Bilancio. Cosa c'è nella manovra da 40 miliardi
Il conto della legge di bilancio in arrivo a ottobre, in base alle indicazioni del Def, veleggia tra i 35 e i 40 miliardi complessivi. Ben
27 saranno spesi in deficit, gli altri dovranno arrivare da tagli ed entrate straordinarie. Ecco le misure principali come annunciate e il loro costo.
ARRIVA IL REDDITO CITTADINANZA
Dieci miliardi per il reddito di cittadinanza, compresi i fondi per la riforma dei centri per l’impiego. Per quest’ultima voce, decisiva per il funzionamento della misura se l’obiettivo è quello del reinserimento lavorativo di chi riceve il sussidio, è pronto un miliardo e mezzo di euro. Finora si era parlato di 2 miliardi. Il ministro Di Maio ha assicurato l’avvio del reddito per «cancellare la povertà» a beneficio di oltre 6 milioni di italiani e annunciato la collaborazione al progetto di Mimmo Parisi, un esperto che si occupa dei centri per l’impiego degli Stati Uniti. In Italia ci sono oggi circa 550 centri per l’impiego gestiti dalle Regioni, nati sulle spoglie dei vecchi uffici di collocamento. I dipendenti sono meno di 8.000 (a fronte di 100.000 in Germania e 45.000 in Francia) e la spesa annua tra strutture e personale si aggira, secondo dati Eurostat, intorno ai 700 milioni contro gli 11,6 miliardi in Germania e i 5,4 miliardi in Francia. Solo il 3% dei disoccupati che si rivolge ai centri trova lavoro, contro il 20% di Francia e Germania. Secondo quanto anticipato da Di Maio il reddito sarà distribuito da marzo 2019 mentre le pensioni di cittadinanza partiranno da gennaio. L’importo da raggiungere, per entrambe le misure, è di 780 euro al mese. Chi ha già un piccolo reddito o una pensione minima, riceverà la differenza mancante. Ma benché corposi, i fondi previsti in manovra non sembrano tali da assicurare il sussidio a una platea così ampia. 10 miliardi distribuiti tra 6 milioni di persone fanno meno di 1.700 euro l’anno a testa: 140 euro al mese.
IN PENSIONE A QUOTA 100 (o PIù)
Pensione prima del previsto per circa 400mila lavoratori con una spesa aggiuntiva per la finanza pubblica di 7-8 miliardi di euro nel 2019. Le modifiche alla legge Fornero saranno uno del piatti forti della prossima finanziaria. Con qualche paletto in più rispetto alle indiscrezioni delle ultime settimane. La «quota 100» per andare in pensione, intesa come somma tra età anagrafica e contributiva, avrà una doppia soglia: un minimo di 62 anni di Età e almeno 38 di contributi. In altre parole la formuletta a due zeri non varrà, ad esempio, per i 63enni con 37 di contributi o i 64enni con 36. Chi ha un età superiore ai 62 anni dovrà comunque averne 38 di lavoro e di fatto potrà andare a riposo a quota 101, 102 e così via. Allo stesso modo chi ha già, ammettiamo, 40 anni di versamenti dovrà attenderne altri due per uscire. Non sarebbero previste penalizzazioni economiche per chi anticipa l’uscita. Tra le altre novità ci sarebbe poi il blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita di 5 mesi per le pensioni anticipate. Le attuali regole prevedevano che il minimo salisse a 43 anni e 3 mesi (un anno in meno per le donne) invece tutto dovrebbe restare come ora: 42 anni e 10 mesi di contribuzione. L’incremento connesso all’aspettativa di vita resterà invece per le pensioni di vecchiaia che si raggiungeranno a 67 anni. Potranno andare a riposo prima dei 62 anni i "precoci", ai quali basteranno 41 anni di contributi. Secondo Di Maio, per ogni uscita dal lavoro ci saranno «due assunti, così ci hanno detto le grandi aziende di Stato».
