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Il viaggio. Un sindaco per Ferrara, che è divisa. L'arcivescovo: «Serve programmare»

Paolo Lambruschi, inviato a Ferrara lunedì 27 maggio 2024

Una veduta del Castello Estense di Ferrara

Il Grattacielo che lo scrittore ferrarese Giorgio Bassani chiamava «ignobile casone» è il nuovo simbolo di Ferrara. Oltre 30 piani al quartiere popolare Gad, popolato da migranti e sinonimo di ghetto, sui pianerottoli due donne sono morte di overdose in due anni mentre il giardino pubblico accanto dove gli stranieri spacciavano è stato cintato e recuperato. Partiamo da qui per trovare speranze e contraddizioni di una città che da anni associa immigrazione e insicurezza, ma ignora il problema dell’italianissimo consumo di droghe in aumento.

Ferrara è all’ultimo posto per residenti stranieri in Emilia Romagna. Eppure con l'economia ferma e demografia a saldo negativo i migranti servirebbero a rilanciare agricoltura e turismo. In città domina ancora il polo chimico , per Fellini «preziosa astronave posata nel centro dell’Emilia» dove Natta inventò il Moplen, oggi suddiviso in diverse aziende. Il vicepresidente della Camera di commercio di Ferrara Paolo Govoni: il rilancio passa dall’industria chimica rinnovata. «Lo sviluppo deve basarsi sulla ricerca, ad esempio - sostiene - per la produzione di plastica green. Il 2 maggio è stato firmato da governo e istituzioni locali un Protocollo di Intesa. L’università ha elaborato un progetto di efficientamento energetico e transizione ecologica con il riutilizzo delle acque per ridurre il prelievo dal Po fino al 53%».

La rinascita passa anche dal coordinamento tra le varie aziende del polo per il presidente delle Acli ferraresi e vicepresidente di quelle regionali Paolo Pastorello. «Ad esempio nella ricerca da cui nasce buona occupazione - afferma - che serve al rilancio del territorio agganciando Ravenna e Marghera. Occorre un progetto comune cui le istituzioni collaborino unite». Invece il clima politico non solo per le amministrative di giugno è incandescente dal 2016, quando gli abitanti di Gorino alzarono le barricate per impedire l’accesso di 12 profughe africane, una incinta e le altre con bambini, uscite dai lager libici. Decollò li la carriera politica dell’organizzatore dei blocchi stradali, il controverso vicesindaco leghista uscente Nicola “Naomo” Lodi che nel 2019 con l'elezione di Alan Fabbri a sindaco, ha fatto conquistare Palazzo Ducale al centrodestra puntando sulle frazioni staccate dal centro e intercettando gli umori di una città delusa da 73 anni di governo della sinistra e infuriata con il Pd, in particolare con il governo Renzi, per non aver risarcito le vittime del crac della Cassa di risparmio di Ferrara del 2015. Indennizzi fino al 40% delle somme perse sono arrivati a fine 2023. Gli alloggi popolari sono stati oggetto di un tentativo di varare un nuovo regolamento basato sulla residenza storica per escludere gli immigrati. Ma la giunta è stata sconfitta in tribunale. Perciò Fabbri ha attaccato lo scorso gennaio l’arcivescovo Giancarlo Perego - reo di aver commentato che povertà e stato di bisogno prevalgono sulla cittadinanza negli ordinamenti italiani - invitandolo a prendersi i migranti a casa propria.

Poiché i colpi scena non mancano, il mese scorso nella lista leghista si è candidata l’ex presidente della comunità nigeriana Evelyn Aghom. Ma “Cittadini del mondo” avverte che qui «gli immigrati sono trattati male nelle strade e negli uffici comunali». L’associazione monitora la stampa locale con il sito “Occhio ai media” che da 14 anni tiene una rassegna curata da Robert Elliot, inglese, 72 anni, con un gruppo di ragazzi immigrati o di seconda generazione collaborando al rapporto della Carta di Roma della Fnsi sui temi migratori nei media italiani. «Quelli ferraresi alimentano il razzismo disegnando una situazione di insicurezza inesistente - spiega -. Nel nostro studio “Sono solo parole” evidenziamo come il 70% degli articoli sui migranti riguardi criminalità e sicurezza, le uniche fonti sono le forze dell’ordine. I migranti non sono mai protagonisti di storie positive».

