Famiglia. Come sopravvivere alle vacanze coi figli in lockdown
Una famiglia in videochiamata
Ancora una volta il lockdown finisce per colpire pesantemente i genitori italiani. Si chiede alle famiglie un sacrificio importante senza alcun "ristoro", termine che nei mesi abbiamo imparato a inserire nel nostro vocabolario. Affrontare queste "vacanze" scolastiche per sopravvivere allo tsunami che si scatenerà sapendo fare le mosse giuste è quantomeno segno di previdenza.
La prima considerazione è questa: si fa quel che si può. Gli eventi non dipendono dai genitori: risulta inutile colpevolizzarsi o attribuirsi responsabilità di altra provenienza. A partire dai 7 anni si condivide con i figli questa necessità per aiutare la consapevolezza che le costrizioni non sono una decisione dei genitori. Specie fra l’infanzia e la preadolescenza l’equivoco si può creare, il senso della realtà è piuttosto limitato e la possibilità o la tentazione di attribuire questi divieti ai genitori, almeno a livello inconscio, appartiene a questa età.
La seconda indicazione riguarda i bambini fra i 3 e i 10 anni. In questa fase della vita, si presenta un bisogno irriducibile di tipo motorio che non può essere contenuto da prescrizioni o da un richiamo puro e semplice ai buoni comportamenti. È qualcosa che va oltre la volontarietà e che è necessario tutelare creando delle occasioni dove possano correre, utilizzando i parchi gioco cittadini che restano aperti o gli spazi a disposizione (senz’altro il cortile di casa – se c’è – o comunque le stanze più grandi dell’abitazione). Questo permette ai piccoli di stabilizzarsi sul piano metabolico e di scaricare endorfine che altrimenti potrebbero provocare situazioni esplosive di rabbia e di aggressività.
Per i ragazzi e le ragazze a partire dai 12 anni, sia in fase preadolescenziale, ma tanto più in fase adolescenziale, cioè dai 15 anni, l’esigenza vitale e non negoziabile è quella di evitare l’isolamento. Ossia di staccarsi dalla famiglia e dalle modalità relazionali che le sono tipiche per creare nuovi legami nel mondo dei compagni e degli amici. Restare isolati è molto rischioso, come se si andasse a bloccare una fase della vita nelle sue potenzialità e, di conseguenza, a spegnere un passaggio che occorre necessariamente compiere. Come se un neonato passasse dalla culla al camminare senza attraversare la fase dello strisciamento e del gattonamento. Il gruppo dei pari rappresenta un momento di formazione adolescenziale, una necessità imprescindibile. Aiutarli a superare questo isolamento è importante. In parte, ci si può servire anche dei mezzi tecnologici, ma senza che questi finiscano col sovrastare un contatto più diretto e come sempre facendo attenzione che, soprattutto sui social, non si creino occasioni per incontri spiacevoli, difficili da gestire specialmente nella fase degli 11-13 anni.
Anche per i bambini giocare con i propri simili piuttosto che con il papà o la mamma è un elemento di salute neurofisiologica e mentale. Nessun genitore e nessun adulto può davvero sostituire i compagni nel gioco infantile.
Occorre aiutarli a coltivare qualche interesse, sia esso nell’ambito dell’apprendimento, tipo le discipline musicali, ma anche in quello manuale come possono essere le costruzioni e tanto più nelle attività tipicamente casalinghe come imparare a cucinare, mettendo insieme gli ingredienti per creare qualcosa. Più si potranno fare esperienze pratiche e concrete, più il tempo casalingo assumerà per i bambini una pianificazione sostenibile.
Tornando agli adolescenti, va infine ricordato ai genitori l’importanza di una comunicazione di servizio piuttosto che di una comunicazione richiedente e fortemente personalizzata. "Lavati, mangia, studia, dormi" sono comandi che attivano reazioni oppositive e respingenti. I necessari paletti possono essere solo di tipo procedurale, per ricordare che una buona organizzazione è alla base di ogni convivenza.
Sarà un periodo difficile, che consente comunque di capire fino in fondo la vera natura dei figli, imparando a dosare la giusta distanza educativa età per età.