Intervista. Meloni: il centrodestra all’estero non fa più paura
Nel centrodestra serve più gioco di squadra. Lo chiede Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia cresce nei consensi e la leader punta a crescere pure nell’accreditamento internazionale. Lunedì, nel corso della National Conservatism Conference, ha incontrato Viktor Orbán. «Porte aperte a lui fra i Conservatori, se lascia il Ppe», dice. Risponde alle domande mentre sta per imbarcarsi per Washington: ci va per rispondere all’invito al National prayer breakfast, dove vedrà Donald Trump. Un riconoscimento (in un autorevole consesso bipartisan) per un partito in crescita, certo, ma ancora molto distanziato dalla Lega. «Con Salvini voglio governare insieme, l’alleanza è salda », assicura Meloni. Sulla legge elettorale, infine, dice bene il Mattarellum riproposto da Salvini, ma chiede agli alleati sostegno alla riforma presidenziale; e sulla Puglia punta dritto su Raffaele Fitto, «l’uomo giusto per vincere».
Ma che prospettive vede nel dialogo con Orbán?
Vedo che il Ppe è spaccato su di lui. In quest’alleanza con socia-listi, liberali e verdi, uno come lui che intende tutelare la so- vranità, i confini, l’identità e i diritti degli ungheresi, si ritrova poco. Vediamo come va a finire questo previsto pronunciamento del Ppe contro l’Ungheria. Come famiglia dei conservatori europei, di cui siamo copresidenti insieme ai polacchi di Kaczynski, guardiamo con molto interesse a Orbán.
Il Ppe, per ora, ha deciso di non decidere.
Se Orban scegliesse di lasciare il Partito popolare, la sua collocazione naturale sarebbe con noi, che da sempre difendiamo il diritto degli Stati ad autodeterminarsi.
Salvini ha disertato la vostra convention. Ultimamente sembrava guardare al Ppe.
Noi e la Lega siamo diversi, ciascuno fa le sue scelte, in Europa. Ma siamo anche saldamente alleati, nonostante il tentativo di descriverci sempre 'l’un contro l’altro armati'.
Un’alleanza-competizione, diciamo così.
Tutti i partiti concorrono fra loro. Ma io con Salvini al governo ci voglio andare, non voglio certo andarci con Di Maio o Zingaretti. Questi incontri non li faccio contro Salvini: il sistema di relazioni internazionali che cerchiamo di intessere come Fdi serve a tutto il centrodestra, e servirà al Paese, nel momento in cui la parola dovesse tornare al popolo e il popolo scegliesse noi per governare.
Però a piazza San Giovanni, sul palco, c’era solo il simbolo della Lega.
L’ho detto a suo tempo. Si è trattato di una mossa sbagliata.
Da non rifare?
Da non rifare, certo. Ma resta il fatto che in piazza ci vogliono insieme. Queste divisioni che piacciono tanto alla stampa non esistono nel nostro popolo. Ogni tanto si discute, ma - ripeto - siamo consapevoli che a governare ci andremo insieme. E stiamo lavorando per questo.
Perché è importante quest’incontro di Washington?
È una manifestazione organizzata dal Congresso americano in modo traversale: i responsabili dell’Intergruppo parlamentare sono un repubblicano e un democratico. Il fatto che invitino me, lo considero importante, per l’Italia e per tutto il centrodestra. Non si tratta di entrare nei salotti buoni. È il segno che abbiamo lavorato bene in questi anni, e siamo ritenuti in grado di assumere responsabilità di governo.
Qual è il contributo di Raffaele Fitto, che viene da una tradizione diversa dalla sua?
Raffaele è stato importantissimo nella costruzione di questa rete di alleanze a livello europeo, facendo lui già parte del gruppo dei Conservatori quando è iniziato questo percorso insieme. E ora lo riteniamo il miglior candidato possibile alla presidenza della Regione Puglia. Una persona capace, con cui si lavora bene assieme. E questo dimostra lo spirito inclusivo che ci muove. Siamo un movimento plurale.
Che cosa insegna al centrodestra l’esito in chiaro-scuro del voto in Emilia- Romagna e Calabria?
Occorre più gioco di squadra. Ciò detto, vendere - come fa la sinistra - il nostro risultato in Emilia- Romagna come una grande sconfitta non sta né in cielo e né in terra.
In realtà è stato Salvini a ostentare sicurezza della vittoria, prevedendo conseguenze sul governo.
Diciamo che se la sinistra avesse perso anche là sarebbe stata la sua sconfitta definitiva. Invece sono riusciti ad evitare il naufragio. Non sono affondati come il Titanic, ma li vedo arenati, incagliati. Ma in Emilia-Romagna noi siamo cresciuti e loro sono arretrati.
In Puglia ora però tocca a voi.
Fitto è una candidatura autorevole. Chiedere al co-presidente dei Conservatori europei di rinunciare all’incarico per candidarsi è un atto di grande amore verso la sua terra. Lui è l’uomo giusto, in grado non solo di vincere, ma anche di governare. Ci sono dei patti, e mi auguro che vengano rispettati. Ma non ho motivo di dubitarne.
Sul voto nazionale, voi chiedete una nuova legge elettorale che aiuti la governabilità. Qual è la soluzione?
Il ritorno al proporzionale sarebbe una dichiarazione di guerra alla stabilità e alla sovranità dei cittadini. La Lega ha proposto il Mattarellum. Noi abbiamo altre proposte, ma siamo disponibili: sarebbe per noi un’ottima soluzione. L’importante è arrivare come centrodestra a una proposta unitaria. Nel frattempo stiamo raccogliendo le 50mila firme necessarie per una proposta di iniziativa popolare per l’elezione diretta del capo dello Stato. Un sistema non cambia con la sola legge elettorale.