Il sopravvissuto. Matrone: «Chiedo solo giustizia per Rigopiano»
Giampaolo Matrone e Valentina Cicioni, la moglie morta a Rigopiano
C’erano silenzio e neve, un muro di neve, quando l’hotel Rigopiano fu spazzato via. C’erano freddo e buio, un buio totale, nelle terribili 62 ore passate a testa in giù nelle viscere della massa di oltre 100 tonnellate di ghiaccio, terra e detriti che si formò alle 16,48 di quel 18 gennaio. È passato quasi un anno, c’è rumore e un insolito caldo sole invernale oggi, quando incontriamo Giampaolo Matrone, la «non vittima» della tremenda tragedia che un anno fa costò la vita a 29 persone: «Mi soprannominarono così i soccorritori perché sono stato letteralmente a un centimetro dalla morte», racconta. Giampaolo, pasticciere di Monterotondo, vicino Roma, assieme a tutti gli altri familiari il 18 tornerà lassù per la commemorazione, ripercorrendo quei 9 chilometri di curve e strettoie. Lo farà per la 'sua' Valentina (Cicioni di cognome), che faceva l’infermiera al Gemelli. «Valentina farà 34 anni il 25 febbraio», ci dice. Subito si corregge, ma in quel verbo declinato al futuro c’è tutto il dramma di queste vite segnate, nel battito di pochi secondi, da una terribile miscela di valanga e terremoto, da un intreccio di casualità ed errori umani. «Quel giorno lo voglio tenere tutto per Valentina e per mia figlia Gaia, 6 anni (che non era con loro a Rigopiano, ndr) – ci racconta Giampaolo –. Ripenserò al suo sorriso, al suo essere mamma e moglie in modo speciale. La voglia di giustizia la lascio il 17 e la riprenderò il 19». Lui è uno dei 9 sopravvissuti estratti vivi dalle macerie (altri due si salvarono perché erano all’esterno della struttura).
Matrone, un anno dopo che vita è la sua?
Sono l’unico ferito gravemente. Faccio fisioterapia tutti i giorni, dalle 9 alle 13 e 30. Al braccio destro, dove ho subito 4 interventi con un innesto di pelle, e alla gamba sinistra. Vivo per vedere il sorriso di mia figlia, che è piccola e ha il diritto di divertirsi. Dove la vedo con il sorriso, io la porto.
Ha ripreso il lavoro?
Non posso. Ho un bar-pasticceria, di cui sono titolare insieme a mio fratello, lasciatoci da nostro padre. Al posto mio abbiamo dovuto mettere due persone. I progressi ci sono, ma non sono quelli che speravo. Mi hanno detto che ritornerò a poter fare una vita tranquilla, ma non più come prima. Sono stato un allenatore, so che non potrò più rifare una partita di calcetto. Ho 34 anni, posso dire in teoria di far tutto, ma se cammino più di 150 metri poi mi devo fermare. Non scrivo più con la destra, non ho forza, riesco a prendere qualche volta Gaia in braccio ma poi devo lasciarla, riesco appena ad allacciarmi i pantaloni...
Immagino che le vacanze di Natale siano state pesanti.
Sì, lo sono state, i ricordi dell’anno prima erano evidenti. Non posso permettermi però di non festeggiare: Gaia vuole fare l’albero e il presepe e allora vanno fatti, Gaia vuole i regali, allora bisogna stare in compagnia per scartare i regali. Sono obbligato a far continuare la vita. Devi essere forte, come lo sono io, per andare avanti.
A ottobre fece scalpore il suo blitz, ripreso in un video, alla prefettura di Pescara, dalla funzionaria che al telefono aveva sottovalutato l’allarme su Rigopiano, episodio per cui incredibilmente è stato indagato. Perché lo fece?
Era un periodo particolare. Si erano persi la cartella, dopo i primi 6 mesi non mi volevano più dare la fisioterapia. Non cercavo pubblicità. Mi tornava sempre in mente quella telefonata, che avevo sentito negli 80 giorni passati all’ospedale, allora ogni tanto chiedevo a Gianluca Tanda (il presidente del comitato dei familiari, fratello di Marco, ndr), di portarmi a guardarla negli occhi. Volevo una spiegazione, se c’era. Sa, io sono un tipo combattivo, che non sta zitto davanti a un sopruso. Dopo quel gesto, comunque, ho avuto una pensione d’invalidità al 100%, con una visita di controllo fissata dopo un anno.
Cosa pensa riandando con la memoria a un anno fa?
Che non ci doveva stare nessuno, quel giorno a Rigopiano. Quelle 29 persone non sono state uccise dal destino, ma da chi non ha fatto il proprio dovere. Noi eravamo arrivati il 17, alle 18 passate. Alle 22 e 30 c’era tanta di quella neve... La mattina dopo ci fu la scossa, alle 10 volevamo ripartire, avevamo già la valigia in macchina, ma c’era un muro davanti. Aspettavamo alla fine della hall, vicino a dei divanetti. All’improvviso, arrivò un vento leggero, calò il buio...
Guarda mai le foto e i video di quel giorno?
Sì. Lo sa? Incredibile, mi dà solo forza, forse troppa forza. Tanti mi dicono: 'come hai fatto'? Eppure quelle 62 ore le ho superate. Certe volte mi scappa la battuta 'ma cosa mi può fare paura, ormai'? Anche se devo confessare che, qualche volta, un po’ di paura ce l’ho di un altro terremoto... non so come reagirei.
Com’è vivere 62 ore in quelle condizioni?
Ero bloccato da una trave, io dormivo, sognavo e mi svegliavo, forse svenivo. Il pensiero è stato sempre ed esclusivamente per Valentina e Gaia. Mia moglie era vicino a me, ma rimase schiacciata da un muro, io ho volato per 15 metri. Avevo tre corpi sotto di me, sentivo qualcosa di morbido, percepivo che erano dei morti. Vedevo Valentina già come un angelo, vicino a me. La prima parola ai soccorritori è stata 'andate a salvare Valentina, non dite niente di me, non fatela preoccupare'. La trovarono due giorni dopo.
Diceva che oggi vive solo per sua figlia?
So che il futuro di Gaia sono io. Se vivo e sto bene, lei sta bene. Se ho dei momenti di sconforto, lei ne risente. Si preoccupa di me, è anche gelosa da morire. Mi sono tatuato il nomeValentina, lei mi ha detto 'devi mettere prima Gaia'. Faccio anche cure psicologiche: mi hanno spiegato che è normale, lei si preoccupa del genitore rimasto in vita, per la paura di perdere anche me e di rimanere da sola. Il ricordo però è impresso in noi, ogni giorno ci ricordiamo i giochi e gli scherzi che faceva con la madre.
Quali sono state le cose più brutte in questo anno?
È ogni sera, mettermi a letto e non trovare più Valentina. Ed è stato parlare con il prefetto, che non è l’ex prefetto di Pescara, per me è e resterà il prefetto di Rigopiano, colui che ha le maggiori responsabilità. Quando l’ho incontrato non mi ha nemmeno chiesto 'come stai'? Anzi, mai nessuno nelle istituzioni mi ha cercato, mai mai.
Cosa chiede oggi?
Non voglio fare la vittima, ho accettato tutto quello che mi è successo. Ho due obiettivi nella vita: far crescere Gaia tutti i giorni col sorriso e fare la guerra per Rigopiano. Non la battaglia, quella la fanno i soldatini. Faccio un ringraziamento speciale alla procura che, in tempi anche veloci, sta indagando bene sulle persone che ritenevamo responsabili dall’inizio. Non ho rabbia ma voglio i responsabili, non i colpevoli che possono anche essere figure minori... Voglio che paghino sotto ogni punto di vista: chi ha dato il permesso di costruire, chi ha lasciato la struttura aperta quel giorno, chi non è venuto a liberare la strada. Io dico sempre questa frase 'gli ha detto male che Giampaolo non è morto, sarò a ogni processo, non mollerò mai'.