L’apertura di credito politica c’è, ed è anche superiore alle attese. Quanto alle concrete possibilità per l’Italia di prendersi un po’ di respiro rispetto alle regole di bilancio, si vedrà. «Sono veramente impressionata, si tratta di un cambiamento strutturale», dice Angela Merkel aprendo la conferenza stampa. Impressionata dalle riforme che gli ha presentato Matteo Renzi, che potrebbero, se realmente messe in campo, rendere superabili gli scetticismi sul Belpaese. Nei 60 minuti di dialogo serrato, il premier avrà ripetuto cento volte la parola «crescita», «croissance», « growth». L’ha imparata anche in tedesco, « wachstum ». La sua tesi è una e una soltanto: negli ultimi anni all’Italia non è mancato il controllo dei conti, ma è mancato il denominatore, il Pil. «Ci dovete dare la possibilità di dare fiato alle famiglie e alle imprese, e sarà più semplice rientrare nei parametri ». La cancelliera ascolta, con una simpatia che non riesce a nascondere, muovendosi tra varchi aperti e porte chiuse. E le sue parole alla stampa sono l’espressione plastica della sua posizione ancora intermedia rispetto alle richieste italiane: «La regola del 3% è già sforata – dice senza far capire se si riferisce al resto dell’Europa o al caso specifico dell’Italia, che nel 2013 ha chiuso ai limiti – ma non ho dubbi che poco a poco sarà recuperata ». Parole difficile da decriptare. Sembrano voler dire: sforare o allargarsi non è per forza un tabù, l’importante è prendere davvero una rotta nuova, anche perché sui conti italiani resta sempre un margine misterioso d’incertezza. Non dice, Merkel, se potremo utilizzare qualche decimale di deficit per tagliare le tasse. Ma il suo gradimento 'politico' al governo italiano lo fa capire in un altro modo: «Sono certa che queste riforme potranno avere un’efficacia per arrivare a rispettare i patti». È la concessione di un paio di anni per mettere a posto il sistema-Italia? Troppo presto per dirlo. L’effetto- apertura sembra infatti svanire pochi secondi dopo, quando afferma che «l’Italia rispetterà il fiscal compact» (il piano di rientro forzato dal debito) e «rispetterà il patto di stabilità giorno per giorno». Certo però che l’idea di stimolare la domanda interna aumentando le buste paga incassa applausi a Berlino: «I mercati sono fatti anche di psicologia, il governo italiano sta lavorando per riempire il bicchiere. Il bicchiere è mezzo pieno, non mezzo vuoto, questo è il messaggio e noi ci rallegriamo». Proiettare l’impegno di Renzi oltre l’anno solare è già una buona notizia per Merkel, che ha visto Monti e Letta apparire e sparire in pochissimi mesi. L’orizzonte- 2018 è l’ideale anche per lei. E sono una buona notizia le nuove regole 'alla tedesca' sul mercato del lavoro: «Non farti frenare, Matteo, la tua proposta va nel verso giusto. Le diffidenze sono normali, ci vogliono 2-3 anni per ottenere risultati e tu devi essere coraggioso», gli ha detto la cancelliera raccogliendo l’eco delle proteste sindacali. E spiegando come si fa a tirar dritti quando una fetta di rappresentanza sociale rema contro. Certo la leader tedesca, quando ammette di aver «esaminato tutti gli aspetti delle riforme», non fa nulla per smentire l’immagine da 'giudice' delle politiche italiane. Ma volto e tono mostrano altro. E forse la frase più significativa passa inosservata: «È chiaro che l’Italia tiene conto della stabilità ma anche delle due componenti crescita e occupazione ». Sembra un parziale 'via libera' a sviluppare la politica economica illustrata da Renzi mercoledì scorso, e non è pochissimo. Il vertice Renzi-Merkel va integrato, per essere capito, con il faccia a faccia tra i ministri dell’Economia Padoan e Schäuble. «Bene l’accelerazione su produttività, crescita e disoccupazione giovanile. È però anche giusto che il consolidamento delle finanze statali attraverso le riforme strutturali non sia rinviato», scrive il Tesoro tedesco nella nota ufficiale, esprimendo tutto il disagio per un eventuale passaggio dal 2,6 al 2,8 di deficit nel 2014. Mentre dallo staff italiano dell’Economia filtra solo un moto d’orgoglio: «Abbiamo parlato di spending e riforme. Non hanno voluto sapere le coperture, non era un esame».