Migranti. Cinque anni fa l'accordo Ue-Turchia. Il risultato? Per le Ong un fallimento
Il campo profughi di Lesbo, in Grecia, dove le condizioni di vita sono pessime
A 5 anni esatti dall’annuncio dell’accordo tra Unione Europea e Turchia sui migranti siamo di fronte a un totale fallimento delle politiche europee sulla gestione dei flussi migratori, che hanno di fatto calpestato i diritti fondamentali di decine di migliaia di innocenti. Da allora infatti non è passato un giorno senza che moltissime famiglie rimanessero intrappolate nei campi sulle isole greche, in condizioni disumane.
È la denuncia lanciata, ieri 18 marzo, da Oxfam, in occasione dell’infausto anniversario di un accordo, nato con l’esplicito obiettivo di bloccare i migranti in Grecia per poi rispedirli indietro verso la Turchia. Una politica che non ha prodotto altro che condizioni di vita spaventose, episodi di violenza sui migranti alle frontiere e ritardi enormi nelle richieste di asilo, rendendole impossibili in molti casi. Tutto questo nonostante le famiglie arrivate sulle isole greche provenissero spesso da paesi in conflitto da molti anni, come Siria, Afghanistan o Iraq. Nel 2021 gli arrivi in Grecia sono stati 1068 di cui 566 via mare.
Dopo l’incendio che ad agosto 2020 ha devastato il centro di Moria, nel nuovo campo di Mavravoni a Lesbo, quasi 8 mila persone – in maggioranza famiglie con bambini piccoli - nonostante il freddo invernale vivono in tende anche solo a 20 metri dal mare, senza riscaldamento per le inondazioni e i blackout.
Eppure, nonostante questo palese fallimento, il nuovo Patto Ue sulla migrazione, presentato lo scorso settembre, non fa che seguire lo stesso approccio di chiusura ed esternalizzazione delle frontiere europee inaugurato con l’accordo con la Turchia.
Da qui l’appello all’Unione Europea per un radicale cambio di rotta, che implichi uno stop definitivo alla costruzione di nuovi campi nelle isole greche, come prevede proprio il nuovo Patto europeo. Appello rivolto anche al governo Draghi.
In una lettera aperta (firmata da Oxfam, Amnesty International, Caritas Europa, Danish Refugee Council, Greek Council for Refugees, Human Rights Watch, International Rescue Commettee, Refugee Rights Europe) diretta all’Unione europea e agli Stati membri, si si chiede quindi che:
1) Nessun richiedente asilo sia sottoposto a detenzione, così come previsto nei nuovi centri di accoglienza che dovrebbero essere costruiti sulle isole greche. Soprattutto nel caso di donne e bambini reduci da viaggi lunghi e pericolosi.
2) Ai richiedenti asilo siano garantite, senza eccezioni, condizioni di vita dignitose: l'UE non può eludere i propri obblighi in materia di tutela diritti umani attraverso la creazione di una "fase di pre-ingresso" che contraddicono le normative europee in materia.
3) Ai richiedenti asilo venga garantita la possibilità di usufruire di assistenza legale, non escludendo il supporto legale fornito dalle Ong e dall’Unhcr, per affrontare il lungo e complicato percorso previsto. Nel caso delle cosiddette procedure accelerate alla frontiera infatti spesso i diritti dei richiedenti asilo vengono violati.
4) Venga previsto un controllo indipendente ed efficace sulle reali condizioni dei centri di accoglienza sulle isole greche. L'Ue e gli Stati membri devono consentire il monitoraggio esterno e la verifica da parte di parlamentari e Ong.