LA FLAT TAX PARTE DAGLI AUTONOMI
È stata forse la misura più "calda" della campagna elettorale perché avanzata dallo schieramento del centrodestra e poi, per
volontà soprattutto della Lega, è finita nel contratto di governo stipulato tra il Carroccio e il Movimento 5 Stelle. La flat tax, ovvero la tassa unica, però parte piano e ci sarà solo un piccolissimo antipasto nella manovra di quest’anno. Sarà avviata con l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato di imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani. Il nuovo regime per le partite Iva con una tassazione al 15% dovrebbe fermarsi, almeno per il 2019, a 65.000 euro di ricavi. «Riguarderà oltre un milione di lavoratori», ha assicurato il vicepremier Matteo Salvini. La misura dovrebbe costare circa 1,5 miliardi ma spalmati per lo più sul 2020. In stand-by dunque, almeno per ora, l’ipotesi di alzare il tetto fino a 100.000 euro con una tassazione al 20% sulla parte eccedente. È previsto inoltre il taglio dell’Ires per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi.
INVESTIMENTI CERCANSI
Nei 35-40 miliardi di valore totale della manovra non si capisce dove siano gli investimenti. Eppure, ha promesso il presidente del
Consiglio, Giuseppe Conte – ci saranno anche 15 miliardi destinati a questo scopo. «Punteremo molto sugli investimenti – ha promesso il premier –. La spesa che abbiamo prefigurato sarà destinata per la maggior parte agli investimenti: è il piano più consistente mai realizzato e previsto in Italia, parliamo di 38 miliardi spalmati in 15 anni, cui andiamo ad aggiungere altri 15 miliardi nel prossimo triennio. In realtà tutte le misure di cui si è concretamente parlato in queste settimane sono trasferimenti di denaro o sgravi, non investimenti. Ma anche Di Maio ha assicurato che in questo deficit del 2,4% ci sono 15 miliardi di euro investimenti e che questo sarà «il più grande piano di investimenti mai fatto in Italia». Si vedrà.
PACE FISCALE
Confermata la «chiusura delle cartelle di Equitalia» con la cosiddetta pace fiscale. La misura coinvolgerà i contribuenti con cartelle
esattoriali e liti fiscali, anche pendenti fino al secondo grado. Sale a 500mila euro il limite di importo dei debiti ammessi alla nuova rottamazione o condono delle cartelle, confermata nella Nota di aggiornamento al Def 2019. Allo stato il valore contabile residuo dei crediti dei diversi enti pubblici è molto alto e complessivamente pari a quasi 800 miliardi di euro di cui, tuttavia, solo 50 miliardi di euro sono effettivamente recuperabili. Gli incassi della pace fiscale sono stimati tra 3,5 e cinque miliardi di euro il primo anno. Intanto lunedì è il termine ultimo per il saldo dell’ultima delle cinque rate della rottamazione varata dal governo Renzi e della seconda rata della rottamazione-bis. Potrebbe crearsi una confusione tra chi ha aderito allle precedenti "sanatorie" e il miraggio della pace fiscale potrebbe dissuadere chi ha già avviato un percorso di ravvedimento.
SPENDING REVIEW
Con i tagli di spesa dei ministeri e la riduzione degli acquisti da parte della Pubblica amministrazione si potrebbero ottenere risparmi per circa tre miliardi di euro. Tuttavia rischiano di non bastare, considerando anche che le stime del Pil andranno riviste al ribasso (dall’1,5% all’1,2%). Si vorrebbe operare poi sulle<+CORSIVOA> Tax exprenditures<+TONDOA>, ovvero le 799 agevolazioni che sgonfiano il gettito per 313 miliardi di euro consentendo ai cittadini di ridurre le tasse da pagare. Non saranno toccate le detrazioni per lavoro, famiglia, sanità, e nemmeno gli ecobonus e le agevolazioni per le ristrutturazioni, oltre a istruzione e ricerca. A rischio invece gli sconti per trasporti e agricoltura, le detrazioni per le spese veterinarie e i sussidi per le spese funerarie, le assicurazioni e le cooperative. Gli enti locali dovrebbero essere esclusi da questa revisione della spesa, introdotta in Italia nel 2007 dall’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa.