La Camera ricorda Giacomo Matteotti a 100 anni dal celebre discorso che gli costò la vita
«Signor presidente, io chiedo di parlare né prudentemente né imprudentemente, ma solo parlamentarmente», così
Giacomo Matteotti, replicava con sdegno al presidente della Camera, il fascista
Alfredo Rocco, subentrato da pochi giorni a Enrico De Nicola, che – interrotto sovente, Matteotti, da minacce e ironie dai banchi dei fascisti - invece di garantirgli la possibilità di parlare lo invitava a essere più prudente nel suo argomentare. Sono attimi di commozione, alla Camera, quando
Alessandro Preziosi legge i passaggi più incisivi di quel celebre discorso-denuncia di 100 anni fa. Una targa lo ricorderà, sul suo scranno che significativamente non sarà più assegnato ad alcun deputato, come comunicato dal presidente Lorenzo Fontana a inizio cerimonia, presenti il capo dello Stato
Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio
Giorgia Meloni, oltre al presidente del Senato
Ignazio La Russa, al Presidente della Corte costituzionale
Augusto Barbera e l'ex premier
Mario Monti. In Aula, tra gli altri, i ministri della Giustizia
Carlo Nordio, quello dello sport
Andrea Abodi e la segretaria dem,
Elly Schlein e gli ex presidenti di Montecitorio
Fini, Bertinotti, Casini e Fico.Ma, pronunciate a margine, sono le parole di Giorgia Meloni a segnare questa giornata, dopo che – si ricorderà – proprio il centenario di Matteotti era stato al centro di una dura polemica con lo scrittore Antonio Scurati che non si era visto mandare in onda dalla Rai il suo duro attacco alla presidente del Consiglio.
«Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti ha pronunciato nell'Aula della Camera il suo ultimo discorso, che gli sarebbe poi costato la vita. In quel discorso, Matteotti
difese la libertà politica, incarnata nella rappresentanza parlamentare e in libere elezioni – ricorda Meloni -.
Oggi siamo qui a commemorare
un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno a distanza di 100 anni da quel discorso
il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no». E poi conclude: «La lezione di Matteotti, oggi più che mai, ci ricorda che
la nostra democrazia è tale se si fonda sul rispetto dell'altro, sul confronto, sulla libertà, non sulla violenza».Parole importanti scandite con attenzione, per ricordare la macchia più pesante del fascismo delle origini, ben prima delle leggi razziali, dell’entrata in guerra e dell’alleanza con il nazismo. Un sacrificio che chiama in causa, anche gli altri, i popolari che erano stati sostenitori, in precedenza, del primo governo Mussolini; i comunisti, che si illusero potesse trattarsi di una fase transitoria che avrebbe aperto la strada al loro avvento al potere; e gli stessi socialisti, dalla cui fila dopotutto Mussolini proveniva, che non sostennero con la convinzione dovuta la coraggiosa battaglia del deputato originario di Fratta Polesine, lasciato sostanzialmente solo.«Matteotti sedeva in Parlamento dal 1919 – ha ricordato Fontana –. Si era distinto per la sua instancabile attività in Aula e nelle commissioni, soprattutto sui temi a lui più cari: la scuola, l’amministrazione, il bilancio dello Stato, rivendicava quelle prerogative del Parlamento che considerava la più alta espressione della democrazia moderna». Già in precedenti interventi aveva contestato ai fascisti irregolarità procedurali. «Il lavoro alla Camera, come emerge anche dalle lettere all’amata moglie Vèlia, impegnò Matteotti fino allo stremo. Passava ore e ore in Biblioteca a preparare i suoi interventi alla Camera, sempre ben documentati e puntuali». E ora una mostra curata dal Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della sua morte ripercorre questa sua intensa attività, anche attraverso le lettere e i documenti inediti messi a disposizione dalle Fondazioni Matteotti e Turati. «La Camera dei deputati è onorata di ospitarne una selezione per i prossimi mesi», ha concluso Fontana.La cerimonia si è aperta con l'Inno nazionale eseguito dalla Banda Interforze, dopo Fontana,
Bruno Vespa ha introdotto e poi commentato la proiezione di un filmato realizzato per l'occasione da Rai Cultura, salutato alla sua conclusione da un lungo applauso. A seguire l'intervento dello storico
Emilio Gentile e la premiazione degli studenti vincitori del concorso "Matteotti per le scuole". Conclusione affidata all'ex presidente della Camera
Luciano Violante che, come si ricorderà, nel suo discorso di insediamento ebbe un passaggio inclusivo verso la destra e gli ex fascisti, che segnò un’epoca. Un intervento, quello di Violante, che si chiude con un passaggio amaro: «A noi si pone una domanda: questo Parlamento è quello che Matteotti pensava dovesse essere? Vedete, fuori dai casi dell'avvento di dittature, i Parlamenti muoiono per suicidio, non per omicidio».«Non c'è stato un prima a un dopo perché il fascismo è stato strutturalmente violenza e negazione della libertà. Credo che questo sia il messaggio più forte che l'uomo politico Matteotti ci ha lasciato», afferma la segretaria del Pd Elly Schlein.