Centrosinistra. Abolizione delle Tasse universitarie? Polemica tra Grasso e Fedeli
Il leader di Leu Grasso e la ministra dell'Università Fedeli
Fa discutere nel centrosinistra la proposta del leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso di abolire le tasse per l'università. «Sulle tasse universitarie si sono già fatte operazioni importanti due anni fa - è la risposta della ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli - con l'introduzione di una no tax area e abbiamo fatto interventi di calmieramento dei costi dell'Università. Ora dobbiamo spingere e incrementare i fondi per le borse di studio ai meritevoli» che provengono da famiglie non abbienti.
Grasso: Aboliamo le tasse universitarie. La proposta del leader di Liberi e uguali era arrivata all'assemblea nazionale domenica a Roma. Abolire le tasse universitarie, secondo il presidente del' Senato, costa 1,6 miliardi: «È un decimo dei 16 miliardi che ci costa lo spreco di sussidi dannosi all'ambiente, secondo i dati del ministero dell'Ambiente». Per Grasso «avere un'università gratuita, come avviene già in Germania e tanti altri Paesi europei, significa credere davvero sui giovani, non a parole, ma con fatti concreti. Ne beneficerà il Paese: dare a tutti la possibilità di studiare, mettere in moto la genialità e le intelligenze significa allargare il nostro orizzonte e rendere l'Italia più competitiva", sottolinea il leader di Liberi e uguali.
Calenda: Sarebbe un supporto ai ricchi. Critico il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda: la proposta di Grasso «si caratterizza come un supporto fondamentale alla parte più ricca del Paese». Concorda il deputato dem Michele Anzaldi che parla di «gaffe»: «L'abolizione delle tasse a tutti, infatti, sarebbe un favore alle famiglie più ricche, i cui studi sarebbero pagati dalla collettività e quindi anche dalle famiglie più povere. Per anni i colleghi di partito di Grasso hanno contestato l'abolizione della tassa sulla prima casa con la motivazione che sarebbe stata tolta anche ai ricchi, sebbene castelli e ville signorili siano stati esclusi, e ora vorrebbero far pagare l'università dei figli di Berlusconi o del fuoricorso Di Maio a tutti gli italiani? Sembrano un pò confusi». Anche per Gaetano Quagliariello, leader di Idea, «è una proposta sbagliata, demagogica e classista».
Paoan ha accettato di candidarsi col Pd. Il Partito democratico ha chiesto al ministro Pier Carlo Padoan, entrato nella compagine di governo come "tecnico non eletto", la disponibilità a candidarsi alle elezioni del 4 marzo, e il ministro dell'Economia ha accettato. Lo riferiscono fonti del Partito democratico. «Gli è già stata chiesta disponibilità a candidarsi e lui l'ha data», spiegano nel Pd senza fornire ulteriori dettagli. «Spero che continui a dare una mano al suo Paese, per noi il suo aiuto è stato prezioso», ha detto il leader del Pd Matteo Renzi in un'intervista pubblicata oggi dal Quotidiano Nazionale, senza però parlare di un'offerta di candidatura.
Gentiloni: L'Italia è ripartita, gli elettori non scelgano il Rischiatutto. lntanto il premier Paolo Gentiloni traccia un bilancio della sua azione di governo, alla festa per i 221 anni del Tricolore a Reggio Emilia e in serata nell'intervista in Rai a Che tempo che fa. L'Italia, dice, è ripartita grazie a «famiglie, imprese e lavoratori», afferma, e il proseguimento di questa nuova stagione di ripresa economica è nelle mani degli elettori che il 4 marzo dovranno scegliere «fra tre blocchi», sperando che essi «non scelgano il Rischiatutto» ma puntino a confermare il Pd che ha la compagine «di gran lunga più credibile». Quest'anno, aggiunge, è stata definitivamente superata «la più grande crisi del dopoguerra», ed ha dato il «merito principale» non al suo governo bensì a «famiglie, imprese e lavoratori». Sottolineatura che non dipende solo dalla modestia che caratterizza il premier ma dalla necessità di rendere «consapevoli» tutti che «è il momento di lavorare con convinzione perché la congiuntura economica finalmente favorevole possa tradursi in conseguenze positive dal punto di vista sociale». Ma ora «cambiare marcia significherebbe assumersi una responsabilità gravissima». Dunque «non è la stagione delle cicale quella che abbiamo davanti, non può esserci una chiusura impaurita nel piccolo mondo antico delle paure quotidiane: è il tempo di non disperdere i risultati ottenuti».
Non sarò premier dopo le elezioni. Una cosa, sottolinea, deve esser chiara ai cittadini: queste decisioni sono tutte nelle loro mani il 4 marzo, e i retroscena che lo vedono ancora a Palazzo Chigi dopo le urne o a causa del pareggio o per eventuali governi di larghe intese, lasciano il tempo che trovano: «Io ho un impegno che finisce con le elezioni. Se pensiamo che le elezioni sono un adempimento - spiega - e poi continua tutto come prima, non faremo un servizio alla democrazia. Le elezioni sono importantissime, ogni cittadino può dire la sua, e le elezioni determineranno chi governerà, non l' inerzia o una alchimia". E gli elettori «avranno sul tavolo tre blocchi» tra i quali scegliere: M5s, centrodestra e centrosinistra a guida Pd. «Il centrosinistra - dice fiducioso Gentiloni - può essere la coalizione vincente, il Pd può essere il primo partito, sulla base di quello che siamo e quello che abbiamo fatto»: anche perché «il Pd ha la squadra più credibile. Non credo che nessuno degli altri partiti possa avere un'altra squadra di governo minimamente comparabile a quello del Pd. Sarà spocchioso un pò, ma è così». Quindi c'è da sperare «che l'Italia non giochi il Rischiatutto con forze che non sanno governare il paese»
A Roma mi chiamano er moviola. Quanto al ruolo personale Gentiloni si è detto «orgoglioso di aver contribuito a rasserenare il clima», e indirettamente ha confermato di essere l'alter ego di Renzi in casa Dem per pacatezza: «A Roma - dice con autoironia - mi chiamano er moviola». Poi sulla querelle del canone Rai, infatti, Gentiloni più che la sua cancellazione rilanciato una ulteriore riduzione, magari allargando le fasce da esentare. «Un grande Paese europeo - ha poi aggiunto - ha un grande servizio pubblico e noi ce l'abbiamo. Non sarà la Bbc, come diceva Arbore, ma dopo la Bbc la Rai è la tv pubblica più importante del mondo. Mi piacerebbe si sapesse anche in Italia».