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Processo al supertrafficante. L'eritreo Welid colpevole per gli orrori di Bani Walid

Paolo Lambruschi lunedì 3 maggio 2021

Il trafficante eritreo Welid

Il supertrafficante eritreo Welid, uno dei più crudeli assassini di profughi in Libia, uno degli organizzatori della nave della morte affondata il 18 aprile 2015 al largo di Malta è stato riconosciuto colpevole dalla corte di Addis Abeba. Tewelde Gojtom, alias Welid, che ha operato in Libia per 5 anni, imbarcando a forza almeno 400 eritrei sugli 800 disperati sulla nave della morte sovraccarica colata a picco il 18 aprile 2015 nel più grande naufragio del secolo nel Mediterraneo, è stato riconosciuto colpevole delle accuse a suo carico.

Quindi, secondo il quotidiano inglese Guardian colpevole di aver torturato, estorto soldi, violentato le prigioniere, ridotto in schiavitù e ucciso migliaia di persone in un centro di detenzione non ufficiale della famigerata Bani Walid, ribattezzata in Libia dai migranti "la città dei fantasmi" per i tanti che vi hanno trovato la morte per gli stenti, le torture e le violenze inferte per estorcere i soldi del riscatto ai famigliari contattati al telefono. Per il naufragio non è stato processato. La magistratura italiana aveva chiesto a quella etiope l’estradizione per giudicarlo ricevendo, però, un rifiuto.

La sentenza verrà emessa il 21 maggio e Welid, il cui avvocato era stato arrestato per tentata corruzione dei testimoni, l’attenderà in prigione. Giudicato colpevole in contumacia anche il socio di Welid, Kidane Zekarias Habtemariam, anch’egli eritreo, evaso indisturbato dal tribunale a metà febbraio durante un’udienza del processo e tuttora irreperibile. Il procuratore generale della capitale etiope ha disposto l’arresto dell’ufficiale di polizia a capo della sorveglianza e si è limitato a dichiarare che le indagini proseguono.

Kidane e Welid portavano etiopi ed eritrei dal Sudan alla Libia e facevano proseguire verso il Mediterraneo chi pagava la seconda parte del viaggio, gli altri venivano imprigionati a Bani Walid. I due criminali, stupratori seriali, usavano crudeli metodi da lager, arrivando a organizzare partite di calcio tra squadre di prigionieri sfiniti in cui il trofeo in palio era la vita.

Ironia della sorte erano stati arrestati nell’inverno 2020 grazie a una loro vittima, un etiope rimpatriato con un programma dell’Onu, il quale aveva riconosciuto Kidane per strada ad Addis Abeba a metà febbraio. Il mese successivo era stato arrestato Welid. Come lamenta l’attivista eritrea Meron Estefanos, testimone con la giornalista irlandese Sally Hayden, non sono state ammesse le testimonianze in remoto di molte vittime e il processo, nonostante i due fossero tra i criminali più ricercati dalle polizie europee, si è svolto nella disattenzione dei media occidentali.