Cambiamento climatico. Ecco il Piano di adattamento, ma perché è così importante?
L'alluvione a Lugo di Romagna dello scorso maggio
Che cos’è il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (il Pnacc) approvato dall’Italia?
Si tratta di un documento di circa un centinaio di pagine che mette nero su bianco le azioni necessarie di adattamento nel territorio per far fronte ai rischi provocati dai cambiamenti climatici. L’Italia, che si trova nel cosiddetto "hot spot mediterraneo", un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici è pertanto notoriamente soggetta ai rischi naturali (dissesto, alluvioni, erosione delle coste, carenza idrica) e già oggi è evidente come l’aumento delle temperature e l’intensificarsi di eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici (siccità, ondate di caldo, venti, piogge intense, ecc.) amplifichino tali rischi i cui impatti economici, sociali e ambientali sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni.
Perché è così importante?
L’Italia è sempre più esposta alla crisi climatica e all’intensificarsi degli eventi estremi che nel 2023 sono arrivati a quota 378 provocando anche morti e danni non solo al territorio ma anche alle attività dell’uomo. L’obiettivo del piano è quello di fornire un quadro di indirizzo nazionale per l'implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici e a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali.
Quante sono le azioni individuate dal Piano?
Sono in tutto 361 e sono tutte riportate nell'allegato al documento. Si citano ad esempio le aree e vasche di esondazione e i processi di rinaturalizzazione dei bacini idrografici e dei versanti per ridare spazi ai fiumi, oppure l’impegno a ridurre lo smog e di conseguenza i decessi correlati all’inquinamento, oppure ancora la riduzione dell’erosione assoluta e in percentuale delle nostre coste o l’aumento della biodiversità delle aree umide. Ma si parla anche di risparmio della risorsa idrica e l’aumento dell’efficienza energetica. Azioni di adeguamento e miglioramento delle infrastrutture come le reti idriche, con l’impegno di ridurre le perdite ma anche la riduzione del quantitativo utilizzato per l’irrigazione. Poi c’è anche la protezione degli habitat marini. Ma anche l’aumento di edifici in classe energetica A e la riduzione di quelli nelle classi inferiore e più inquinanti.
Come sono organizzate le azioni da mettere in campo?
Si lavora su due livelli: un livello regionale e uno locale. Quello regionale riguarda principalmente gli atti dedicati ai temi climatici di adattamento e mitigazione come ad esempio i Piani energetici regionali, i Piani forestali, Piani regionali di tutela delle acque, Piani costieri, Piani Regionali di Qualità dell’Aria, Piani di protezione civile e di prevenzione multirischio, Piani sociali e sanitari, Strategie regionali per la lotta alla desertificazione, Piani territoriali paesistici/paesaggistici. In diversi ambiti è prevista inoltre la collaborazione tra più regioni di una stessa area geografica (pianura Padana, regioni appenniniche e dell’arco alpino). Poi a livello locale, i diversi Piani di adattamento e mitigazione comunali, ai quali si aggiungono ad esempio i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS) di ambito comunale e di area vasta, i Piani del verde urbano, i Piani di emergenza comunale, i Regolamenti edilizi «climate proof», i Piani Urbanistici Generali, i Piani strategici e i Piani territoriali metropolitani.
Cosa dicono ambientalisti ed ecologisti?
L'Italia, osserva il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, "dopo sei lunghi anni e quattro governi approva il Pnacc.
Ora si stanzino subito le risorse economiche necessarie, ad oggi ancora assenti, per attuare le 361 soluzioni previste, altrimenti rischia di restare un piano solo sulla carta". Legambiente chiede anche che si approvi un PNIEC più ambizioso, una legge per fermare il consumo di suolo ed entro tre mesi si emani il decreto che attiva l'Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici".
Per il Wwf, il Piano appena pubblicato, "dopo le varie consultazioni e l'unanime denuncia della mancata identificazione di azioni davvero in grado di anticipare i cambiamenti provocati dalla crisi climatica e dei finanziamenti necessari, è analogo a quello precedente e ha gli stessi limiti - critica l'associazione ambientalista - mancanza di decisioni chiare e coraggiose, ottima identificazione sintetica dei possibili impatti e problemi, scarsa e deficitaria individuazione delle cose da fare e di come finanziarle. Il Piano va preso come un primo passo: ora però tocca ai decreti attuativi e agli organi di governance cercare di correggere gli evidenti limiti e costruire un percorso che porti a quell'approccio sistemico che pure il Pnacc richiama".
Bene l'approvazione, sottolinea il direttore scientifico dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Enrico Giovannini, "ora però occorre attuarlo". "Inoltre, va ricordato che il Pnacc non beneficia di specifiche risorse finanziarie - aggiunge Giovannini - per questo, bisogna urgentemente valutare se e come gli investimenti previsti dal Pnrr o quelli finanziati da altri strumenti, come i fondi europei e nazionali per la coesione, possono contribuire alla realizzazione del Piano. Tali analisi vanno condotte entro marzo, così da poter valutare in occasione della preparazione del prossimo Documento di Economia e Finanza eventuali correzioni da riversare poi nella Legge di bilancio per il 2025".