La comunicazione è materia molto delicata. Fabbri ha querelato il direttore della testata online Estense.com Marco Zavagli che aveva definito «propaganda» la comunicazione istituzionale per la quale sarebbero stati spesi 400mila euro annui in due anni. Caso seguito da “Ossigeno per l’informazione”. Ma l'uso improprio della comunicazione istituzionale a fini di propaganda con soldi pubblici sul quotidiano online del Comune e sul proprio profilo Facebook è costato venerdi al sindaco una condanna nell'Agcom.
Agguerrito concorrente è il candidato del centrosinistra a campo largo Fabio Anselmo, noto legale dei casi di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e del calciatore Denis Bergamini e compagno di Ilaria Cucchi. «Oltre - spiega Anselmo - ad aver avuto problemi a trovare spazi per comizi e cartelloni, abbiamo portato in giudizio i responsabili della pagina Facebook “Pinguini estensi”, di area leghista, per diffamazione di numerosi cittadini critici. Mi sono candidato perché c'è un sistema di potere opaco che non ha a cuore gli interessi della città, voglio smascherare la narrazione finalizzata a una propaganda pacchiana. Ferrara è ferma. Siamo al 101° posto su 107 tra le città italiane più vecchie. Ma la priorità del centrodestra è difendersi non si capisce da chi». Parte della società civile si è mobilitata con lui. Patrizio Fergnani, pacifista che vive in periferia, ex sindacalista e presidente dell’associazione famiglie numerose, è stato oggetto a suo tempo delle sgradevoli “attenzioni” dei “Pinguini” poi è candidato nella lista civica “Ferrara bene comune” con Anselmo.. «Manca un progetto, la città offre ai giovani solo concerti e spritz. Il clima è pesante».

Uno dei fondatori della lista civica, Dario Maresca, ex dirigente dell'Azione Cattolica provinciale e nazionale dopo due mandati difficili non si ricandiderà e traccia un bilancio pesante. «La giunta ha bloccato la spesa sociale da cinque anni mentre la povertà è cresciuta. Non ha un progetto di rilancio. I giovani se ne vanno, siamo da sempre fanalino dell’Emilia, ora siamo in declino». Vuole una città felice un'altra candidata della lista civica di Anselmo Claudia Zamorani, portavoce dell’associazione “Finalmente 2024”. «Puntiamo a a ridisegnare la mobilità. Le auto con questa giunta circolano ovunque». L’ambiente e l'integrazione dei migranti sono il cavallo di battaglia di Anna Zonari, psicologa, fondatrice di un equipaggio di terra di Mediterranea e candidata sindaco della lista di sinistra “Ferrara comune”. «Per ripartire dobbiamo favorire la transizione energetica e le comunità energetiche e serve un piano di mobilità sostenibile rendendo gratuito il trasporto pubblico. E mentre Caritas e volontariato cattolico confermano l’aumento della povertà, ci manca un osservatorio per quantificarla». L’altro candidato sindaco è l’imprenditore centrista Daniele Botti di “Ferrara Futura”. «In questa città - afferma - non si fanno figli. Il tema è la disoccupazione giovanile e il problema legato alla desertificazione industriale e commerciale. Vogliamo ripartire dal quoziente famiglia nell’Isee per abbattere le tasse comunali».

Presentando la lista civica di sostegno con imprenditori e commercianti, il sindaco Alan Fabbri, rivendica 140 milioni di euro incassati dal Pnrr che vanno finalizzati. Sulla sicurezza si accende. «Rispetto al 2019 abbiamo tolto diverse aree al degrado, la battaglia prosegue. Abbiamo dato una visione di città diversa grazie alla polizia locale e a quella di stato, Il Gad oggi è un’altra cosa». Sui tagli alla spesa sociale? «Tutti questi problemi non li ho visti, abbiamo cercato di investire su famiglia e anziani e siamo certi di vincere» taglia corto. Quanto al mercato degli alloggi saturato dai 18mila fuorisede universitari, spiega che il Comune vuole creare studentati. Quanto alle spese della comunicazione «ho uno staff con diversi collaboratori - conclude - forse dà fastidio il mio rapporto diretto con le persone». In attesa che il voto di giugno della città con le sue 11 frazioni disegni nuovi equilibri nel centrodestra o ritorni il centrosinistra in comune, la società civile guarda avanti e in alto.

