Un viaggio nella legalità che cresce, come il seme piantato da don Peppe Diana, come il grano cresciuto sulle terre confiscate alla camorra e che ora i giovani stanno raccogliendo perché diventi pasta. Ed avrà il buon sapore della giustizia, dell’onestà, della libertà. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ieri è stato in questa parte dell’agro aversano che quindici anni fa assistette in silenzio all’assassinio in chiesa di don Peppe Diana per mano della camorra e che oggi vede la volontà di crescere e di cambiare nel nome di don Peppe, sacerdote che ha amato la sua terra ed il Vangelo. Il giro di don Ciotti è cominciato lì dove morì il seme, a Casal di Principe. Ha incontrato i genitori del sacerdote, Jolanda e Gennaro, e li ha salutati nel nome del figlio «martire di giustizia. Lui aveva scelto, come dovrebbero fare tutti, la normalità del bene e del coraggio. Martirio e testimonianza sono nelle lingue antiche un solo termine. La parola martirio significa testimonianza, non solo di un fatto, ma testimonianza di verità che non può essere negata, taciuta. Don Peppe Diana, come Giovanni Paolo II disse parlando delle vittime delle mafie è un martire di giustizia, perché testimone di testimonianza cristiana e di una responsabilità civile. Il suo impegno era per illuminare le coscienze». Al cimitero, il presidente di Libera si è fermato davanti alla tomba di don Peppe per «sussurrargli - ha raccontato - nel silenzio e nella riflessione della preghiera, che continua a vivere in ciascuno di noi e ci accompagna nella faticosa marcia verso la giustizia quella che per un credente si realizza quando si diventa capaci di fedeltà al Vangelo ed alle vite delle persone. Una fedeltà ed un amore per il suo popolo che ha pagato con il martirio. Di quell’amore - ha detto don Ciotti - dobbiamo essere grati perché da quell’esempio siamo stati resi tutti più forti e più vigili». E poi i giovani che da tutta Italia a Castel Volturno stanno lavorando i sette ettari, appartenuti al boss casalese Michele Zaza, a loro volta semi della cooperativa ’Le terre di don Peppe Diana-Libera Terra’ per la produzione di prodotti agricoli. La terra bagnata dal sangue innocente diventa terra di vita. 'Per tutti è necessario un esame coraggioso nella propria coscienza ed un umile atteggiamento di conversione per fare di più - ha concluso don Ciotti. - Abbiamo bisogno di parole aperte al futuro, di esempi credibili e coerenti, di più fatti e meno parole da parte di tutti. Solo se noi facciamo la nostra parte possiamo chiedere agli altri di fare la propria'. Il lavoro dei giovani sulle terre di don Diana è la risposta più efficace alle dichiarazioni nei giorni scorsi dell’onorevole Gaetano Pecorella sull’omicidio del sacerdote e che tante polemiche hanno suscitato. Se ne è reso conto lo stesso presidente della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti che infatti in una lettera ai genitori di don Diana ha meglio precisato il suo pensiero, innanzitutto chiedendo scusa «se sono stato causa di amarezza per voi o ritenete che abbia offeso la memoria di vostro figlio». Quindi continua: «mai ho detto che vostro figlio non è stato ucciso dalla camorra né che della camorra non è stato vittima. Ho detto esattamente il contrario». Una lettera che Jolanda Diana ha accettato con sollievo dopo «tre giorni di inferno. Mi sembrava - ha detto - di essere tornata a quindici anni fa quando mio figlio fu ucciso mentre si preparava ad officiare la Messa e la sua memoria veniva da qualche parte calunniata». Don Luigi Ciotti sulla tomba di don Peppe Diana (Ansa)