Il profilo. Chi è Luca Lucci, il capo ultrà del Milan che era «pronto alla guerra»
Il capo storico della curva Sud milanista Luca Lucci
«Vedi che se questo parte è pericoloso È una macchina da guerra». «No ma so per certo che è il n.1». Il numero uno del fumo, sarebbe Luca Lucci, alias «Italiabelva», o «il Toro della Sud», 43 anni, capo ultrà milanista, già arrestato nell’inchiesta doppia curva sulle mani del tifo e dalla criminalità, entrambi organizzati, negli affari di San Siro, ma anche indagato per il tentato omicidio del 2019 di un ultrà rossonero, Enzo Anghinelli (ritenuto un broker della droga), per il quale di recente è finito in carcere il presunto vice di Lucci, Daniele Cataldo. A tessere le lodi di «Italiabelva» sono il suo cliente di fiducia, secondo le indagini della Gdf di Pavia, Costantino Grifa, intercettato mentre chatta con Rosario Trimboli. Quest’ultimo «è discendente di un ramo collegato al clan Barbaro di Platì», è sposato con la figlia di Francesco Perre, detto «Frank tre dita», è collegato con le famiglie calabresi della costa Jonica, ma è anche conosciuto dalle organizzazioni dei narcos Ghost e Malverde (dal nome di Jesus Malverde, messicano di Sinaloa, venerato come patrono dei narcotrafficanti), secondo quanto riporta l’ordinanza cautelare firmata dal gip Luigi Iannelli. Uno infine, sempre Rosario Trimboli, in grado di piazzare partite da decine di chili di cocaina e «di ottenere informazioni di prima mano da appartenenti alle forze dell’ordine».
Eppure anche lui è impressionato dal giro del fumo che il capo ultrà del Milan avrebbe messo in piedi. «Non c’è altro gruppo organizzato così in Italia». «Mi fai passare la voglia di bianca», replica Trimboli al suo interlocutore, come a dire che l’hashish che Lucci fa arrivare dalla Spagna è più lucroso persino della sua cocaina. «La verità è che il mio socio in Spagna è il numero uno - scrive Lucci intercettato - quasi a schermirsi -. Lui sì che si fa il c..., povero Cristo. Ci credi che non ci vediamo da due anni?». Poi però si vanta: «Noi mandiamo a Roma, Napoli Toscana, Puglia, abbiamo 12 camion con doppio fondo…, settimana prossima ne abbiamo comprato uno nuovo ora stiamo facendo posto». Carichi da due, tre tonnellate alla volta. E per le consegne il capo ultrà si affidava «a corrieri Amazon». Corrieri che pagava con un extra di 500 euro per recapitare 60-70 chili di hashish alla volta nella palestra di Grifa a Trezzano sul Naviglio. Lucci che, secondo le indagini della Dda di Milano, guidata da Marcello Viola e Alessandra Dolci, e del pm Gianluca Prisco, avrebbe progettato un ulteriore salto di qualità: «Organizzare una batteria» armata per «prendere il controllo del mercato di Milano» e per imporre il «monopolio nella vendita dello stupefacente». «Frà a me lo dici che nel cervello ho solo guerra», scriveva Lucci a Rosario Calabria, anch’egli vicino ai Barbaro-Papalia. «Quattro ferri arrugginiti ci sono ... cominciamo a fare danni (...) cominciamo a sparare», risponde Calabria. E Lucci: «Io rido ma ho la rabbia dentro ... tutti pagheranno (...) do per scontato che mi arresteranno».
Ieri Lucci (che è anche l’uomo della stretta di mano con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini nel dicembre 2018) è stato raggiunto mentre era già in carcere da un’ordinanza cautelare nell’ambito di un’indagine per narcotraffico che ha ricostruito un giro di oltre due tonnellate, tra cocaina, hashish ed eroina, per 11 milioni di euro, con «canali bancari sommersi» gestiti da cinesi, con il sistema della hawala. Il denaro, in pacchi da dicimila, viaggiava in pullman verso l’estero. Spedizioni organizzate da due albanesi che gestivano un’agenzia di viaggi a Caravaggio. Venti gli arrestati. Al vertice ci sarebbe Andrea Rozzo, 46enne residente nel quartiere della Comasina, che avrebbe preso il posto nella gestione del traffico di stupefacenti a Milano dopo l'uscita di scena di Davide Flachi, figlio di Pepè, boss della Comasina. Tra gli arrestati Luca Calajò, nipote del ras della droga della Barona, Nazzareno Calajò, e (ai domiciliari) Roberta Grassi, presunta contabile della curva Sud rossonera, che, secondo le indagini, avrebbe movimentato per conto di Lucci 2.732.210 euro in sei mesi, nascondendo i soldi in casa. «Imbosca bene mi raccomando», scriveva Lucci a Grassi nel settembre 2020.