Il presidente della Fism, Biagio Missanelli, è impegnato a salvare dalla chiusura le 52 materne cattoliche ferraresi con un nuovo modello. «Siamo passati dalla gestione parrocchiale alle coop sociali». Invece la scuola di palazzo Cini per la formazione politica della diocesi sta affrontando nuovi temi con i 64 iscritti, dall’ecologia alla comunicazione politica all’accoglienza per creare con l’associazionismo una nuova classe dirigente allargando gli orizzonti. Chiudiamo a Casa Betania, dove la Caritas diocesana accoglie 36 donne e 14 minori- famiglie monogenitoriali femminili che il vescovo si è portato “a casa” - e dove, almeno qui, sono nati nove bambini.

L'arivescovo di Ferrara Perego: «Scollamento crescente»

Arcivescovo di Ferrara dal 2017 e presidente della Fondazione Migrantes della Cei, monsignor Giancarlo Perego ha una visione chiara sul futuro della città estense che parte dall'apertura. Con lui, che ha finalmente riaperto la cattedrale terremotata nel 2012 per la domenica delle Palme, parliamo di sviluppo e rilancio. «Temi come la viabilità e il parco del Delta, i collegamenti del polo chimico con porto Marghera e Ravenna o il credito riguardano il governo nazionale e regionale, il Comune può agevolare e partecipare. Ma servono per altre questioni una maggiore coesione sociale e una maggiore collaborazione tra realtà territoriali. Vedo infatti uno scollamento che rende difficile il conseguimento di obiettivi comuni, al di là degli schieramenti».

Quali sono le criticità?

La città è sempre stata penalizzata dalla sua posizione geografica rispetto alla via Emilia e dalla sua particolare conformazione che allontana centro e periferie. Il turismo in città, in ripresa ovunque, è in calo a causa dei beni culturali chiusi perché ancora terremotati, tra cui numerose chiese. Abbiamo riaperto la cattedrale, ad esempio, ma per terminare i restauri esterno ci vorranno ancora anni. L'università con quasi 30mila iscritti, due terzi dei quali fuori sede, è una ricchezza, ma inevitabilmente mancano in città gli alloggi in affitto per le giovani coppie. Noi puntiamo sulla costruzione di studentati, ma senza prospettive di buona occupazione i giovani se ne vanno e Ferrara è una delle città più vecchie d'Italia dal punto di vista demografico. Servirebbe manodopera anche straniera per l’agricoltura, i rifugiati dei nostri centri ad esempio trovano subito impiego anche se soprattutto stagionale e non tutti raggiungono il minimo della somma necessaria per l’autonomia (6mila euro) e gli agricoltori ne chiedono tre volte tanto. Ma questa è la città che in Emilia Romagna attrae meno immigrati. E poi l'agricoltura che qui vanta eccellenze come la frutta, sta perdendo le piccole imprese che vendono ai grandi. Si sta così ricreando il latifondo, che la riforma di 70 anni fa aveva abolito mentre il granchio blu ha distrutto l'economia ittica di 1.400 famiglie che allevavano cozze oggi costrette a cercare lavoro ai Lidi, dove il turismo soprattutto degli stranieri va a gonfie vele con due milioni di presenze. Però mancano programmi di lungo periodo per i giovani, vedo in città solo eventi come i concerti, ma le problematiche restano. Prendiamo il fenomeno della droga, se ogni anno i sequestri di stupefacenti raddoppiano, è segno che il disagio sta crescendo.

Quanto è importante ancora la chimica?

È strategica, il nuovo progetto dell'università prevede l'abbattimento di metà del prelievo di acque del Po che saranno usate per l'agricoltura. È un progetto importante e pilota per la cura del Creato, così come progetti innovativi per il riciclo della plastica.

Secondo lei come può avvenire la sua rigenerazione?

Solo attraverso l’apertura a nuove famiglie e a nuove persone che vanno integrate nella nostra realtà. Diversamente città e territori sono destinati a morire. Non siamo più in grado ad esempio di coltivare da soli la nostra terra né seguire i turisti con i servizi essenziali. Senza apertura siamo destinati all’impoverimento. La programmazione dovrebbe essere l’obiettivo di chi vuole il bene comune.