Cop26 / La scheda. Emissioni, clima, pil: i nodi sul tavolo e le possibili soluzioni
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Cop26
Gas serra e crescita della temperatura. E poi Co2 che nemmeno il lockdown riesce ad abbattere e segna un record di milioni di anni. Quindi l'impatto sul Pil, che potrebbe essere del 4% l'anno, e che per l'Italia risentirebbe in modo particolare vista la sua vocazione turistica.
Sono questi gli ultimi studi, quelli più accreditati, che arrivano da istituzioni internazionali, che "misurano" in modo scientifico gli effetti dell'inquinamento sul clima e anche sull'economia. Sono i dati dai quali si parte per capire quali possono e devono essere i rimedi, e quindi le sfide sulle quali misurare i risultati della Cop26. Ecco una breve scheda, partendo dalle sfide.
GAS SERRA, PRIMO STEP NEL 2030, DIMEZZARE ENTRO 2050
La sfida è quella di ridurre i gas serra entro il 2030 e dimezzarli entro il 2050. E le date, o le quantità, sono ovviamente tema di confronto e di scontro. Concretamente la riduzione di gas serra (anidride carbonica, metano e biossido di azoto) si può realizzare smettendo di bruciare combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) usati dall'industria ai trasporti, dalla produzione di energia all'agricoltura e passando alle energie pulite. Importante anche ridurre la deforestazione: le foreste sono 'serbatoi-trappolà per la Co2.
LE POLITICHE DEI SINGOLI PAESI
Ma la Cop26 passa anche attraverso gli impegni dei singoli Paesi, nei cosiddetti Ndc (Nationally Determined Contributions) cioè nei piani nazionali che evidenziano le azioni per il clima, compresi gli obiettivi compensare l'inquinamento. Devono contenere i piani concreti per centrare gli obiettivi. Le cose da fare possono essere moltissime: ad esempio promuovere l'uso dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili, l'efficienza energetica degli edifici, ridurre l'allevamento intensivo. A livello individuale ciascuno di noi può contribuire tagliando i consumi di energia in casa, anche con gli elettrodomestici, nei trasporti, riducendo l'uso dell'elettronica e anche i rifiuti.
40 MILIARDI DI GAS SERRA, +3,3 GRADI TEMPERATURA
Al momento, emettiamo 40 miliardi di tonnellate di gas serra all'anno e siamo sulla traiettoria di un aumento medio della temperatura di 3,3 gradi centigradi rispetto ai livelli del 1880. A calcolarlo è il rapporto dell'Ipcc, il gruppo intergovernativo di esperti in cambiamenti climatici. Nel periodo 1850-2019, sono state emesse 2.400 miliardi di tonnellate di carbonio di origine antropica. Se si vuole rimanere entro 1,5 gradi ne rimangono a disposizione 400-500 miliardi che si possono emettere fino al 2050.
CO2, RECORD DA 3 MILIONI DI ANNI, NEMMENO IL LOCKDOWN AIUTA
Neanche il rallentamento dell'economia provocato dal Covid-19 ha ridotto la Co2. La quantità nell'atmosfera - ha calcolato l'Organizzazione meteorologica mondiale - era 400 parti per milione nel 2015, solo cinque anni dopo, ha superato le 413 ppm e ad agosto scorso ha raggiunto il record di 419 ppm.
L'ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione così alta di Co2 «è stato 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3 gradi più calda e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso».
RISCHIO PIL DEL 4% L'ANNO
Calcoli alla mano, nello scenario peggiore cioè senza azioni urgenti per ridurre le emissioni di carbonio, le perdite di Pil dovute ai danni climatici nei paesi del G20 (che rappresentano l'80% delle emissioni globali) saliranno a almeno il 4% annuo entro il 2050 e possono spingersi oltre l'8% entro il 2100, equivalente al doppio delle perdite economiche del blocco dovute a Covid-19.
Questi sono i dati dell' «Atlante dei rischi climatici del G20. Impacts, policy, economics», il primo studio approfondito del genere, realizzato dalla Fondazione Cmcc (Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici), che ha messo a fuoco la situazione di ciascuno dei Paesi del G20. Per l'Italia l'impatto sul Pil potrebbe raggiungere il 2-4% (36 miliardi, nello scenario migliore a basse emissioni) a metà secolo e tra il 3-8,5% (116 miliardi, lo scenario peggiore) a fine secolo. La perdita di attrattività delle destinazioni italiane (che diventano troppo calde, o perdono la neve durante la stagione invernale) può indurre una perdita fino a 17 e 52 miliardi di euro per la riduzione della domanda turistica sotto uno scenario, rispettivamente, di basse e alte emissioni.