Editoriale. Chasiv Yar ridotta in cenere: succede in Ucraina, succede in Europa
Il drone vola adagio, l’obiettivo riprende crudamente ogni dettaglio. A Chasiv Yar, Ucraina orientale, 12 mila abitanti, non c’è più niente di vivo. Certi palazzi di dieci piani sono ancora in piedi, scheletri di cemento armato. I vetri esplosi, le finestre nere e vuote. Tutto è color cenere, come se un terribile fuoco avesse consumato case e strade. Dove sono andati tutti?
Nella lenta ripresa dal drone cerchi nelle vie qualcosa che si muova. Nulla: non un uomo, nemmeno un cane. Per giorni i russi hanno bombardato la città. Scappati in tempo, o morti, gli uomini, le donne, i bambini di Chasiv Yar? Un video terribile. Fa male al cuore. Dovresti, dici a te stessa, non guardare queste immagini
(le guerre, una volta, non si vedevano quasi in diretta, e con una tale spietata precisione). Ma non voler guardare sarebbe vile. Succede, sta succedendo, succederà domani, in Ucraina, Europa.
Quella piccola città incenerita però ti ricorda qualcosa che hai già visto, su dei libri di storia: Coventry, annientata dalle bombe tedesche nel novembre 1940, come un monito agli inglesi. E Dresda, ora Germania Est, un tempo florida città, rasa al suolo da una Feuer Sturm, una “tempesta di fuoco”, nel febbraio del ’45 - perché a Berlino capissero che era finita.
Chissà quanti giovani oggi in Europa sanno cosa è accaduto a Coventry e a Dresda. Non molti, forse. Oggi però è facile sapere, basta cercare sul web: Dresda, Coventry.
Dresda fu prima colpita da bombe incendiarie, poi, quando i soccorsi in città si erano messi in moto, da altri bombardamenti. Il calore degli incendi provocò un vortice che trascinava via persone e cose. Nelle fotografie aeree il giorno dopo la città è macerie e polvere. Non se ne parlava molto nei libri di scuola, almeno ai miei tempi - forse perché quel massacro fu compiuto dagli Alleati.
Quando, adulta, sono passata da Dresda e ho saputo che cosa esattamente era accaduto lì, sono rimasta atterrita. Ma la città era stata ricostruita, il centro storico pareva intatto, e le foto in bianco e nero mi convinsero che quell’orrore apparteneva al passato. Che non poteva più succedere, in Europa. Il Muro era caduto, al Cremlino era passato Gorbaciov, a Roma c’era un Papa polacco: il mondo sembrava cambiato per sempre. Nei grandi magazzini di Dresda vendevano magliette italiane. Ne comprai per i bambini, coloratissime, quasi a rassicurarmi: tanti anni prima, e mai più.
Chasiv Yar è molto piccola in confronto a Dresda. Tuttavia quel deserto, quel biancore di cenere sollevano dentro di me un dubbio indicibile. Non lo dirò, credo, ai figli, anche se oggi sono grandi. Hanno dei bambini, a loro volta. No, non gli parlerò di Chasiv Yar, né di Coventry e Dresda.
Aprire il web al mattino fa male. Il cuore accelera, l’orizzonte si incupisce anche in questa mattina di maggio e di sole. Ti dici: comunque, accade lontano. Già, accade sempre “lontano”. Quei dodicimila, dove sono andati, che ne è. I loro bambini, i loro vecchi, gli invalidi, i malati. Tra le macerie, nessuno. “Lontana” Chasiv Yar, eppure l’ombra di quelle finestre nere ci riguarda, e ci guarda: per quanto rapidamente chiudi il video e cerchi altro, quasi affannosamente. “Il Capo di Stato Maggiore italiano Carmine Masiello: Esercito da potenziare, dobbiamo fare in fretta”. No, nemmeno questo titolo va bene. Calcio, Concertone, Ferragni, qualsiasi cosa per tornare al “nostro” mondo - per non pensare a Chasiv Yar.