America del nord, Asia e Oceania. Il solo bilancio militare della Nato arriva a 1.035 miliardi di dollari, cioè il 54% della spesa militare globale». In Medio Oriente «le conseguenze tragiche dei conflitti militarizzati sono evidentissime».
«Tutto ciò mentre l’Oms, con tutti i suoi limiti l’unico tentativo globale e concertato di rispondere alle crisi di natura medico-sanitaria, ha un bilancio biennale di circa 4,5 miliardi di dollari», poco più di 2 l'anno, «e per la maggior parte contributi volontari di Stati e privati», sottolinea Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci. Il bilancio dell'Oms «annualmente è lo 0,11% di quanto i Governi spendono per il settore militare».
Significativo il confronto con l'investimento nell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) dei Paesi industrializzati: «È pari a 152,8 miliardi di dollari, lo 0,30% del loro PIL e meno dell’8% della spesa militare - spiega Sergio Bassoli della segreteria di Rete della Pace - un dato che denuncia il vero interesse dei Governi - l'industria militare e le guerre - in totale contraddizione con gli impegni sottoscritti per l'Agenda 2030».
L'Italia non fa eccezione. Secondo la stima dell’Osservatorio Mil€x, la spesa militare prevista per il 2020 arriva a circa 26,3 miliardi di euro, con una crescita di oltre il 6% (quasi un miliardo e mezzo in più) rispetto al comparabile bilancio preventivo 2019. «E questi sono solo i numeri delle previsioni di partenza - sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo - perché nei bilanci consuntivi si verifica una spesa effettiva decisamente superiore. Va sottolineato poi che nella previsione per il 2020 quasi 5,9 miliardi di euro sono destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma». Dice Vignarca: «Forse non è ipotizzabile fermare programmi già finanziati con la Legge di Bilancio 2019, è invece sicuramente possibile intervenire sulle prossime decisioni di budget dello Stato. Quello che chiediamo è concretamente realizzabile: azzerare completamente per un anno i fondi per nuove armi allocati presso i ministeri della Difesa e dello Sviluppo economico e non dare avvio alla cosiddetta “Legge Terrestre” richiesta dall’Esercito. Complessivamente si tratterebbe di più di 6 miliardi di euro risparmiati».
«Nel 2019 gli investimenti per armi ed eserciti sono cresciuti ancora. L'International Peace Bureau insieme ai propri partner nella Gcoms rilancia l’appello a ridurre queste spese almeno del 10% annuale - sottolinea Lisa Clark, co-presidente internazionale di Ipb e vicepresidente di Beati i Costruttori di Pace - perché i fondi così risparmiati devono essere spostati verso la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Agenda 2030 delle Nazioni Unite. E’ una esigenza ormai imprescindibile».
Dalla maggioranza arriva un segnale. Il senatore Gianluca Ferrara del Movimento 5 stelle in una interrogazione sottoscritta da 50 parlamentari del suo partito chiede di stornare un miliardo di euro al programma di acquisto degli F-35 - il costo di circa 7 dei 90 aerei ordinati - da reindirizzare alla sanità militare. «Per questi bombardieri con capacità nucleare - dice Ferrara - sosteniamo un programma costosissimo che sottrae risorse anche a settori della Difesa più strategici». Per questo il senatore chiede «al ministro della Difesa una moratoria di un anno al programma F-35 per destinare almeno un miliardo al potenziamento della sanità militare», oltre all’«opportunità di ridimensionare un programma al quale il M5s è sempre stato contrario in quanto economicamente insostenibile, tecnicamente inaffidabile e superato, non rispondente alle necessità operative delle nostre forze aeree, agli interessi della nostra industria e, non da ultimo, dello spirito della nostra Costituzione che prevede la difesa della Patria insieme al ripudio della guerra di aggressione».