L’amico e ghostwriter Giuliano Ferrara, definendolo «premier scandaloso» sul suo giornale, gli ha offerto l’assist per una difesa a tutto campo. E Berlusconi non se l’è lasciato scappare. Per tutto il giorno il Cavaliere, nel bunker di palazzo Grazioli, mette a punto una lettera-risposta di fuoco - cui lo stesso Ferrara non è estraneo - nella quale mette in chiaro i tre capisaldi con cui intende resistere alle intercettazioni, ai processi, alla crisi e al pressing dei suoi perché faccia un passo indietro. Primo: «Il mio privato, piaccia o no, è incensurabile e non ho nulla da vergognarmi». Secondo: «Io non mollo, c’è una maggioranza di italiani che non vuole ribaltoni, il giudizio dei cittadini ci sarà nel 2013». Terzo: «L’aggressione politica, mediatica, giudiziaria, fisica, patrimoniale e di immagine si è intensificata da quando ho vinto per la terza volta e ho realizzato il bipolarismo, quando si è capito che era alle porte una stagione di riforme».Scrive e cancella il premier, per tutto il giorno, fino alla formulazione finale. Vorrebbe dire di più. Ad esempio che i pm si sono «scatenati» da quando hanno capito che lui avrebbe davvero messo mano alla giustizia, che esistono sul serio «poteri intoccabili» contro i quali ci si brucia, come accaduto a Clemente Mastella, che Bossi ha poco da accorciare i tempi della legislatura, visto il calo di voti subito a maggio. Vorrebbe denunciare le istituzioni della giustizia che tacciono sul «fango» che gli viene riversato addosso sui giornali nonostante a Napoli e Bari non sia «nemmeno indagato». Ma si ferma sul limite. Per il resto, invece, è il Berlusconi dei giorni precedenti le amministrative di maggio. Denuncia un «regime di piena e incontrollata sorveglianza» sulla sua persona, lo «scandalo di un circuito mediatico e giudiziario impazzito e illegale che vuole scardinare il funzionamento regolare delle istituzioni per interessi fin troppo chiari». Poi mette nel mirino l’interrogatorio richiestogli come parte offesa dai pm di Napoli. «È mio interesse rendere testimonianza, ma così com’è congegnata è un trappolone». Nero su bianco, dunque, descrive la sua grande paura: entrare in procura da testimone e uscirci da indagato. Dunque, vuole a fianco i suoi avvocati.È un netto cambio di strategia. Il tempo del silenzio imposto dalle colombe è finito. Si torna a combattere. Si va a Milano lunedì, all’udienza Mills, per usarla come ribalta. Mentre si annulla la presenza a New York all’assemblea Onu sulla Libia, troppo lontana dal fronte italiano. Anche lo schema della sua lettera ricalca il clima battagliero della scorsa primavera. Un copione in cui c’è anche la difesa delle ragazze coinvolte nelle feste: «Decine, centinaia di persone esposte in modo criminale al ludibrio e al linciaggio, marchiate a vita come escort. E falsi pettegolezzi – attacca – sono stati creati sulla signora Arcuri, mia ospite inappuntabile in Sardegna e a palazzo Grazioli» (di fatto Berlusconi smentisce sia il rifiuto dell’attrice a partecipare alle sue feste sia il tentativo di indurla alla prostituzione che avrebbe esercitato Tarantini).Un’azione eclatante era nell’aria sin dal mattino. Si ipotizzava di nuovo un decreto sulle intercettazioni, un assalto al Csm, addirittura un passo indietro del premier. Niente di tutto ciò. «Lei dice bene – dice rivolgendosi a Ferrara e parlando di sé in terza persona –, Berlusconi è uno scandalo perché vuole governare. Non nego i miei possibili errori, ma faccio appello a persone e forze responsabili che impediscano la sovversione del Parlamento e del popolo elettore». Quasi una chiamata alle armi da agitare preventivamente davanti a tutti: ai suoi, al Colle, alle opposizioni, ai pm, ai media italiani e stranieri. «Ho avuto risultati che entreranno nei libri di storia, ho lottato contro centinaia di migliaia di intercettazioni», conclude con enfasi berlusconiana. Sfidando il resto del mondo ad una battaglia lunga un anno e mezzo.